Il Nibbio. La missione segreta di Nicola Calipari

Articolo di: 
Teo Orlando
Il Nibbio

La memoria di Nicola Calipari torna a vivere sul grande schermo con Il Nibbio, il film diretto da Alessandro Tonda che ripercorre le ultime settimane del dirigente del SISMI prima della tragica notte del 4 marzo 2005, quando venne ucciso dal fuoco amico statunitense mentre riportava in Italia la giornalista Giuliana Sgrena. La pellicola, interpretata da Claudio Santamaria nel ruolo del protagonista, si propone come un omaggio a una figura simbolo del sacrificio e della diplomazia, cercando di restituire un ritratto intimo e umano di Calipari.

L’Italia di oggi, del resto, sembra voler costituire una rinnovata identità nazionale. E a questo scopo, non manca di attingere alle biografie di coloro che potrebbero essere celebrati come “eroi”, nella tradizionale accezione del termine. Anche dal punto di vista cinematografico, si sta assistendo al fenomeno di film agiografici e celebrativi rispetto a queste figure. Del resto, come aveva preconizzato qualche tempo fa uno dei consiglieri impliciti di questa tendenza, Ernesto Galli Della Loggia, «c’è la crescente consapevolezza di un prezzo particolare che l’Italia ha pagato, di una specifica passività che essa ha dovuto registrare a causa dell’assenza dell’idea di nazione, e dell’espulsione del sentimento di patria dallo spirito pubblico. Oggi, il paese, la sua cultura, la sua opinione pubblica, cominciano a rendersi conto che tale crisi si sta avvicinando a livelli intollerabili, che dunque venirne a capo costituisce il compito più urgente per la nostra collettività» (La morte della patria, Roma-Bari, Laterza, 1998).

Uno degli aspetti che colpiscono del film è l’intenzione del regista di dipingere Calipari come un eroe senza macchia, un uomo di valore e integrità assoluti. Sebbene il suo operato sia indubbiamente degno del massimo rispetto e la sua figura meriti di essere celebrata, il film eccede forse in un tono agiografico che rischia di appiattire la complessità della vicenda. Non viene quasi lasciato spazio a sfumature o contraddizioni: il protagonista è rappresentato come un uomo interamente dedito alla causa, senza esitazioni o conflitti interiori. Una scelta che, se da un lato nobilita la memoria di Calipari, dall’altro rischia di ridurre la sua figura a un’icona adamantina, ma priva di dinamismo drammaturgico. Questa costruzione cinematografica, che sovrappone per così dire il piano di una biografia reale a quello di una biografia ideale dai toni “messianici”, lo avvicina a un’altra figura di un recente film, ossia il colonnello Vincenzo Orsini ne L’abbaglio di Roberto Andò, dove l’eroe, pur trovandosi in un contesto più collettivo, assume un’aura di intransigenza e solitudine morali, senza che vengano esplorate le sue eventuali ambiguità o contraddizioni. Anche in quel caso, l’assenza di sfumature psicologiche finiva per limitare la complessità della narrazione. Certo, ci sono delle differenze nella caratterizzazione dei due personaggi: nel caso di Calipari, il film insiste sulla sua incrollabile integrità e sul valore del suo sacrificio, ma senza particolare introspezione. In L’abbaglio, invece, il colonnello Orsini è una figura quasi messianica, con un’aura di infallibilità che lo rende quasi sovrumano. La differenza sta nel fatto che il primo è dipinto come un eroe del quotidiano, il secondo come una guida illuminata e visionaria.

