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47° Cantiere Internazionale d’Arte. Memoria e Identità. L’Angoscia generata dalla Memoria
Lo scorso 21 luglio il programma del Festival ha presentato al Teatro Poliziano due nuove composizioni commissionate dal Cantiere: Between mirrors, memories blundering merge (Tra gli specchi, i ricordi si confondono), musica e libretto di Sara Stevanovic e L’ombra di un meriggio lontano, musica e libretto di Virginia Guastella, accolte con grande entusiasmo dal pubblico presente.
Sara Stevanovic ha affermato che il titolo:” si riferisce all’ipotesi che in un giorno non così lontano l’umanità potrebbe perdere completamente la capacità di creare ricordi a lungo termine”. Il testo, in inglese e in italiano, e la musica immergono in un’atmosfera sospesa e straniante in cui la protagonista si perde, l’efficace regia di Barbara Di Lieto ha immaginato una scena cupa e angosciosa con due schermi. Alla richiesta di aiuto della protagonista a un terapista appare su uno schermo un occhio indagatore, inquietante e una voce registrata comincia a fare domande, senza risolvere il problema. Compare poi sull’altro schermo un immagine di un uomo non più giovane, un fragile frammento di memoria dell’immagine paterna. L’immagine cambia ancora e appare un’altra donna, è la protagonista anziana, realizzata invecchiando l’immagine della cantante e registrando la sua voce, indicata come donna 2. E quest’ultima traccia un bilancio della ricerca di sé stessa durata una vita, un’immagine da ricomporre attraverso schegge di immagini della donna nello specchio. Il canto non è solo Sprechgesang ma ha anche parentesi melodiche che ricordano il musical. Laura Zecchini che ha impersonato la protagonista ha reso molto bene lo spaesamento del personaggio ed è stata molto applaudita insieme alla regista Barbara Di Lieto e al direttore Francesco Bossaglia.
La seconda opera andata in scena è stata L’ombra di un meriggio lontano con musica e libretto in italiano, inglese e francese di Virginia Guastella su testi propri e di Amelia Rosselli, Pasolini, Kafka, Dante. L’opera è incentrata sul dramma psichico ed esistenziale di Amelia, poetessa, musicista e etnomusicologa, figlia di Carlo Rosselli, il cui assassinio insieme a quello del fratello Nello e la conseguente ricerca di una figura paterna in uomini più grandi di lei la ossessionò per tutta la vita. Le lingue usate dalla Guastella sono tre forse in quanto durante l’infanzia di Amelia nell’esilio di Parigi erano le lingue usate, l’italiano in famiglia, l’inglese con la bambinaia e il francese a scuola e poi divennero le sue tre lingue usate ma non padroneggiate completamente, Amelia fu anche traduttrice di Emily Dickinson e Sylvia Plath.
Due sono i personaggi dell’opera: Amelia e un Tu, che riassume interlocutori diversi. Le prime parole di Amelia:”Sai cosa vuol dire la parola assassinio?” sono quelle che Amelia e il fratello Andrea ascoltarono dalla madre Marion quando annunciò loro la morte dal padre, sono anche quelle che chiudono l’opera con gli spari. La scelta della Guastella è stata proprio di spiegare che il dramma della vita di Amelia ruota sempre sull’assassinio del padre e quindi sulla mancanza della figura paterna. I versi di Dante nella cui figura Amelia si immedesima e Tu diventa Virgilio, riguardano l’Inferno e in particolare si riferiscono ai demoni, in quanto altri demoni ossessionarono la mente di Amelia che subì invasive cure psichiatriche tra cui l’elettroshock, che viene crudamente rappresentato in una centrale e terribile scena. Diverse furono le diagnosi ma nessuna cura funzionò, poi Amelia pose fine alla sua angosciata esistenza suicidandosi nello stesso giorno, il 16 febbraio, in cui si era suicidata la Plath.
I due interpreti hanno dato spessore emotivo al testo, Tu è stato, Danilo Pastore, controtenore, una scelta, dettata forse, per non connotarlo per i diversi ruoli che assume, e Maria Eleonora Caminada, mezzosoprano che già avevamo apprezzato l’anno scorso come Else nell’opera omonima di Gardella, si è calata nel personaggio rendendo efficacemente il suo tormento interiore. La regia di Eva Marie Melbye ha ben guidato gli interpreti e ha ideato una scena cupa e spoglia con pochi essenziali elementi. La musica esprime con forza l'angoscia esistenziale della protagonista grazie alla bravura e alla sensibile direzione di Francesco Bossaglia. Bossaglia ha messo ben in evidenza le caratteristiche musicali delle due diverse composizioni, che impiegavano lo stesso organico strumentale, ben assecondato in questo dai bravi musicisti di Altrevoci Ensemble. Un entusiastico plauso ha salutato la conclusione di L’ombra di un meriggio lontano.