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Amore che vieni, amore che vai. Destini edulcorati
Tratto dal libro di Fabrizio De André e Alessandro Gennari Un destino ridicolo, il film di Daniele Costantini Amore che vieni, amore che vai, è un escursus leggero sulla Genova del 1963, che tinge i viottoli delle donnine di sapori morali, appena desunti dalla poetica di De André.
L’intreccio ruota intorno alle donnine allegre del quartiere centrale, in particolare intorno a due coppie: Carlo con Maritza e Veretta con Salvatore. Carlo è il sempre adolescente Fausto Paravidino che si prende un’infatuazione tremebonda per la biondissima e americanissima d’aspetto, Maritza, in realtà fiorentina di nascita. Il gesto che fa lei ad ogni uomo che le cade ai piedi, un ruotare le dita a mò di saluto, diventa presto proverbiale. Una specie di segnale di avvenuta conquista, come se non potesse essere altrimenti, data la seduttività ferina della donna.
L’attore di teatro Massimo Popolizio interpreta Bernard, contrabbandiere in pensione che offre a Carlo, divenuto pappone delle donnine del quartiere e a Salvatore, ex detenuto proveniente dalla Sardegna, un ultimo grosso colpo. Intanto, Veretta e Salvatore si sono innamorati e lui accetta soprattutto per ritornare in Sardegna e formarsi una famiglia senza pensare al denaro.
Il colpo però rivelerà aspetti dell’uno e dell’altro piuttosto ambigui e lascia un che di amarognolo nel sapore dei personaggi. Le prove attoriali sono poco consistenti per la stessa leggerezza della sceneggiatura e, sebbene Piovani abbia composto la musica, ciò che ci si aspetterebbe sarebbe di ascoltare De André che invece è presente con solo due canzoni.
Il film si presenta quindi come una ingenua passeggiata in un mondo estremamente edulcorato, dove Agostina Belli, nella parte della madre sempliciotta di Carlo, va a controllare che la gestione delle donnine prosegua nel migliore dei modi e che lavorino sodo per il figlio. L’atteggiamento di Carlo poi risulta contrastante: prima si propone come protettore buono delle allegre fanciulle, poco dopo come un acido aguzzino. Rimane una certa incoerenza di fondo con De André, sebbene il film si segua con facilità nel dirimersi dell’intreccio e offra parentesi di vera ilarità a chi attento segua l’intero filo della storia.
Amore che vieni, amore che vai
Quei giorni perduti a rincorrere il vento
a chiederci un bacio e volerne altri cento
un giorno qualunque li ricorderai
amore che fuggi da me tornerai
un giorno qualunque ti ricorderai
Fabrizio De André