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Vi presento Christopher Robin. Il bambino dietro Winnie Pooh
Certo che la vita di Alan Alexander Milne, meglio conosciuto come A. A. Milne (Kilburn, 18 gennaio 1882 – Hartfield, 31 gennaio 1956[1]), ovvero l'inventore dell'orsacchiotto Winnie Puh (Winnie-the-Pooh) non deve essere stata facile. Al contrario di ciò che ci si aspetterebbe dal creatore di questo teddy bear per bambini del 1926. Con uno sfondo drammatico, la prima guerra mondiale, sempre presente, Simon Curtis racconta la genesi di un libro per ragazzi conosciuto in tutto il mondo e con il copyright più famoso, quello Disney, che stranamente non ha prodotto il film.
Cominciamo dall'inizio: Alan Alexander Milne, meglio conosciuto come Blue all'interno della sua cerchia di amici, è tornato dalla guerra con un evidente disturbo post-traumatico; sposa la bella e mondana Daphne de Sélincourt ed ha un bambino, Christopher Robin, meglio conosciuto come Billy Moon. Nella parte di Milne un Domhnall Gleeson che diventa vieppiù credibile nella sua parte di scontroso ed in fondo pauroso scrittore semi-anaffettivo, che si troverà a recitare l'arduo ruolo del padre solo con un bambino piccolo, quel Billy Moon interpretato da Will Tilston, esattamente uguale a quello della storia di Winnie the Pooh. Il bambino si comporta come tale e lui ad un certo punto, abbandonato prima dalla moglie, e poi dalla tata, la bravissima e protettiva Kelly Macdonald, essendo uno scrittore, proverà a creare un rapporto con lui a cominciare da una storia per ragazzi, prendendo come personaggio centrale il vero orsacchiotto di pezza che ha Billy Moon.
Fin qui tutto bene, sarà invece il successo dell'orsetto ed il corollario di uso e abuso dell'immagine del bambino evidenziato dal film a far naufragare tutto, guidato prima di tutto dalla madre Daphne interpretata da Margot Robbie. Perdendo il bambino si acquisterà il personaggio, una scelta di intenti che farà fruttare denaro a dismisura ma decreterà la fine della fiducia tra padre e figlio appena conquistata.
Non vi diremo altro: il film è drammatico e veritiero, costantemente puntato sui riflessi di senso dell'emotività del bambino come dei due adulti, evidentemente pure loro poco cresciuti. Ben diretto da Curtis, che precedentemente abbiamo visto in Marilyn nel 2011 e Woman in Gold due anni fa, racconta una storia per adulti e ragazzini.