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To the Wonder. La sospensione dall'incredulità di Malick
“Amerai, che ti piaccia o no”. L'assioma principale del nuovo film di Terrence Malick, seguito a The Tree o Life (2011) e a The New World (2005): un regista che per anni è svanito dal panorama cinemaografico, finchè non ha ritrovato l'ispirazione. Ed uscirà ancora con due film prossimamente: Kings of Cups (Cavaliere di coppe; simbolicamente: l'annuncio di una buona novella) e V, un titolo provvisorio. Con Ben Affleck come protagonista maschile e Olga Kurylenko nel ruolo della compagna Marina, la pellicola gira intorno ad un sentimento fluido e impervio come l'amore, che: “quando pensi sia finito, sta per trasformarsi in qualcosa di più elevato”.
Il profluvio di immagini curate dal direttore della fotografia Emmanuel Lubezki immergono in un clima che è liquido quanto quella sfuggente sensazione di leggerezza e complessità che ci presenta l'amore: “Allo stupore”, alla meraviglia, è dedicato il film di Malick, che ingenera questo liquido sperperare di energie in un afflusso cosmico. Un'astronomia dell'amore stesa fra le immagini terrene di Mont Saint Michel in Francia – ed il suo sostrato di poetica religiosità - per cui Malick, insieme al compositore Hanan Townshend, sceglie il Preludio dall'Atto I del Parsifal di Richard Wagner. Dall'altra parte abbiamo l'Oklahoma semplice di Neil (un insolito e solitario Ben Affleck), dove invita la dama ucraina (Olga Kurylenko) con la figlia Tatiana per un soggiorno con lui, forse per la vita. Di sottofondo ascoltiamo Fratres di Arvo Pärt quando incontriamo per la prima volta nella sua chiesa Javier Bardem: forse il personaggio meno riuscito nella sua crisi spirituale un po' posticcia, o perlomeno non ben definita. Che poi è ciò che in fondo rimproveriamo a tutto il film che, a differenza del precedente The Tree of life, giunge a lasciare in una sospensione semi assoluta che forse nemmeno i dodici violoncelli della Berliner Philarmonic (su Fratres), con tutto il loro sublime afflato, riescono a consolare.
Il Parsifal di Wagner fu la ragione della querelle tra lui e l'autore dell'Anticristo e del Superuomo, Friedrich Nietzsche, dopo un'amicizia nata intorno alle Alpi della Baviera, mentre Wagner componeva il suo capolavoro assoluto, la tetralogia dell'Anello del Nibelungo. L'azione scenica sacrale del Parsifal (Bühnenweihfestspiel) è sia connessa al dramma del pastore in crisi di coscienza, Padre Quantana, sia a Neil, che non vuole un matrimonio religioso con Marina perchè non ha fede. Wagner in questo caso aiuta a spiegare la verità che cerca di esplicitare Malick attraverso i suoi frames, capillarmente intessuti di note:
«Il compito di salvare la religione spetta all'arte, la quale, impossessandosi dei simboli mitici autenticizzati dalla stessa religione, ne dà una rappresentazione ideale e ne fa trasparire la verità profonda.”
In effetti il microcosmo della coppia e quello del pastore, oltre ad essere legati fra loro, si contrappongono al macrocosmo sociale che però fa sembrare il tempo fermo ed il rapporto sfilacciarsi a poco a poco, come se si tirasse il filo della trama di un tappeto ingarbugliato che non vuole sciogliersi, se non rischiando degli strappi, che tanto commuovono nello struggente Piano Concerto n. 2 di Shostakovich e che risuona nel November di Max Richter.
In questo diacronico flusso di immagini crepuscolari, ondeggianti su una steppa infinita americana, forse il solo commento è ancora dato dalla musica e dai titoli simbolicamente pregni della Barcarole di Ciaikowskij come del principio del risveglio “Awakening” di Andy Quinn: una barchetta che fluttua su un oceano di rinascite emozionali senza distinzione di continuità sul Mare Artico dipinto da Rautavaara.