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Yes Man. Una questione di senso e dissenso
Jim Carrey nella parte di un uomo che dice sempre si in Yes man di Peyton Reed è un’esperienza insolita ma assolutamente esilarante. Tutto quello che promette mantiene, dalla prima all’ultima battuta.
Perché dire sempre si? Suona un po’ come la perifrasi di Yes We Can di Obama, un inno alla giovinezza, alla sportività, all’audacia. Soprattutto se vi viene detto da un attore di lunga data come Terence Stamp nelle parti di un guru del “come trovare un modo per essere felici”. Qui però non stiamo parlando di un film introspettivo, perlomeno non nei termini di Magnolia (1999) di Anderson. Introspettivo quanto basta a spiegare come e perché il nostro fantasioso Jim Carrey abbracci questa insensata nozione di si senza nemmeno pensarci due volte, se non nei primi due o tre minuti davanti al guru a piedi nudi sulla moquette.
Il film poi capitombola in una serie di esperienze una più pazza dell’altra, dall’incontro con Allison (Zooey Deschanel) ed il suo scooter, alla ribalta coi suoi amici di lunga data con cui inneggia al cambiamento a forza di Mojitos e birra. Però ci si chiede, anche prima che lo chiedano a lui, sarà poi vero che conviene dire sempre di sì? Oppure il sottotitolo si è il nuovo no forse è già una strada per aprirci una via al compromesso?
Certo il film è chiaro: pensateci bene, siate veri e spontanei, non dite si solo per paura o altre vostre insicurezze e bha blah blah. Però non ci convince, al contrario invece delle risate, dell’energia trascinante di un film senza pretese, ma ben calibrato, ritmico e ben musicato. Un film che sa di ben fatto nonostante non apra altri orizzonti ma faccia spendere due ore in un’incantevole leggerezza che in fondo ci ricarica e ci fa bene sperare in un futuro che sia un si alla vita, proprio come la risposta di Carrey ci ha insegnato.
Io però consiglio anche di andare a vedere un altro film, disponibile solo su DVD, che si chiama The Yes Men, a proposito di una burla nata per caso da due attivisti no global che avevano montato due siti anti-corporation proprio con il dominio del WTO e di GWBush (.com). Alla fine sono riusciti a montare un film con le loro spettacolari e parodiche incursioni ed hanno vinto nel 1999 il Sundance American Movie e sono distribuiti da United Artists. In queso modo saprete a chi dire si e a chi dire no.