Supporta Gothic Network
Il Flaminio di Pergolesi. Una commedia in musica con l'Accademia Bizantina
Il Pergolesi Festival di Primavera è iniziato il 4 giugno 2010 (replica il 6) al Teatro Valeria Moriconi di Jesi con il nuovo allestimento di Il Flaminio, commedia per musica in tre atti su libretto di Gennarantonio Federico, con l’Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone e la regia di Michal Znaniecki ed ha ottenuto un grande e meritato successo.
Il Flaminio, che debuttò nell'autunno del 1735 al Teatro Nuovo, fu l'ultima opera composta da Giovanni Battista Pergolesi prima di morire prematuramente di tubercolosi ossea a soli ventisei anni. La commedia per musica è un genere che si sviluppò a Napoli all'inizio del '700 e fu rappresentato al Teatro dei Fiorentini e al Teatro Nuovo. Al Teatro Nuovo, seguite da un pubblico interessato ad entrambe, si alternavano le stagioni di commedia per musica a quelle di prosa; nell'anno in cui debuttò Il Flaminio, era presente la compagnia Medebac, con cui collaborò successivamente Goldoni.
In quel periodo storico si verificò un progressivo cambiamento del gusto teatrale; Metastasio abbandonò la farraginosa drammaturgia barocca, eliminò dalla tragedia la presenza delle parti buffe e i personaggi furono scelti fra quelli storici piuttosto che tra quelli fantastici. In Francia Marivaux con La sorpresa dell'amore del 1722 cominciò a sviluppare l'analisi psicologica dei personaggi.
Nella commedia per musica, abbandonando dei, eroi mitologici e personaggi storici e fantastici del dramma barocco, si ambientò l'azione nella contemporaneità con nobili borghesi e popolo (i servi). Questo genere di spettacolo non fu popolare ma complesso, utilizzando cantanti-attori specializzati nei ruoli. La drammaturgia era dominata dall'intrigo, ereditata dal teatro barocco, anche ripetitiva nelle trame e legata a certi temi, come gli amori contrastati, con l'uso del dialetto e anche della danza.
Il libretto di Gennarantonio Federico è teatralmente efficace e divertente con personaggi non stereotipi e fornì al compositore un'ottima base su cui sviluppare la parte musicale. La trama narra di Flaminio che, sotto il falso nome di Giulio, si fa assumere da Polidoro, fidanzato con Giustina, una vedova che prima di sposarsi aveva respinto il protagonista. Questi sotto mentite spoglie, essendo ancora innamorato, vuole tentare la sorte; a complicare la situazione Agata, sorella di Polidoro, che si innamora di Flaminio ma è promessa Ferdinando, che al suo arrivo viene respinto. In questo contesto si inserisce il contrappunto comico e saggiamente disincantato della coppia buffa dei servi, ereditata dal teatro barocco e che ricorda quella degli intermezzi: ovvero Checca e Vastiano, che canta in dialetto come Ferdinando. Dopo un susseguirsi di equivoci e schermaglie amorose, la vicenda si ricompone: si sposeranno Flaminio e Giustina, Agata e Ferdinando, Checca e Vastiano, mentre Polidoro si dichiarerà sollevato per non essere più costretto a mutare il suo modo di essere per la tirannia della sua promessa.
Nella partitura, felicemente ricca di invenzione melodica e musicale, Pergolesi utilizza le diverse strutture esistenti (recitativi e arie, ma anche la canzone di origine popolare), riuscendo a creare una perfetta armonia tra testo e musica e delineando efficacemente personalità e sentimenti dei personaggi. Ad esempio, le due arie del primo atto di Flamino (Scuote e fa guerra, Oh Dio! Sei troppo barbara) utilizzano magistralmente le forme dell'opera seria ma con una sottile ironia, viste le parole roboanti e il contesto in cui vengono espresse; ironia invece assente nel duetto sentimentale (Se spiego i sensi miei) del protagonista con Giustina nel secondo atto. Una parodia del genere serio è invece l'aria di Polidoro (Queste frondi e questi sassi) del terzo atto, mentre legata al genere popolare è l'esilarante canzone apotropaica di Checca (Benedetto, maledetto) nello stesso atto.
Il Flaminio ebbe successo e fu replicato, cosa insolita, fino al 1749, a riprova della sua modernità teatrale e del suo valore musicale, anche in altre città, con le parti dialettali tradotte in toscano. L'organico è ricco e vario, presentando insieme ad archi, oboi e corni anche strumenti popolari (chitarrone rebecchine percussioni e tamburelli), quest'ultimi probabilmente suonati dai cantanti-attori negli episodi liberi cioè improvvisati, come alla fine del secondo atto quando Vastiano annuncia concerti canti e balli per festeggiare il compleanno di Checca. Segnaliamo che alla fine degli atti sono state eseguite le danze su coreografia di Michele Francia alla prima assoluta.
Ottavio Dantone ha ottimamente diretto l’Accademia Bizantina evidenziando con cura le caratteristiche musicali de Il Flaminio; sottolineiamo anche l'eccellente lavoro svolto con il cast dei cantanti, omogeneo e di buon livello e che ha ben interpretato arie e recitativi, restituendoli alla loro originaria e fondamentale funzione di parti recitate. La regia di Michal Znaniecki ha assecondato la freschezza e la ricchezza del testo rendendoci tutta la vivacità e il divertimento di questa commedia per musica. Znaniecki, grazie anche all'ingegnoso impianto scenico di Benito Leonori, è riuscito a superare i problemi creati dall'insolito spazio teatrale, ricavato dalla chiesa sconsacrata di San Floriano a pianta centrale; solo l'orchestra ci è parsa un po' offuscata nel suono, essendo collocata nella nicchia dell'altare maggiore. I bei costumi di Klaudia Konieczny si sono inseriti perfettamente nello spettacolo. Il pubblico coinvolto e divertito ha riso e applaudito entusiasticamente al termine della recita. La revisione critica della partitura è a cura di Francesco Degrada (Edizioni Fondazione Pergolesi Spontini).