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Carter-Mahler. Un respiro magico e perturbante
Composto nel 2006 ed eseguito nel centenario (in vita) del musicista, il Concerto per Corno e Orchestra di Elliott Carter si nota soprattutto per una brillante orchestrazione dalle infinite e dodecafoniche variazioni. Alessio Allegrini al corno solista interpreta attentamente e con la giusta veemenza la partitura sincopata, ricca degli influssi di Prokofiev e Stravinskij oltre che del coevo Alban Berg.
Il decano dei compositori americani riesce quindi a sfruttare le versatili potenzialità del corno inglese, dando vita ad un brano dove lo strumento solista viene sapientemente accompagnato dal tappeto percussivo. A partire dall’aggressivo per finire nel giocoso, il brano si snoda attraverso tre oasi liriche. Avvertiamo inoltre una forte tensione dialettica tra la scelta del corno al posto del violino, quasi a riprodurre movenze jazzistiche, e gli apporti stilistici della scuola viennese di uno Schönberg o di un Webern. Questo brano, dal successo clamoroso alla prima esecuzione di James Levine, è stato immediatamente seguito da una nuova commissione da parte dello stesso direttore per Interventions, in onore dei cento anni di Carter.
L’ultimo sinfonico del ‘900, Gustav Mahler, termina la composizione della sua Sesta Sinfonia , denominata la Tragica, nel 1905 in pieno fermento freudiano e junghiano, divaricando le stesse sue note alla foresta di simboli che Baudelaire aveva presentato nel 1857. Theodor W. Adorno sul carattere tragico della sinfonia afferma: “È esso stesso espressione del nesso di immanenza in cui culminò la composizione di Mahler […], nel grande finale della Sesta si sente il rumoreggiare della vita, non per essere sorpresa dall'esterno con colpi di martello ma per crollare su sé stessa: l'élan vital si rivela essere malattia mortale”1.
L’entrata trionfalmente e drammaticamente tenebrosa del primo movimento, Allegro energico, ma non troppo, ritrae un epos fortissimo che il rullante tornisce, aprendo la strada ad un afflato lirico che conquista lentamente il respiro. I rintocchi caudati della marcetta rinviano poi alla grande marcia lirica introduttiva in un’alternanza continua di rimandi e passaggi. La variazione della marcetta di un’ipotetica suddivisione del primo movimento in quattro fasi, si inserisce invece in modo insinuante nel tessuto musicale, moderandone l’accensione gloriosa.
La tonalità in La minore si ripresenta anche nel secondo movimento, Scherzo – Wuchtig (Pesante), scandita da un incedere di marcia più disteso e meno tumultuoso. Fiati ed archi compongono a tratti un’atmosfera che trapassa subitamente dall’elegiaco al maestoso, con trilli che dissipano il turgore dei pieni orchestrali. La polifonia strumentale viene qui usata a tutti i livelli, dal possente delle combinazioni spesso paradossali di forte e piano, fino all’apparentemente banale ma in realtà sagace uso delle nacchere.
Il lirismo segreto che soggiace al tessuto sonoro non viene meno, soprattutto per la presenza continua della celesta alternata ad un passo spagnolo del rullante e all’uso particolarmente barocco degli archi. La rarefazione senza soluzione di continuità del terzo movimento, un Andante moderato che privilegia ancora gli archi, fa affluire l’orchestrazione attraverso un’introduzione senza requie che incorniciando richiami fa un uso più pacato delle variazioni, qui meno evidenti. Il lirismo è appena sussurrato ed il tema trionfale moderato. Le due arpe toccano lievi e sospendono quasi il dettato drammatico pronunciato nell’Allegro ma non troppo.
Un respiro magico e perturbante contraddistingue il maestoso e lunghissimo finale Allegro moderato. I tromboni stessi suggeriscono una profondità tenebrosa che le trombe invece disciplinano mentre gli ottavini e i clarinetti inquietano appena. Gli archi apportano ancora il maggior carico di disagio, intervallato da un brano di intersezione che ammorbidisce riprendendo i tratti più connotati dal lirismo. Di nuovo, nella parte conclusiva i temi ed i suoni si accavallano a formare un magma vulcanico di respiro ridondante, quasi il ritorno in un antro dove cataste di libri e di formule acclamano spiriti dell’altrove. In altre parole, si potrebbe affermare con Ernst Bloch che la Sesta Sinfonia di Mahler è: “La musica della Sehnsucht […] Qualcosa irrompe e porta la pienezza di ciò che era nell'oscurità. E l'oscurità stessa diventa luce. Ma l'oscurità nella luce resta oscura, non è tenebra ma silenzio, "silenzio che risuona", che parla da questa musica senza sentimentalismo e con grande sbigottimento”2.
1 Theodor W. Adorno,Immagini dialettiche. Scritti musicali 1955-65, Torino, Einaudi, 2004, pp. 85-86.
2. Ernst Bloch, Tagträume vom aufrechten Gang, cit. in Spirito dell'utopia, Nota critica, Firenze, La Nuova Italia, 1992, p. 401 (neretto mio).