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ABOCAGE reality show. Se il telefono squilla in campagna. Second Ring - Secondo squillo
L’omaggio a John Cage del 3 marzo 2010 alla Sala Sinopoli del Parco della Musica di Roma con il programma Telephones and Birds. John Cage tra Happening e Event si inserisce nel progetto Fluxus Biennal che rintraccia, a cura di Achille Bonito Oliva, le coordinate storiche e i lasciti contemporanei di Fluxus. Quella che segue è la seconda parte o Ring della recensione.
Il concerto (breve e con intervallo, ma impegnativo e quindi di perfetta durata), nella seconda parte (anch’essa di mezz’ora) presenta Telephones & Birds, progettato da Cage per combinare trilli elettro-fonici e versi registrati di volatili: cioè civiltà umana e natura, cioè città e campagna, cioè rumore e suono. Trilli, richiami, segnali acustici, paesaggio sonoro. Quindi dopo l’intervallo, per così dire, il telefono squilla nella casa di campagna oppure, la campagna squilla in città. La macchina orchestrale imbocca un’altra direzione…
Sul palcoscenico, in trio a ventaglio, le cinguettanti tastiere e il nastro registrato. I diversi uccelli offrono lo spazio centrale ad Achille Bonito Oliva (ABO per tutti), alternativo e parodistico direttore d’orchestra dalla mimica dirigenziale, con, a lato, coda di telefono (oggi) senza fili, nella parte di ispirato Maestro Ching, secondo le supposte regole del Libro dei Mutamenti, pronto, a più riprese, a comporre una serie di numeri telefonici, mettendosi in comunicazione in tempo reale con ben pronti amici artisti, fluxiani anziché-no. L’apparente casualità del gioco è bandita per celebrare il mito Cage nella tiepida riesumazione dell’"io l’ho conosciuto" o dell’"io pure", dei vari personaggi intervenuti. Ad esempio il satollo Hermann Nitsch, lungamente non rintracciabile in prima persona (che abiti in un labirinto?), viene evocato per descrivere gli spazi della sua casa, ma non sembra rispondere a tono e il rito del suo “Teatro delle Orge e dei Misteri” sembra velato o si ingolfa di camomilla.
Allora capiamo perché si dice di Cage: un circense, un teatrante. “Questa sera si recita a soggetto” alle prime rappresentazioni sarà stato gravato di ben altre aspettative rispetto alle nostre, il pubblico si sarà chiesto cosa sarebbe davvero successo. Proprio come i personaggi in cerca di autore, i telefoni di Cage (1977) sono più assimilabili a quelli, un tempo, dotati di spinotti. I cavi sono i cavi. Ma, peggio, ci vorrebbe la traduzione. Lo shock della scrittura drammaturgica del pezzo musicale di Cage e i mezzi adottati allora, non sono oggi attuali. Per esser chiari, contattare, in diretta, per telefono, qualcuno in modo concordato, si sovrappone e assimila a tutta la sequela di talk show e reality show e rappresentazioni artificiali. Questi spaccati di verità oggi, se non brillano di aura propria, sanno, ormai, di acqua torbida. Ma forse ben venga. Questo è il nostro vero tappeto sonoro attuale, la routine, le parole inutili, che pure ci si vuol dire e si deve ascoltare. Tale tappeto sonoro, spettacolo e normalità tra virgolette non è comunque sostituibile se è il sottofondo vero, necessariamente impolverato.
E allora la festa, il festino, (..il banchetto, …la panca, …la panca di chiesa), cedono il passo al necrologio. Un necrologio che si vorrebbe brioso, però, tanto diluito in canzone e tutto ad “attacca e stacca”, a ritornelli “ora si suona, e io dirigo i canarini e le quaglie, ora si ascolta, ora piano, ora forte” da fiaccare anche i più entusiasti soliti detrattori dell’avanguardia. Il pubblico, alla fine, è generoso. Applaude la snervante simpatia di ABO, si suppone. Riconosce la cultura battendo le mani nella corretta direzione (del palcoscenico) anziché verso il programma di sala stampato in verdolino da cui fa capolino, ridendo sulla copertina, John Cage che se la ride della gabbia costruita ad hoc.
ABO è lo slogan. ABO è la rivalsa della voce registrata e infinitamente risentita su nastro magnetico. ABO che, come anche il pubblico del concerto sapeva in anticipo, sta per Achille Bonito Oliva, ma il nastro magnetico ce lo ripete e deforma, oltre alle vive parole dello sbarazzino giovinetto, novello Marcovaldo o Trimalchione o Traghettatore cerimoniere che non fa che celebrarsi (e a buon diritto come un Marinetti che celebriamo tutti già da un anno), senza permetterlo troppo, al suo posto, a quanti pur ne sarebbero lieti. Repetita juvant. Tutto si ripete nell’indeterminazione caos/cage, tra un cinguettio e un garrire (?) isolato. ABO invita gli amici a lasciarsi andare al fluxus emotivo, a renderci partecipi dell’ambiente domestico, dei ricordi, delle impressioni dei nominati nomi di lustro, ma non c’è tempo (non c’è mai tempo, il tempo è tiranno…), e la carrellata delle celebrità scorre inesorabile a più rintocchi. Le loro voci sole, gigantesche o distanti, nell’antro buio della Sala Sinopoli (altra conchiglia che grande abbastanza per essi non è), sembrano non vedere e capire cosa gli si chiede. Della commozione non si fa in tempo a liberare. Alla buona e meglio si saluta contenti l’Achille, si saluta John (che non c’è) e i presenti. w fluxus, vivo fluxus!
ABO, come le stelle del firmamento musicale è un interprete (e l’interprete è il protagonista per cui ci si è mossi). Egli eccelle nella parodia e pure nel pubblicizzarsi, d'altronde non si deve ad esso l’ininterrotta attività avanguardistica italiana? Il “senza controllo assoluto” di Cage fa concludere che il più previdente dei compositori si annidi ovunque come un volatile leggero e sbarazzino. Figuriamoci allora se si può essere sottratto a questa occasione. Tutto fa Cage. Cage fa tutto.
Si cita Cage, il compositore rivoluzionario di “4'33' “, il brano di assoluto (così è se vi pare) silenzio in cui risucchiare o assorbire il variabile e imprevisto ambiente sonoro circostante, ma l’americano ha scardinato completamente e su tutti i fronti la struttura musicale ereditata, interagendo con la creatività contemporanea da perfetto radar, specchiando quanto gli giungeva (la danza di Cunningham, la pittura di Rauschenberg, and so on).
Cage è performer di scena, artista della scrittura musicale, della grafica, della poesia, degli statement. Come molti distrattori di vasto campo d’azione, esperto soprattutto di funghi commestibili, come lo stratega Duchamp lo è degli scacchi o l’ozioso Ian Hamilton Finlay del giardinaggio. Con Cage, in una società assai micologica, si può essere esperti di funghi commestibili ignorando quelli velenosi? Con la tossicità si convive. E non si smette di andare a funghi.
Siamo perennemente alla ricerca di nuove fonti sonore.
Cage scrive musica per poter fare un’esperienza d’ascolto e il pubblico ascolta per fare un’esperienza di scrittura.
My favorite music is the music I haven't yet heard. I don't hear the music I write: I write in order to hear the music I haven't yet heard. John Cage