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TFF32. I Premi tra l'atipicità rom e la lucidità della Quatriglio
Sabato 29 novembre è terminata la 32esima edizione del Torino Film Festival. Il movimento che ha animato la città durante i giorni di proiezione è stato un chiaro segno del trend positivo dell’edizione che, dati alla mano, difatti, ne confermano le prime impressioni: le rilevazioni parlano di un’affluenza in crescita, tenendo conto che i posti a disposizione del pubblico sono diminuiti data la mancanza di due sale rispetto al passato. Ecco l’elenco dei premi ufficiali dei film in concorso nella sezione Torino32 – Concorso Internazionale Lungometraggi.
La Giuria composta da Ferzan Ozpetek, Geoff Andrew, Carolina Crescentini, Debra Granik e György Pálfi ha assegnato il premio come Miglior Film a Mange tes morts di Jean-Charles Hue (Francia, 2014): lucido e atipico ritratto della realtà di un campo rom francese e della relazione criminosa che si instaura tra i tre fratelli protagonisti. Tra atti di violenza e inseguimenti il film si traveste a volte da noir, a volte da road movie fino a sfociare in un finale non del tutto prevedibile. Il testo narrativo è scorrevole e i personaggi sono ben caratterizzati. La legge della giungla che premia il più forte, il cacciatore, sarà sufficiente al trio per sopravvivere in un ambiente tanto al limite?
Il premio speciale della giuria – Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e il premio del pubblico sono stati vinti da Gábor Reisz con il suo For Some Inexplicable Reason (Ungheria, 2014), divertente e stralunata commedia sul mondo di oggi, sui suoi paradossi e sull’inevitabile, purtroppo per il protagonista, passaggio all’età adulta. Con evidenti richiami alla comicità alleniana, il film regge abbastanza bene il confronto riuscendo comunque a mantenere una propria identità.
La menzione speciale della giuria va a N-Capace di Eleonora Danco (Italia, 2014) mentre il premio per la Miglior sceneggiatura va a What We Do in the Shadows di Jemaine Clement e Taika Waititi (Nuova Zelanda, 2014), mockumentary che gioca con le abitudini del quotidiano scommettendo su protagonisti piuttosto insoliti: un gruppo di improbabili coinquilini vampiri alle prese con la “normale” routine di tutti i giorni.
Il premio per la Miglior attrice va in ex aequo a Sidse Babett Knudsen, nel ruolo di Cynthia in The Duke of Burgundy di Peter Strickland (UK,2014) e a Hadas Yaron, nel ruolo di Meira in Felix & Meira di Maxime Giroux (Canada, 2014); il Miglior attore è Luzer Twersky, nel ruolo di Shulem in Felix & Meira. Menzione speciale ai personaggi intervistati di N-Capace di Eleonora Danco (Italia, 2014).
Dalla sezione ufficiale a quella di Diritti & Rovesci per parlare di Triangle (Italia, 2014) di Costanza Quatriglio, documentario che si è aggiudicato il premio Cipputi 2014 – Miglior film sul mondo del lavoro, assegnato dalla giuria composta da Francesco Tullio Altan, Antonietta De Lillo e Carlo Freccero.
Il film si sviluppa sul parallelo tra due tragedie separate l’una dall’altra da un secolo di distanza: da una parte si rievoca l’incendio del 1911 divampato all’ottavo piano dell’industria tessile Triangle di New York, dall’altra si racconta la tragedia nostrana di Barletta del 2011 nella quale diverse operaie persero la vita a causa del crollo della palazzina che ne ospitava il laboratorio tessile.
Se i ritmi del processo produttivo sembrano essere gli stessi di un secolo fa e le insufficienti condizioni di sicurezza in molti casi sono rimaste immutate nel tempo allora in che punto si è smarrito il tanto agognato progresso normativo del mondo dei lavoratori?
La regista parla del passato mediante una serie di filmati d’archivio spesso duplicati, verticalizzati ed affiancati, richiamando il gioco simmetrico che poi è il corpo dell’interno film, mentre affronta il presente con gli occhi e le parole delle persone che hanno vissuto in prima persona la tragedia a Barletta: familiari, soccorritori e soprattutto Mariella, unica superstite scampata al crollo.
Pistoni e ingranaggi danzano sulle musiche di Teho Teardo mentre i lavoratori di ieri e di oggi raccontano il loro pericoloso ballo produttivo nel quale sbagliare un passo può significare procurarsi un danno fisico. La mente deve essere sgombra da pensieri e preoccupazioni, fissi su un lavoro in cui essere rapidi nella manualità è un elemento imprescindibile.
I tanti palazzi e le tante automobili riprese aiutano in tal senso ad aumentare la sensazione claustrofobica ed alienante della ripetizione, una normalità per chi lavora nella filiera tessile e più in generale in quella industriale.
Anche se quasi tutto il film è frutto della simmetria tra le due vicende, la parte più interessante emerge dall’asimmetria che si crea sul finire del documentario. Immagini in bianco e nero di donne che protestano e lottano per i propri diritti, che vengono arrestate una, dieci, mille volte e che non si arrendono. Ragazze giovani, frequentemente minorenni, come lo erano le lavoratrici morte nel disastro new yorkese.
La scena attuale pare non reggere il paragone e la modernità che viene mostrata è fatta di giovani che danzano e che cantano, mentre sul muro di fronte sono ancora incollati i manifesti funebri delle donne che hanno perso la vita. È indicativo come persino Mariella abbia interiorizzato a tal punto questa situazione lavorativa al limite dello sfruttamento da non poter nemmeno immaginare una condizione diversa da quella mostrataci.
Senza alcun preconcetto di partenza Costanza Quatriglio dà vita ad un opera lucida ed accurata in grado di affrontare un tema complicato con evidenti risvolti politico-sociali di indiscutibile peso. L’opera diventa specchio della nostra società senza trasformarsi in una banale descrizione degli eventi accaduti. Non avendo la presunzione di offrire facili risposte, la regista si concentra sulle domande e con estrema semplicità fotografa l’invisibile, ciò che non può essere impressionato su pellicola: il vuoto di un sistema allo sbando.