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Tre manifesti ad Ebbing, Missouri. Ritratto feroce della provincia americana
L'ultimo film del regista Martin McDonagh, ovvero Tre manifesti ad Ebbing, Missouri, conosciuto per In Bruges (2008) e Seven Psychopaths (2012), ha già vinto quattro Golden Globe: Miglior film drammatico; Migliore attrice in un film drammatico a Frances McDormand; Miglior attore non protagonista a Sam Rockwell e Migliore sceneggiatura, che ha curato il regista stesso e che a Venezia ha conquistato il Premio Osella.
E' un film fortissimo questo del regista britannico McDonagh ma di origini irlandesi: Tre manifesti ad Ebbing, Missouri non fa sconti a nessuno, prima di tutto al linguaggio: nudo e crudo come ci si potrebbe aspettare da una sconosciuta piccola cittadina di passaggio del Midwest degli Stati Uniti.
Una grandiosa Frances McDormand interpreta Mildred Hayes, una donna che ha appena perso la figlia adolescente, “stuprata mentre stava morendo”, come recita il primo dei manifesti su una stradina di Ebbing rivolti allo sceriffo Bill Willoughby (Woody Harrelson, bravissimo in questa parte tragica) che, secondo lei, non ha svolto le dovute indagini, visto che non si ha uno straccio di indizio su chi possa essere il colpevole.
Certamente la provincia americana deve essere piena di queste tragedie inascoltate, non è difficile da credere, come pure il razzismo del vicesceriffo Jason Dixon – eccellente recitazione di Sam Rockwell, premio come attore non protagonista, lo ricordiamo -, che ha torturato il primo ragazzino nero che gli è capitato tra le braccia, anzi, come direbbe lui con finto rispetto “di colore, si dice di colore, giusto?”
Insomma, veniamo sprofondati tra la rabbia violenta di Mildred e Dixon, l'uno contraltare dell'altra, scoprendo a poco a poco che le cose non stanno come sembrano; che lo sceriffo Willoughby è molto più umano di quel che si possa pensare leggendo i tre enormi cartelloni affittati da Mildred per costringerlo ad “impegnarsi” per la ricerca del colpevole di un doppio delitto così odioso, e purtroppo senza nessuna chiave per procedere verso il colpevole.
I rapporti umani parossistici mostrati sono effettivamente inquietanti e profondamente americani, quanto il livello di violenza mostrato. Se c'è una rimostranza da fare è che forse il premio alla sceneggiatura non è poi così motivato: sebbene la scelta del linguaggio sia adatta ai personaggi, ci sono delle sfumature e riferimenti grossolani a volte; al contrario, la regia è assolutamente calibrata ed il Golden Globe per il miglior film drammatico va sicuramente a questo umorismo nero che trova qui uno dei suoi prodotti di eccellenza. La protagonista ha dato fondo a tutto il suo talento di attrice: Frances McDormand è in stato di grazia in questa parte.
In ogni caso, da John Hawkes, che fa Charlie, il venditore dei cartelloni, fino a Peter Dinklage, il nano James che si innamora di Mildred e la invita a cena, tutti gli attori sono di prima categoria e perfettamente calati nella parte. Colonna sonora adeguata a cura del noto Carter Burwell.