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Melanconie byronico-orientali alla IUC. Fazil Say e Patricia Kopatchinskaja
Un programma allettante alla IUC: dalla celebre beethoveniana Sonata a Kreutzer fino ad una composizione originale di Fazil Say, virtuoso pianista turco della serata di martedì 30 marzo 2010 insieme all’altrettanto ardimentosa moldava Patricia Kopatchinskaja al violino: ancora una Sonata per violino e pianoforte op.7 - quella di Say - ma di taglio estremamente contemporaneo sebbene di fattura romantica. La Sonata di Ravel e le Danze popolari rumene di Bartók concludono la serata con ben tre bis.
Tolstoj parlava della musica nel racconto Sonata a Kreutzer (in russo Крейцерова соната) del 1889 asserendo che “la musica è immorale perché ispira le passioni”: ecco, la genesi del nome della Sonata in la maggiore per Violino e pianoforte op. 47 di Ludwig Van Beethoven sembra averne una simile, visto che Beethoven la dedicò ad un violinista che mai la suonò, Rodolphe Kreutzer, perché un altro violinista, Bridgetower, al quale era stata dedicata poco prima, offese una donna cui Beethoven era molto affezionato. Fazil Say al pianoforte e Patricia Kopatchinskaja al violino hanno completamente rielaborato la Sonata in la maggiore op. 47 di Beethoven in modo da renderla ancora più eccessiva di come già è nella sua composizione originale: in pieno spirito Ludwig Van (direbbe una conoscenza creata da Kubrick).
Fazil Say ha scritto una Sonata per violino e pianoforte op.7 del 1997 in cui parlerei di romanticismo byronico: sia per la stessa introduzione che ha come titolo Introduction: Melancholy, riecheggiando la malattia per l’infinito, la Sehnsucht dello Sturm und Drang di matrice tedesca, sia per lo stesso impeto dal quale si viene travolti nella Grotesque e nel Perpetuum mobile. La struttura è semplice, in cinque movimenti e con echi rinascimentali con una reminescenza ipnotica che rimanda alle oscurità del castello di Villa Diodati, quello dove nel 1819 Mary Shelley (1797-1851) vinse la gara con Byron ed il futuro marito Percy Bisshe Shelley, attraverso l’elaborazione del Prometeo moderno, Frankenstein.
Il virtuoso violino di Patricia Kopatchinskaja, con cui condivide un afflato musicalmente armonico da tre anni, è vibrante ed intona canti quasi di animali che si librano nell’aria, sul fondo il piano è grave e dipinge lacerti dissonanti. Echi di Stravinskij e del Bartók che ascolteremo poi, di cui Say è perfetto interprete e calibratore, affine per temperamento armonico. La Grottesca (Grotesque) è quasi poeiana, sembra di discendere in Il pozzo e il pendolo anche nella versione filmica (1961) e omonima di Corman, passi incatenati ad ombre in inusitate gradazioni talvolta jazzistiche. Le virate lugubri e gotiche struggono intervallandosi al piano pizzicato come uno strumento ad arco da Say, che immettono nello straordinario Perpetuum mobile. Note kaleidoscopiche, ipnotiche ed ossessive mentre nel IV movimento senza titolo stendono veli rotondeggianti e ancor più setosamente protettivi nell’Epilogo Melancholy, con degli aculei di note che feriscono e fanno pensare alla fragile nudità delle estremità della violinista, superba interprete di questo come delle appassionate cavalcate barbariche di Bartók o del blueseggiante Ravel, anche lui con un Perpetuum mobile che sfida le concezioni più tradizionali della musica.
Stesso programma della serata in pacchetto cd per l’etichetta Naïve che ha pubblicato inoltre un cd tutto dedicato alle composizioni originali di Say ed altri due dedicati alle sonate di Haydn e Beethoven di cui Say si fa interprete. Di Say è notevole anche Black Earth e la versione per pianoforte a due mani (entrambe sue) di Le Sacre du Printemps di Stravinskij che ha ricevuto tra l’altro il Premio Echo Preis Klassik 2001.