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The Void. Nomen Omen
Per certi film vale l'assioma Nomen Omen, e mai potrebbe calzare meglio come per The Void, un film che si intitola Il vuoto, a firma di Steven Kostanski e Jeremy Gillespie con Ellen Wong, Kathleen Munroe, Aaron Poole, Kenneth Welsh e Daniel Fathers, in uscita il 30 novembre sul grande schermo.
Il vuoto di trama, nemmeno il benché minimo sospetto di esplicitazione alla carambola di sangue, mostri a metà tra Alien ed un novello Hellraiser della sperduta provincia americana, affossa la pellicola dall'inizio alla fine, a meno che non siate patiti dello splatter puro che solo per caso non arriva a Cannibal Holocaust, ma lo dribbla per disgusto. Probabilmente i due registi, altrimenti noti per gli effetti speciali e la grafica di Pacific Rim (2013), Poltergeist (2015), Robocop (2014), Suicide Squad (2016) ed il recentissimo It (2017), avrebbero dovuto tenersi lontano dalla messa a punto di un progetto filmico che rivela le loro scarse doti nella sceneggiatura e nella storia, che risultano avulse da ogni logica e mordente, a parte l'onnipresente Grand Guignol in festa continua con il Ku Klux Klan versione sabba con triangolo massone al posto dei fantomatici buchi per gli occhi.
La fiacca storia dell'ospedale in stato di semi abbandono nel quale si rifugiano il poliziotto Daniel Carter (Aaron Poole), insieme al redivivo James (Evan Stern), scappato da due psicopatici alla Non aprire quella porta (The Texas Chain Saw Massacre, 1974) di Tobe Hooper, è lo sfondo per virate fotografiche a cura di Samy Inayeh quasi completamente al buio sulle maschere bianche di satanisti che tanto ci ricordano Charles Manson, appena approdato in quell'inferno (così perlomeno lo immaginiamo) che tanto ha seminato in vita, insieme ai pazzi criminali della sua setta.
Certo l'America è piena di psicopatici, che liberamente acquistano armamenti di qualsiasi tipologia costruendo arsenali nelle proprie dimore, capaci di creare orrore nei seminterrati di casa loro come nelle aule di scuole elementari o superiori (tutti ci ricordiamo di Columbine, senza sapere che è la norma la strage di gruppo ogni giorno, magari non di dieci o più persone, così da non fare notizia): è questo quindi il vero orrore che rappresenta il film, nonostante gli autori siano canadesi, terra piuttosto innocente in questo caso?
L'analisi sociologica però non basterà a farmi consigliare un film che non ha sostanza e non ha storia, e consiglierei ai due registi del collettivo Astron 6 di ripensare la loro carriera e riprendere ad occuparsi di effetti speciali.