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Teatro Quirino. Il crepuscolo di D'Annunzio
Nello spettacolo D’annunzio Segreto in prima nazionale, in scena al Teatro Quirino di Roma dall'11 al 16 ottobre, con la drammaturgia di cui è autore Angelo Crespi, la figura di Gabriele D’Annunzio - interpretata magistralmente da Edoardo Sylos Labini -, il vate e il poeta venerato durante il fascismo, viene mostrata nel momento crepuscolare della vita, subito prima della scomparsa del grande scrittore e poeta.
La scenografia, con una efficacia assai suggestiva, riproduce lo sfarzo del Vittoriale, la casa in cui abitò lo scrittore, circondato dalla sua raccolta di cimeli preziosi, oggetti di valore, tappeti raffinati, stoffe dai colori sgargianti, libri di pregio. D’Annunzio, oramai anziano e prossimo alla morte, alterna momenti di euforia, rievocando l’impresa di Fiume, la trasvolata sulla città di Vienna con un aereo da cui lanciò le poesie per far cessare la guerra, ad altri di profonda tristezza, quando viene assalito dal rimpianto e avverte l’assenza di Eleonora Duse, l’attrice che lui elesse a sua musa ispiratrice.
Negli ambienti del Vittoriale è assistito e circondato dalla amorosa devozione di due donne, la pianista Luisa Baccara, e l'ex attrice francese Amélie Mazoyer. Le due donne, che si contendono l’amore del Vate, spesso hanno degli alterchi violenti e veementi. D’Annunzio nel Vittoriale riceve donne giovani, come Carla, che seduce attraverso il racconto mitologico della storia d’amore tra Apollo e Dafne, la donna misteriosa e inafferrabile per antonomasia. Mentre rilegge con il tumulto nel cuore le carte dell'impresa di Fiume, la segretaria Amelie Mazoyer lo informa che Mussolini desidera che il Vate pronunci un giudizio sull'intesa politica che porterà l’Italia ad essere l’alleato privilegiato della Germania Nazista. D’Annunzio oppone un netto rifiuto, motivandolo con la constatazione che si tratta di una scelta politica che porterà l’Italia alla rovina.
In questa parte dello spettacolo, il poeta pronuncia un monologo bellissimo, in cui osserva che l’Italia è l’erede della cultura greca e latina, che la patria è vittima di una casta di politicanti che non possiedono che un'idea vaga per guidarla verso il progresso e la civiltà, che la Germania è governata da un ex pittore mediocre. Nei momenti di malinconia, la notte, quando viene assalito dalla immagine di Eleonora Duse, oramai scomparsa, il poeta ricorda le incomprensioni che ebbe con l’attrice, quando si trattò di mettere in scena il Dramma La Città Morta, ambientato a Micene, che D’Annunzio aveva concepito e scritto per la sua donna, l’unica che lo abbia amato e compreso. Per D’Annunzio l’attrice è un mezzo per rappresentare la creazione poetica, mentre il testo scritto, quando assume forma letteraria, è destinato all'eternità, nei casi in cui abbia una perfezione stilistica.
I momenti più belli e delicati, nello spettacolo, sono legati al ricordo delle interpretazioni nelle quali Eleonora Duse, con l’animo dominato dalla compassione, gli rievocò la scena della bambina morta durante una alluvione, e accolta pietosamente, oramai priva di vita, nella sua casa situata lungo il fiume. Questi dialoghi tra D’Annunzio, vecchio e stanco, e la sua musa ispiratrice, Eleonora Duse - nel ruolo la bravissima Viola Pomaro -, sono di una bellezza struggente - condividono il commeto musicale dalle note de La morte di Aase dal Peer Gynt di Edvard Grieg che ne esalta la commozione - e mostrano quanta importanza hanno i sentimenti nella vita interiore di un grande genio.
In un momento di esaltazione letteraria e poetica, consapevole di avere composto un grande testo, La Pioggia Nel Pineto, una poesia che ha una perfezione stilistica e una musicalità inarrivabili, D’Annunzio la declama dentro le mura del Vitoriale. Qui la citiamo in parte dall'incipit:
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
In un altro straordinario monologo, prima della conclusione dello spettacolo, il Poeta riconosce che la poesia e la musica hanno la capacità di svelare l’armonia che governa il mondo. Con l’amore sconfinato verso la parola, celebrata nei suoi Romanzi, nei suo Versi d’Amore e di Gloria, nel Nottorno, il diario che scrisse dopo il volo dell’Angelo, il poeta ammette di avere dato espressione alla forma attraverso la quale si coglie il mistero della vita. Uno spettacolo emozionante questo del D'Annunzio più segretamente poetico, in cui rivive la sua figura in tutta la sua fulgida genialità.