Parma. La rutilante Giovanna d’Arco dà nuova vita alla stagione

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Verdi Giovanna d'Arco

Venerdì 24 gennaio il Teatro Regio di Parma, gremito di pubblico, ha lungamente e festosamente applaudito l’esecuzione di quest'opera poco conosciuta, Giovanna d'Arco di Giuseppe Verdi, approvando incondizionatamente ed entusiasticamente la prova dei cantanti, Nino Machaidze, Giovanna, Luciano Ganci, Carlo, Ariubaatar Ganbaatar, Giacomo; del direttore Michele Gamba e della regista Emma Dante.

La scelta di proporre un melodramma a dir poco quasi dimenticato e altrettanto raramente rappresentato si è rivelata una scelta acuta e vincente del Teatro nel continuare la preziosa tradizione di far conoscere e apprezzare l’intera produzione di Giuseppe Verdi. La Giovanna d’Arco appartiene a quel travagliato periodo definito amaramente da Verdi, “anni di galera“ durante i quali fu costretto a comporre in tempi strettissimi, combattendo con impresari e cantanti e non in un buono stato di salute. Nonostante questi ostacoli, le opere di questo periodo presentano grandi elementi di interesse, Giovanna d’Arco. andata in scena il 15 febbraio 1845 alla Scala, si colloca tra I due Foscari di Roma il 3 novembre 1844 e l’Alzira del Teatro San Carlo di Napoli il 12 agosto 1845, dunque fu composta in tempi strettissimi e mentre provava la riproposizione dei I lombardi alla prima Crociata alla Scala.

Tra i melodrammi verdiani è uno fra quelli la cui nascita è meno documentata, sembra che sia nato da un precedente impegno preso dal musicista con Merelli, impresario della Scala, dopo il Nabucco e I Lombardi alla prima Crociata. Merelli affidò il libretto a Temistocle Solera, che già era stato l’autore dei precedenti libretti e di cui Verdi si fidava. Solera scelse il dramma Die Jungfrau von Orléans di Friedrich Schiller, un soggetto che aveva avuto molta fortuna ed era già stato messo in musica più volte da vari musicisti tra cui Pacini e Vaccai.

Solera rivendicava di non aver pedissequamente seguito Schiller, ma la sua conoscenza del testo si basava sulla carente traduzione di Maffei, nota anche a Verdi. Solera ridusse drasticamente il numero dei personaggi a tre: Giovanna, Carlo, il re, e Giacomo, il padre; inoltre, l’intrigo amoroso intorno al comandante inglese Lionel venne spostato al re mentre mantenne la conclusione antistorica di Schiller per cui Giovanna muore sul campo di battaglia. Verdi apprezzava in Solera la capacità di sintesi e le scene grandiose. Questo è il primo melodramma che Verdi compose su testo di Schiller, sicuramente ne apprezzava lo spirito libertario e la lotta contro l’invasore; poi sarà lui a scegliere i testi: I masnadieri, Luisa Miller (Kabala und Liebe) e Don Carlos

Il libretto è articolato in un prologo e tre atti: l'ouverture, la seconda composta dopo quella del Nabucco, che sintetizza i temi e la "tinta" è divisa in tre parti: il temporale, che non è la descrizione di un fenomeno atmosferico ma il preambolo al conflitto tra le voci dilanianti che tormentano la protagonista, esposte nel successivo tema pastorale con oboe, flauto e clarinetto e poi dal secondo guerresco.

La scena si apre con il re Carlo che decide di abdicare dopo le ripetute sconfitte e di andare nella foresta a depositare le armi davanti a una statua miracolosa della Madonna in seguito ad una visione avuta in sogno, nonostante venga sconsigliato perché quel luogo ha fama di essere un luogo maledetto frequentato da spiriti infernali. In quel luogo giunge Giacomo padre di Giovanna che teme il rapporto della figlia con forze infernali. Lì, non visto, vede arrivare la figlia, devota all’immagine della Madonna e tormentata dalle “voci”, che poi si addormenta. Nascosto, assiste all’incontro tra il re, Giovanna che chiede le armi, ottenendole, ma c’è anche il padre che da quell’incontro trova conferma alle sue accuse di stregoneria e diviene implacabile accusatore della figlia.

Il contrastato rapporto padre figlia è uno dei temi cari a Verdi che poi approfondirà nelle opere successive. Nell’atto successivo Giacomo si presenta agli inglesi abbattuti dalla disfatta dicendo che consegnerà loro la guerriera che li ha sconfitti, spiegando le sue ragioni. La scena si sposta poi a Reims in un clima festoso Giovanna perseguitata dalle voci è divisa interiormente tra l’amore verso il re e il desiderio di ritornare alla vita precedente. Sopraggiunge Carlo e le dichiara il suo amore, Giovanna cede e dichiara il suo amore ma le voci angeliche l’ammoniscono che se cederà all’amore sarà maledetta. Confusa e tormentata dalle “voci” si lascia portare al Duomo dove si svolge l’incoronazione dei re di Francia. Nel secondo atto all’uscita dal Duomo il padre accusa  di stregoneria Giovanna che non si difende, cosa che convince il popolo presente che sia veramente una strega. In quello successivo Giovanna è prigioniera degli Inglesi, vede Carlo circondato dai nemici e invoca l’aiuto divino, il padre che l’ascolta si rende conto di essersi sbagliato e la libera. A differenza della storia Giovanna muore combattendo.

