Vittoriano. Caligola e il bosco sacro di Diana

Articolo di: 
Nica Fiori
Statua acefala di Caligola

La statua colossale acefala di Caligola in trono è un recupero eclatante della Guardia di Finanza, che ora possiamo ammirare nel Complesso del Vittoriano, fino al 23 giugno, nella mostra “Sulle tracce di Caligola”, insieme ad altri reperti sottratti alla vendita clandestina dalle Fiamme Gialle, provenienti tutti dai paraggi del lago di Nemi.

Il lago, chiamato un tempo lo Specchio di Diana, per via del santuario della dea che si rifletteva nelle azzurre acque dell’antico cratere dei Colli Albani, doveva essere particolarmente caro a Caligola, imperatore dal 37 al 41 d.C., che qui possedeva una villa per l’otium, da contrapporre alla dimora sul Palatino deputata all’attività imperiale. Le famose navi di Caligola, ritrovate nel lago e sistemate nel Museo delle Navi di Nemi, purtroppo sono andate distrutte in un incendio nel 1944, ma i modelli in scala ridotta e i resti che si sono salvati (perché collocati nel Museo Nazionale Romano) attestano un’eleganza e una ricchezza degni di un imperatore amante del fasto.

Caligola è un sovrano che, descritto dalle fonti antiche come pazzo, provocatorio e crudele, ha subito dopo la morte la damnatio memoriae e non è stato neppure amato dalla storiografia moderna, contrariamente ad altri imperatori dannati come Nerone, che sono stati in parte rivalutati. Per via di questa damnatio, Elena Calandra, Soprintendente per i beni archeologici del Lazio e curatrice della mostra insieme a Giuseppina Ghini, sostiene che, se si trovasse la testa della statua, potrebbe non avere più le fattezze di Caligola, in quanto probabilmente rilavorata per raffigurare un altro imperatore, come si usava fare in questi casi. Eppure il ritrovamento nel 2011 di questa scultura, che presumibilmente è da attribuire al “folle imperatore”, proprio alla vigilia della ricorrenza dei 2000 anni dalla sua nascita (era nato ad Anzio nel 12 d.C.), potrebbe essere una sorta di risarcimento morale nei suoi confronti, o forse semplicemente l’occasione per riparlarne, seguendo le sue tracce.

La statua frammentaria, realizzata nel I secolo in marmo bianco di Afrodisia, era stata irresponsabilmente divisa in sezioni per agevolarne il trasporto e l’occultamento all’interno di un container diretto in Svizzera (paese che è al centro dei traffici illegali di opere d’arte). Dopo il restauro presenta un’altezza di 210 cm, che doveva arrivare a 250 cm con la testa. Oltre al bel corpo maschile, nella posa di Giove, colpisce la nostra attenzione il trono decorato con una Vittoria alata di profilo, una testa di Gorgone e una figura femminile emergente da onde.

In seguito al suo recupero, un’indagine ha permesso di individuare il luogo del saccheggio, un’area boschiva sulle alture di Nemi, che ha restituito una villa di età giulio-claudia ed è proprio da questo contesto che provengono molti dei materiali esposti, rinvenuti nel corso dello scavo scientifico condotto d’urgenza dalla Soprintendenza.

Il pezzo più bello è un cratere marmoreo (probabilmente adibito a urna cineraria) con corsa di amorini su bighe. Si contano tre carri e sono ben visibili le strutture del circo con 14 delfini marmorei, che servivano per contare i giri dei carri, e gli spettatori collocati su una tribuna. La sequenza dei tre amorini, in una gara che allude alle difficoltà della vita, rimanda ad analoghe scene presenti in alcuni sarcofagi, in particolare quelli utilizzati per la deposizione di bambini.
 
Un altro notevole reperto, recuperato dai finanzieri nel 2013, è un torso di Apollo in marmo pario proveniente da Genzano. Rotta in due pezzi all’altezza del bacino, la statua doveva essere di dimensioni pari al vero. Sono pure marmoree le tre lastre provenienti dal teatro del santuario di Diana. Dovevano far parte di un gruppo di dodici, raffiguranti tutte armi a rilievo bassissimo. Un’altra lastra in terracotta con amorini proviene dalla villa nemorense, che doveva affacciarsi sul lago con un ninfeo scenografico.

Sono esposte anche la copia di una mano apotropaica in bronzo proveniente da una nave e due fistulae di piombo, delle quali una reca il nome di Caligola. Quest’ultima, ritrovata nel lago, doveva far parte del condotto che dal ponte d’imbarco doveva giungere alla nave per rifornirla di acqua.

Pur trattandosi di una piccola mostra, che punta al riconoscimento del lavoro svolto dalla Guardia di Finanza nel cercare di contrastare lo smercio illegale del nostro patrimonio archeologico, è apprezzabile il fatto che, oltre a restituirci alcuni straordinari pezzi che erano di fatto perduti, è ben messa in evidenza con immagini suggestive e con pannelli didattici la sacralità di un luogo come Nemi, che suscita con la sua bellezza un’attrazione quasi magnetica. Il fascino del luogo, più che alle emergenze architettoniche del santuario, è legato all’atmosfera incantata dell’antico bosco sacro (in latino nemus, da cui deriva il toponimo del lago), che era deputato in realtà a un feroce rituale.

La dea della caccia imponeva al suo sacerdote-custode (detto rex nemorensis) una ben crudele regola: un altro uomo poteva prendere il suo posto se, dopo essersi impossessato di un ramo sacro, lo uccideva. Si trattava quasi sempre di uno schiavo fuggiasco, che poteva accedere al suo ruolo di “re del bosco” solo dopo questa prova di forza, e rimaneva in carica fino a che non veniva a sua volta ucciso da un altro. Quanto al ramo, secondo James Frazer, autore del libro “Il ramo d’oro”, doveva trattarsi di una fronda di vischio, una pianta parassita considerata sacra quando è unita alla quercia.

Pubblicato in: 
GN28 Anno VI 29 maggio 2014
Scheda
Titolo completo: 

SULLE TRACCE DI CALIGOLA
Storie di grandi recuperi della Guardia di Finanza al lago di Nemi

Roma – Complesso del Vittoriano
Via San Pietro in Carcere (Fori Imperiali)
23 maggio – 22 giugno 2014

Catalogo Gangemi
Ingresso gratuito
Orario: dal lunedì al giovedì 9.30 –19.30; venerdì, sabato e domenica 9.30– 20.30
Ultimo ingresso: 45 minuti prima dell’orario di chiusura
Per informazioni: tel. 06/6780664; www.comunicareorganizzando.it