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Torino MITO 2010. Prima italiana di Paradiso. Il teatro emotivo di Emio Greco
Per la prima italiana di you PARA | DISO di Emio Greco e Pieter C. Scholten a Torino , l’11 settembre 2010, siamo stati avviluppati dalle tende bianco perla e marmoreamente grigie, in seriche sfumature che dal metallo delle Fonderie Teatrali Limone di Moncalieri, si sono materializzate sui ballerini in folate di fasce bianche di tulle trasparente, quasi ad avvolger con ali queste anime giunte nell’eremo prediletto.
Il terzo viaggio dell’anima, dopo Hell e [purgatorio] POPOPERA, inizia confondendo sulle forme e sui generi: i ballerini, tutti stranieri, non sono differenziati dai vestiti, anzi, uomini che portano abiti oppure cannottiere slabbrate e tutte nude davanti. L’identità sessuale, per gli angeli - anche inconograficamente -, non è chiara, se non per rimandi a movimenti, a volte neppure quelli. La sequenza del monolite di Odissea 2001 di Kubrick ci accoglie come se fosse la chiave di lettura di questa sorta di “teatro emotivo” che costruisce Greco, lastra dopo lastra. Ghiaccio che fonde ed il cui unico sprazzo di calore sul palco è rappresentato da un cerchio di luci che scopriremo essere un creatore del vento che, come la musica, è l’unico stimolo ricercato dai ballerini, angeli senza ali fino alla sequenza terminale.
Il sottofondo musicale a cura degli stessi autori della coreografia e delle luci, Greco e Scholten quindi, vira sul seriale metafisico: solo il rosa pallido ed il viola intervallano il bianco spettrale di questo palcoscenico inondato di luce. Il pallore di uno dei ballerini, il più alto e di anglico incarnato, riluce nela danza finale, mentre Neda Hadji-Mirzaei che esce per prima rivestita da una tuta di paillettes d’argento, lega il movimento delle braccia a quello metaforico delle ali. Solo con lei l'angelo spicca il volo e poi, come in un quadro, atterra con un ultimo battito d’ali, enormi e pesanti, a ricordare l’Albatros di Baudelaire come tanti quadri tinascimentali dove l’angelo inginocchiato - da confrontare con Beato Angelico, l'Angelo annunciante del 1425 - avvisa dell’arrivo della buona novella.
Il Paradiso glaciale di Greco-Scholten rimanda a quello sfuggente “oiseau blue” di Wolff tratto dall’opera di Maeterlinck, come se quel che viene promesso da tutte (o quasi) le religioni del mondo sia invero un piccolo assaggio che possiamo avere anche qui, ora, data la sua estrema fugacità. Un fuoco fatuo che ridimensiona il portato dantesco e iconografico, soprattutto quelle previsioni in cui si confida tremebondi, prima di varcare quella soglia, l’arco illuminato a caldo che s’intravede dietro le tende, arrendendosi alla dolcezza di una musa imprevedibile quanto invisibile.