La figura storica di Giovanna d’Arco è difficile da inquadrare, una figura controversa come ricordato dallo storico Franco Cardini, i documenti peraltro non chiari del processo riportano che era ossessionata dalle “voci”, non è un caso che fu beatificata nel 1909 da Pio X e canonizzata nel 1920 da Benedetto XV, nel 1922.

Emma Dante non è solo regista, ma anche scrittrice e autrice di testi teatrali in cui affronta con sensibile acume simbolico le relazioni familiari, il rapporto tra la vita e la morte, i cui dilanianti tormenti sono affini alle “voci” che perseguitano Giovanna divisa tra corpo e anima. Secondo la sensibilità dell’epoca sono raffigurati come spiriti ma le diverse rappresentazioni simboliche non cambiano la sostanza. La bravura della Dante è stata di avere palesati tormenti e i sentimenti della protagonista con una narrazione simbolica, teatralmente esplicativa ed efficace nel suo porsi e nei rapporti col padre e il re. L’ovazione ricevuta dal pubblico alla fine è stata più che meritata.

Carmine Maringola ha firmato le suggestive e colorate scene, particolarmente evocativa quella della foresta, la scelta di Vanessa Sannino di vestire Giovanna di rosso, un colore caldo, è stata notevolmente centrata nella sua variegato simbologia, infatti se nella liturgia cattolica di rito romano, il rosso è il colore delle feste dei martiri, è  anche simbolo in positivo del fuoco delle passioni e della vitalità. Questo colore contrasta con i “non colori” bianco e nero dei costumi degli altri personaggi, e la fa spiccare mettendola al centro della vicenda. Le luci appropriate di Luigi Biondi e le coreografie di Manuela Lo Sicco a cui è affidata la rappresentazione delle “voci” si inseriscono efficacemente e hanno contribuito alla riuscita dello spettacolo.

Di grande interesse è stata la direzione di Michele Gamba, che ha debuttato al Teatro Regio, direttore di cui abbiamo apprezzato più volte la sua direzione anche nei concerti, è riuscito nel suo intendimento di affrontare le partitura rifuggendo dai triti luoghi comuni: ”mi affascinava il fatto di poter verificare sempre meglio come il Verdi giovane non sia un musicista rude e grezzo come si è considerato per molto tempo, ma riveli raffinatezze d’impasti e interesse per il colore armonico”. La resa della direzione è stata in armonia con la regia grazie a questo scavo nella partitura che ha evitato le sciatterie e gli effetti bandistici, il suo approccio cameristico ha messo in piena luce la “tinta” di Verdi ponendo attenta cura alle sfumature e alle varietà dei colori, dei ritmi, della dinamica e dell’agogica. La Filarmonica Arturo Toscanini e il Coro del Teatro Regio di Parma ben preparato da Martino Faggiani hanno ben risposto alle indicazioni di Michele Gamba. Il pubblico ha apprezzate lungamente e festosamente applaudito.

Avevamo già apprezzato Nino Machaidze nel ruolo del titolo a Roma e abbiamo notato l’intelligente flessibilità interpretativa nell’adattarsi a una regia completamente diversa. Nei brani intimistici e introspettivi si è calata con intelligenza e sensibilità, rimarchevole nell’interpretazione dei brani pensosi e introspettivi dalla Cavatina iniziale, al desiderio dii tornare alla vita precedente dopo la parentesi bellicosa in “O fatidica foresta” e nella preghiera “Amai ma un solo istante”, che hanno messo in luce la morbidezza della voce. Incisiva e assertiva nei recitativi e declamati nel duetto con il re e in quello con il padre, si è fatta apprezzare per presenza vocale e scenica e per gli acuti luminosi.

Luciano Ganci è stato un Carlo di spessore ha messo la sua voce calda morbida ma anche brillante e sicura negli acuti per rendere il personaggio con elegante intelligenza e con presenza scenica. Un altro interessante arrivo dalla Mongolia, dopo Amartuvshin Enkhbatyn è giunto ArIiubaatar Ganbaatar, che ha esibito un bel timbro baritonale con un buon controllo del suo strumento e sicura presenza scenica. Bene il Delil di Francesco Congiu, già allievo dell’Accademia Verdiana e Krzyszto Baczyk, come Talbot. Nino Machaidze, Luciano Ganci e Ariubaatar Ganbaatar sono stati accolti da rovente ovazione, così anche  Michele Gamba e Emma Dante al termine dello spettacolo.

Pubblicato in: 
GN13 Anno XVII 3 febbraio 2025
Scheda
Titolo completo: 

Teatro Regio di Parma
Stagione 2025
GIOVANNA D’ARCO
Giuseppe Verdi

Dramma lirico in tre atti su libretto di Temistocle Solera dal dramma Die Jungfrau von Orléans di Friedrich Schiller.

Edizione critica a cura di Alberto Rizzuti Casa Ricordi, Milano.
Prima rappresentazione il 15 febbraio 1845 al Teatro alla Scala di Milano.

Cast
Carlo VII     LUCIANO GANCI
Giovanna     NINO MACHAIDZE
Giacomo     ARIUNBAATAR GANBAATAR
Delil      FRANCESCO CONGIU*
Talbot     KRZYSZTOF BACZYK

Direttore MICHELE GAMBA
Regia EMMA DANTE

Scene CARMINE MARINGOLA
Costumi VANESSA SANNINO
Luci LUIGI BIONDI
Coreografie MANUELA LO SICCO

FILARMONICA ARTURO TOSCANINI
CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
Maestro del Coro MARTINO FAGGIANI

Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma
Spettacolo con sopratitoli