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Tratto dall'omonimo romanzo di Michael Morpurgo e candidato a sei premi Oscar, War Horse è al contempo tragedia collettiva e analisi intimistica, dramma epico e racconto di formazione, guidato con mano sapiente dal veterano Steven Spielberg, che dona nuova linfa ai grandi temi a lui cari.

La perdita dell'innocenza, la guerra, l'amicizia vengono raccontati con lo sguardo sincero, e all'apparenza ingenuo, di un cineasta che riecheggia consapevolmente il cinema delle grandi epopee americane, in pieno omaggio alla grande tradizione western (John Ford e Howard Hawks su tutti) e epica (Via col vento), senza dimenticare la lezione Kubrickiana (Orizzonti di gloria).

Tra le colline del Devon, di ritorno da un'asta di paese, l'orgoglioso contadino Ted Narracott (Peter Mullan) fa ritorno alla sua fattoria con al seguito Joey, un giovane puledro acquistato per tirare l'aratro. L'energica moglie Rose (Emily Watson), lo rimprovera per non aver scelto una bestia più robusta, mentre il giovane figlio Albert (Jeremy Irvine) rimane incantato dalla bellezza dell'animale, che ben presto diverrà il suo migliore amico.

Di lì a poco però, scoppia la Grande Guerra e Ted, sommerso dai debiti, è costretto a vendere Joey all'esercito britannico. Inizia così un lungo viaggio attraverso vasti campi di battaglia, piccole fattorie e anguste trincee durante il quale il “War Horse” salverà le anime di alcune vittime della guerra, mentre Albert vive nella speranza di poter un giorno ritrovare il suo fedele amico.

Ne esce un film potente, a tratti retorico e solo apparentemente fuori tempo (la Prima Guerra Mondiale?) e fuori luogo (un cavallo in guerra?). In realtà l'essenza del film è tutta qui. Serviva una guerra combattuta ancora con macchine e animali (usati come quest'ultime). E serviva un animale nobile come il cavallo per racchiudere nella sua totale mancanza di cattiveria tutto il senso di umanità e di speranza che la crudeltà della guerra uccide nell'animo dell'uomo. Come dunque in E.T. - L'extraterrestre e in A.I. - Intelligenza Artificiale, Spielberg conferisce a un essere non umano quell'innocenza miracolosa capace ancora di insegnare all'uomo il senso della vita.