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Thai-Italy Art. Uno scambio socio-artistico-culturale
Il Lucca Center of Contemporary Arts e la Silpakorn University di Bangkok (coadiuvati da Comune e Apt lucchesi) hanno realizzato un encomiabile progetto di scambio socio/artistico/culturale: Thai-Italy Art and cultural Exchange 2011 (curato da Maurizio Vanni e Sasivimol Santiratpakdee, rispettivamente direttore artistico del Lu.C.C.A. e direttore della Silpakorn University), che fonde la cultura e la creatività dei due paesi in una doppia esposizione italiana e tailandese. In Italia il progetto è ospitato da Villa Bottini a Lucca, fino al 15 Maggio 2011.
Il progetto è semplice e bello: invitare 6 artisti tailandesi a realizzare delle opere site-specific (create cioè specificamente per l’ambiente che le esporrà) con un tema preciso, all’interno di una villa storica toscana, fondendo la cultura e l’arte dei due paesi. Poi, un gruppo di 6 artisti italiani farà altrettanto a Bangkok, presso la Art Gallery della Silpakorn University.
L’evento non si limita all’esposizione delle opere, ma contempla workshop e seminari volti in fin dei conti a intrecciare rapporti ancora più stretti tra le culture coinvolte.
I temi su cui sono state sviluppate le opere sono due: per il gruppo tailandese il tema è i 4 elementi: aria, acqua, terra, fuoco; per gli artisti italiani abbiamo invece il tempo. L’esposizione che abbiamo visitato è quella degli artisti tailandesi a Villa Bottini a Lucca.
L’aspetto che subito colpisce è il livello di contestualizzazione e d’integrazione delle opere con l’ambiente espositivo, che è davvero elevato. Ogni opera si fonde con lo spazio delle stanze di Villa Bottini; si può dire che gli artisti siano stati in grado di utilizzare luoghi e materiali italiani con sensibilità propria, fondendo le due culture come acqua con farina per fare del pane. E questo, a prescindere dalle opere in sé, è un gran risultato umano.
L’opera che più manifesta questa integrazione delle due realtà è Earth Language di Apichai Piromrak, che sfrutta carta di quotidiani italiani e creta italiana e tailandese per creare una serie di fogli con l’alfabeto tailandese, che discendendo da un muro tracciano una linea a metà dello spazio espositivo, congiungendo così sfaccettature umane e culturali in un’unica prospettiva creativa. L’alfabeto tailandese si rimanifesta a nuovo con materiali italiani, e con un impasto intimo delle due nazioni: questa è volontà d’integrazione, di dialogo, di scambio.
A completare lo sguardo sull’elemento terra ci pensa Veerawat Sirivesmas con un’opera altamente suggestiva, Chain of Earth: l’artista ha collocato un video (con audio) di esterni dell’edificio su una parete di una stanza; sotto di esso silhouette di figure umane proseguono sul pavimento in un largo intreccio di radici che riempie tutto lo spazio disponibile. Le “radici” o rami di un ipotetico albero della vita sono realizzate in locale terriccio, a mostrare come la terra sia l’elemento radice di ciascuno di noi: madre terra, miniera dei metalli e matrice alchemica, creazione, dissoluzione e rinascita nell’infinito “cerchio del karma” (citando l’artista). Nelle dottrine orientali, specialmente induismo e buddhismo, è contemplato il perenne ritorno sotto nuove spoglie fino al raggiungimento dell’illuminazione, e alla distruzione del nesso stesso fra azione e conseguenza.
Lo spirito trasmigra di rinascita in rinascita, fluendo attraverso differenti condizioni. Esso è come l’acqua; la sua forma esteriore può essere alterata da fattori esterni, sì che perturbandosi non si riesce più a scorgere il fondo attraverso di essa.
Questi concetti filosofici sono espressi da un’altra installazione altamente contestualizzata, Light of Water di Amrit Chusuwan, che ha disposto bicchieri e vaschette di alluminio pieni di acqua in una stanza, assieme alla proiezione di onde marine, mostrando come l’alternarsi della luce solare attraverso le finestre produca riverberi ed effetti riflettendosi sulle superfici dei materiali e dei liquidi.
Il costante fluire dell’elemento acqua è mostrato anche dagli oli su tela di Pairoj Wangbon (Movement of water), dove le perturbazioni delle superfici d’acqua riflettono i moti dell’animo.
E sulle acque aleggiava lo spirito, lo stesso che feconda la terra portando molto frutto: il più ineffabile degli elementi, l’aria, è candidamente rappresentata da Sakarin Krue-On in una stanza le cui vie d’accesso (porta e finestre) sono velate da retine bianche, che ondeggiano lievemente ai moti d’aria.
Who has seen the wind?
Neither I nor you.
But when the leaves hang trembling,
The wind is passing through.
Who has seen the wind?
Neither you nor I.
But when the trees bow down their heads,
The wind is passing by.Christina Rossetti
In mezzo alla stanza, l’artista ha scritto (con della farina di grano tenero) “Who has seen the wind?”, dal titolo di una poesia di Christina Rossetti, che è anche il titolo di quest’opera: l’impalpabile vergato in modo che presto o tardi scomparirà, per mano stessa del vento e dell’aria della stanza, che compongono l’essenza di quest’opera.
E infine, il fuoco. Elemento collegato con la distruzione e la fine dei tempi (come la fiamma in mano a Shiva mentre danza) ma anche, per il suo fiammeggiare verso l’alto, all’ardore spirituale e alla forza dell’intenzione (come nel sermone del fuoco del Buddha, dopo aver ascoltato il quale i presenti raggiunsero immediatamente l’illuminazione).
Il fuoco è rappresentato da Discourse on belief di Sittichai Pratchayaratikun, che è composto da due tipi di produzione: alcune tele quadrate dai colori vivaci, e alcuni rotoli di carta bruciacchiati appesi al soffitto. Il fuoco qui è il fuoco della fede, in questo caso buddhista, e fuoco di cremazione. La vita è vista come un rotolo di carta che incessantemente svolge il proprio divenire, mentre le esperienze imprimono bruciature e cicatrici sul tessuto dell’esistenza.
Come hanno fatto notare gli amici Gioni David Parra e Rudy Pulcinelli (due dei sei artisti che andranno a Bangkok per l’altra parte del progetto), questi artisti tailandesi hanno saputo svolgere il compito loro proposto con estrema capacità e perizia creativa e intellettuale; sono riusciti a creare un perfetto punto d’incontro tra le due realtà e ad abbattere mura culturali ed espressive che per forza di cose sono presenti in iniziative di tal fatta. E tutto questo con l’estrema semplicità tipica delle persone di valore.
Inoltre, nell’ambito del progetto ricadono anche scuole locali ed artisti emergenti, a testimonianza della consapevolezza degli organizzatori che non c’è possibilità di sviluppo di una coscienza artistica senza una coscienza sociale forte e indipendente, che vada al di là di mura che esistono solo nelle nostre menti.
Questo progetto di scambio artistico e culturale è sicuramente qualcosa di valore nel panorama sociale di questi tempi ultimi; ci auspichiamo che iniziative di tal fatta si moltiplichino nel futuro prossimo. Non avremmo che da beneficiarne tutti, direttamente o indirettamente che sia.