Terme di Diocleziano. Henri Moore tra figura e spazio

Articolo di: 
Nica Fiori
Henry Moore

Da quando nel 1948 l’inglese Henry Moore (1898-1986) vince il primo premio per la scultura alla Biennale di Venezia, è un susseguirsi di riconoscimenti internazionali, che lo rendono uno dei più famosi scultori del Novecento, noto soprattutto per quelle figure distese che hanno rivoluzionato l’immagine del corpo umano. Sono figure che sicuramente impressioneranno i visitatori del Museo Nazionale Romano - Terme di Diocleziano che ospita nelle sue Grandi Aule la mostra “Henry Moore”, a cura di Chris Stephens e Davide Colombo.

Un ritratto in gesso policromo, eseguito da Marino Marini, ci mostra l’artista nel 1962. È stato realizzato a Forte dei Marmi, dove Moore trascorreva molto tempo, tanto che considerava l’Italia la sua seconda casa. Pur con caratteristiche differenti, i due scultori riconoscono uno nell’altro profonde affinità. In entrambi è comune la capacità di rielaborare i modelli del passato e di ricondurli a un ordine umano, ma, se per Marini sono una conferma dei valori della tradizione, per Moore sono una scoperta. Scoperta che inizia nel 1925, durante il suo primo viaggio in Italia, quando era attratto soprattutto dalla scultura tribale dell’America Latina, dell’Africa e dell’Oceania.

È dal nostro Rinascimento, e da Michelangelo in particolare, che deriva la sua ispirazione classica e l’idea di far emergere la forma dalla materia senza limitarsi a eseguire un bozzetto da far sviluppare ad altri, ma lavorando manualmente fino al compimento dell’opera. Come altri scultori del Novecento (Giacometti, Martini, Marini, Manzù), egli interpreta la figura umana in maniera moderna, con la volontà di trasformare lo spazio e la materia alla stessa maniera in cui uno scienziato modifica lo spazio-tempo basandosi su punti di osservazione differenti.

La mostra è strutturata in zone tematiche e insieme cronologiche. Il primo settore “L’esplorazione del moderno” mostra il precoce sviluppo di Moore quale erede del primitivismo di artisti come Jacob Epstein e Constantin Brancusi, fino al raggiungimento di una crescente astrazione della figura, come accade nell’opera di Picasso e dei surrealisti. Influenzato dal rapporto con la sessualità e forse anche dalla sua esperienza bellica (aveva combattuto durante la prima guerra mondiale ed era stato intossicato durante l’attacco tedesco nella battaglia di Cambrai del 1917), voleva un’arte che parlasse di vita e procreazione, ma anche di morte.

Questo lato più oscuro della sua personalità viene fuori in un’opera (postbellica e postfreudiana) che raffigura un corpo smembrato, con le ossa tirate fuori e riassemblate (Composizione in quattro pezzi: figura distesa, 1934). Un’altra scultura nera (Tre punte, 1939) ci colpisce per la presenza di tre punte che si avvicinano tantissimo ma non si toccano, in un metaforico punto di contatto gravido di pericoli, che allude all’incombere della guerra. La seconda guerra mondiale interrompe la sua attività di scultore, ma in compenso egli esegue degli acquerelli e disegni (eseguiti tra il 1940-41), esposti nel settore “Guerra e pace”, relativi alle sofferenze della popolazione inglese. Si tratta di opere eseguite su committenza statale, come propaganda contro i bombardamenti nazisti, e raffigurano le classi sociali meno abbienti, che utilizzavano i sotterranei della metropolitana di Londra come rifugio antiaereo (Tube Shelter Drawings).

Proprio durante le ostilità belliche riceve l’incarico di scolpire una Madonna e Bambino per la Chiesa di St. Matthew (in mostra c’è un modello in bronzo del 1943), che sarà la prima di una lunga serie di immagini di amore materno, che riscuotono grande successo e che ammiriamo nel settore “Madre e figlio”. Notiamo, però, che non sempre in questi gruppi di famiglia l’amore è ricambiato. In alcuni casi i protagonisti guardano in direzioni opposte come per respingersi e nella Madre e figlio del 1953 la donna stringe con forza il collo serpentiforme del figlio, che con la bocca spalancata la minaccia.

È nel dopoguerra che egli matura pienamente la sua idea di scultura che, pur mantenendo ancora qualche reminiscenza surrealista, indaga in maniera originale sul rapporto tra figura e spazio, per giungere al motivo ricorrente della “Figura distesa”, che incarna l’archetipo della Madre Terra. Motivo questo - ispirato dalla statua del dio tolteco Chacmool e dalle Tombe Medicee di Michelangelo - che gli permette di esplorare le possibilità formali della figura femminile, resa quasi astratta tra vuoti e pieni in un dinamico confronto col paesaggio. La propensione al frammento, tipica del modernismo, caratterizza molte delle figure distese degli anni ‘50 e ‘60, come nel grande bronzo Oggetto in tre parti (1960).

L’ultimo settore della mostra è “Scultura negli spazi pubblici”, che comprende opere che interagiscono con lo spazio ambientale tendendo alla monumentalità, a partire dalla commissione del 1956 della Figura distesa da collocare di fronte alla facciata dell’Unesco a Parigi (è in mostra un modello in bronzo). Sono state proprio le commissioni pubbliche a renderlo universalmente famoso e d’altra parte, pur cosciente del fatto che l’artista pubblico perda un po’ della sua libertà perché “lo stato che paga l’artista detta legge”, Moore continua a esprimere la sua filosofia personale lavorando all’interno della struttura sociale a lui contemporanea, facendo emergere con possente energia la forma tridimensionale dalla materia con visioni sempre più multiple e differenziate.

Pubblicato in: 
GN43 Anno VII 8 ottobre 2015
Scheda
Titolo completo: 

Henry Moore
Roma, Terme di Diocleziano - Grandi Aule
Viale Enrico De Nicola, 79
www.archeoroma.beniculturali.it

Dal 24 settembre 2015 al 10 gennaio 2016

La mostra è promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area archeologica di Roma in collaborazione con la Tate di Londra
Catalogo Electa
Orario: dalle 9.00 alle 19.30 - chiuso il lunedì la biglietteria chiude alle 18.30
Biglietti:13 euro intero; 6.50 euro ridotto

Informazioni, visite guidate e laboratori didattici tel. +39 06 39967700 - www.coopculture.it