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Ute Lemper incanta Villa Adriana con le canzoni del secolo breve
A un anno e mezzo di distanza dal concerto a Santa Cecilia, in cui aveva rivisitato i tanghi di Astor Piazzolla, Ute Lemper è ritornata a Roma, o meglio a Tivoli, nello scenario favoloso delle Terme di Villa Adriana. Il 1° luglio 2014 la grande chanteuse tedesca ha interpretato un repertorio a lei particolarmente congeniale, con il titolo di Canzoni del secolo breve (1914-1991), mutuato dall'edizione italiana di un celebre libro del grande storico Eric Hobsbawm (in originale The Age of Extremes).
Accompagnata dal Parco della Musica Contemporanea Ensemble (PMCE), la Lemper ha dimostrato ancora una volta di eccellere quando si cimenta nel repertorio ereditato dai suoi due grandi modelli femminili, ossia Marlene Dietrich ed Edith Piaf.
Nel suo stile canoro, Ute Lemper riesce perfettamente a mettere in scena i suoni e le parole di una grande tradizione che si tramuta nel suo piccolo universo personale; tra i molteplici paradisi perduti, immaginati e rievocati nella storia della canzone moderna, per quest’occasione la Lemper ha prediletto una serie di brani che si focalizzavano su due capitali simbolo dell’Europa contemporanea, ossia Parigi e Berlino, dalla chanson d’autore al cabaret storico berlinese, culminato nelle grandiose parodie di Kurt Weill e Bertolt Brecht.
L’esordio è con la superba “Die Moritat von Mackie Messer”, pezzo-simbolo di Die Dreigroschenoper (L'opera da tre soldi, 1928), di Kurt Weill e Bertolt Brecht (resa famosa nelle versioni inglesi, “Mack the Knife”, di Louis Armstrong ed Ella Fitzgerald, e poi ampiamente reinterpretata da Frank Sinatra, The Doors, Marianne Faithfull, Sting, Nick Cave e Mark Lanegan.
La Lemper continua la sua performance mostrando mirabilmente come sia possibile collegare la sua identità di interprete con la memoria collettiva degli spettatori consapevoli delle tragedie del secolo breve. Il gusto retrò che promana dalla sua stessa figura, vestita sobriamente con un’eleganza assolutamente innata, si riverbera sia sul palco e i musicisti, ben condotti da Tonino Battista, sia sulle aspettative di chi vede in lei quasi una reincarnazione delle grandi interpreti che l’hanno preceduta.
Il PMCE ha assecondato la cantante con grande perizia, benché a un certo punto il clarinettista abbia avuto alcuni problemi con lo spartito di una canzone, che non riusciva a trovare; piccolo inconveniente a cui la Lemper ha ovviato con grande maestria, esibendosi in un’improvvisazione vocale accompagnata dal solo pianoforte.
Sempre dal repertorio degli anni ‘20, ha attinto poi “Surabaya Johnny”, tratta da Happy End, un musical scritto da Kurt Weill, Elisabeth Hauptmann e Bertolt Brecht nel 1929. Storia di amore e criminalità con versi come i seguenti: “Du hast mich betrogen, Johnny, in der ersten Stund/Ich hasse dich so, Johnny/Wie du da stehst und grinst, Johnny” ("Tu mi hai ingannato, Johnny, fin dall’inizio/Io ti odio allora Johnny/Mentre te ne stai lì sorridendo").
Prosegue poi con una versione molto swing di “Come To The Cabaret”, tratta da un musical ispirato a un libro di Christopher Isherwood, e scritto da John Kander e Fred Ebb. La canzone fu resa celebre da Liza Minnelli, per la trasposizione cinematografica del 1972.
Il pubblico si immerge in un rigoroso silenzio quando la Lemper sembra davvero coincidere con il suo immortale paradigma, Marlene Dietrich, offrendo una versione sublime della celeberrima “Lili Marleen”, canzone musicata da Norbert Schultze, e resa famosa dalla Dietrich e da Vera Lynn (celebre cantante inglese omaggiata anche dai Pink Floyd in The Wall), che la cantavano per le truppe alleate durante la Seconda guerra mondiale.
Il programma vira poi verso la Parigi di Edith Piaf, di cui la Lemper reintepreta con accento incisivo “Milord” e “Padam”; attimi particolarmente intensi sono quelli in cui esegue un mirabile pezzo come “Ne me quitte pas”, che Jacques Brel compose nel 1958 per la propria donna.
Un’incursione nel passato più recente è rappresentata da “Imagine” di John Lennon, che l’ex Beatle scrisse nel 1971 come una sorta di inno pacifista e utopico, influenzato dalle campagne contro la guerra in Vietnam (“Imagine no possessions/I wonder if you can/No need for greed or hunger/A brotherhood of man/Imagine all the people/Sharing all the world” – “Immagina un mondo senza proprietà/Mi chiedo se ci riesci/Senza avidità o fame/Una fratellanza tra gli uomini/Immagina tutta le gente/Che condivide il mondo”). La Lemper la esegue con l'accompagnamento dei soli archi, quasi a cappella, rendendola più intensa dell'originale, a tratti troppo pop.
Il concerto si conclude con un solo bis, una versione vellutata de “La vie en rose”, con gli archi che intrecciano la melodia in una perfetta simbiosi con la voce della cantante tedesca, che saluta un pubblico che applaude composto ed entusiasta.