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American Ballet Theatre II. Da Balanchine a Jodie Gates
Diretti dal coreografo Wes Chapman, l'American Ballet Theatre II è approdata al Teatro Olimpico di Roma dal 24 al 27 marzo 2011, dopo i Momix con Bothanica (8-22 marzo) e prima di Cantica II di Emiliano Pellisari (29 marzo – 10 aprile). Una compagnia americana di giovanissimi ballerini ha presentato un mix di coreografie da quelle create appositamente per l’ABT II fino alle “storiche” di Balanchine e Robbins.
Il balletto si divide in due parti: nella prima Interplay (1948) su musiche jazz di Morton Gould, coreografo Jerome Robbins per l’ABT; Pavlosk (2010) su musiche di Karen Lefrak creato da Roger Van Fleteren per ABT II; Allegro Brillante (1956) con la musica Piotr I. Tchaikovsky e la coreografia creata da George Balanchine.
Interplay si presenta come una specie di confronto tra danza classica e contemporanea attraverso l’incorporazione di passi e riproducendo lo spirito brillante dell’età del jazz: creata da Robbins prima dei suoi capolavori – West Side Story, Fiddler on the Roof e The King and I – sembra un saggio che mette alla prova tutti i ballerini, anche fra di loro, in uno scompaginamento continuo del coordinamento.
Pavlosk è un episodio lirico: un pas de deux con protagonisti Cara Marie Gary e Alberto Velazquez, effettivamente notevoli e raffinati nei movimenti e nelle figurazioni coreografati da Roger van Fleteren. La narrazione romantica del ravvivamento della statua del marito consente alla giovane moglie innamorata di danzare con lui per un’ultima nostalgica volta: ripreso dalla cronaca di un generale assassinato nel 1799, e creato espressamente per la giovane compagnia ABTII, si configura come una coreografia ed una resa, grazie ai ballerini, di squisita fattura.
L’Allegro brillante da Balanchine invece presenta una prova estremamente difficoltosa per i ballerini dell’ABT II, che sicuramente dovranno crescere e sperimentarsi soprattutto con creazioni a loro coeve. Mentre nel pas de deux Stars and Stripes (1958) - nella seconda parte del balletto – su musica John Philip Sousa (orchestrata da Hersher Kay), Alys Shee e Aaron Smith, abbigliati con un allegro costume militare, piroettano smaglianti tutte le danze e le marcette in pieno spirito americano.
Ballo per sei sulle note di Antonio Vivaldi, creata per l’ABT II nel 2010 da Edwaarg Liang, riproduce una sorta di gara di stile fra i ballerini, delicatamente proiettati poi in un passo a due: qui si nota un minor affiatamento tra Marcella Paiva e Alberto Velazquez. La trascinante musica del Canone in re maggiore di Johann Pachelbel intona i passi su Continuo, creata da Antony Tudor nel 1971: un fluttuare su sfondo azzurrato che però mostra una notevole distanza di preparazione tra un ballerino e l’altro.
La chiusura è con A Taste of Sweet Velvet, richiesta dall’ABT II nel 2009, una coreografia di Jodie Gates sul secondo movimento della Nona sinfonia di Ludwig Van Beethoven: costumi cangianti e svolazzanti sulle variazioni del lilla echeggiano il Bejart degli anni ’70 (quello che coreografò brani dai Pink Floyd mi ricorda in particolare). I balli di gruppo qui sono maggiormente articolati ed al passo con l’evoluzione della danza, con un effetto luci effettivamente efficace nel sottolineare i passaggi di figurazioni e tra pas de deux e coreografie di gruppo.