Nel caso de Il Nibbio, il tono agiografico è meno spinto in questa direzione: Calipari è un eroe positivo, ma il film cerca (pur con i suoi limiti) di mantenere una dimensione umana. Inoltre, Orsini è una figura centrale, ma non agisce in totale solitudine: Garibaldi ha un ruolo altrettanto determinante e i due condividono responsabilità e visione strategica. Tuttavia, il film tende a rappresentarli entrambi in una luce epica, con Orsini che incarna il rigore militare e la lucidità tattica, mentre Garibaldi mantiene la sua aura carismatica. Nel caso de Il Nibbio (nome in codice di Calipari, palesemente mutuato da quello del capo dei bravi che erano alle dipendenze dell’Innominato, nei Promessi sposi di Alessandro Manzoni), la costruzione agiografica è più concentrata su un unico individuo, Calipari, che viene ritratto come l’unico protagonista positivo in una realtà ostile, in cui gli altri attori (USA, terroristi, vertici politici) appaiono o avversi o incapaci: è rappresentato come un uomo solo contro il mondo, dedito unicamente alla sua missione, privo di sfumature.

Inoltre, il film mostra come, nel trattare con i sunniti, Calipari si presenti come un militare piuttosto che come un agente segreto. Sebbene la sua provenienza fosse dalla Polizia di Stato, dove aveva il grado di commissario, e la sua attuale posizione fosse quella di dirigente del SISMI, egli si qualifica come generale di divisione delle Forze armate italiane. Tale qualifica gli compete, considerando che il SISMI è un servizio militare, composto per il 70% da militari dei carabinieri e per il restante da personale di esercito, marina e aeronautica, ma in quel contesto assume un significato particolare, quasi che l’appartenenza alle Forze Armate gli conferisca un maggior prestigio diplomatico in politica estera (mentre l’affiliazione ai servizi riguarderebbe piuttosto gli affari interni o di intelligence).

La sceneggiatura di Sandro Petraglia si muove su un asse narrativo ben definito, ma semplifica la realtà attraverso la costruzione di tre antagonisti principali: gli Stati Uniti, rappresentati come cinici e insensibili, oltre che pasticcioni e incapaci, i terroristi islamici, visti come minaccia incombente ma allo stesso tempo dotati di una certa nobiltà ribelle, e infine i vertici politici e dei servizi segreti italiani, raffigurati come ostacoli burocratici o sabotatori del lavoro di Calipari. Questa tripartizione dei “cattivi” risulta eccessivamente schematica e finisce per appesantire la narrazione, impedendo una comprensione più profonda delle dinamiche geopolitiche di quegli anni.

Un altro aspetto problematico del film è l’indulgenza con cui vengono ritratti i terroristi e la resistenza sunnita. In più di una scena, i combattenti iracheni vengono mostrati come guerriglieri impegnati in una lotta di liberazione contro l’invasione occidentale, una scelta che rischia di fornire una lettura parziale e ideologica del conflitto. Questo atteggiamento si riflette anche nella figura di Calipari, a cui il film attribuisce una vicinanza, forse eccessiva, con alcune posizioni della sinistra italiana di quegli anni, suggerendo simpatie che avrebbero forse dovuto meglio essere verificate nei documenti storici.

Dal punto di vista tecnico, Alessandro Tonda offre una regia solida e misurata, evitando eccessi spettacolari e privilegiando un registro realistico. Le sequenze girate in Marocco restituiscono un’ambientazione credibile, mentre l’uso della camera a mano contribuisce a immergere lo spettatore nel caos del contesto iracheno. Le musiche di Paolo Vivaldi enfatizzano i momenti più tragici della vicenda, senza scadere nel melodrammatico d'occasione. Claudio Santamaria offre un’interpretazione intensa e convincente, riuscendo a trasmettere con sobrietà la determinazione e l’umanità di Calipari. Accanto a lui, Sonia Bergamasco nei panni di Giuliana Sgrena e Anna Ferzetti nel ruolo di Rosa Calipari riescono a dare spessore ai loro personaggi, sebbene il copione non sempre offra loro il giusto spazio per emergere.

Alla fine, Il Nibbio è un film ambizioso che ha il merito di riportare all’attenzione pubblica una vicenda di grande rilevanza storica e umana. Tuttavia, la sua eccessiva semplificazione narrativa e il tono agiografico rischiano di compromettere la profondità del racconto, trasformando una storia complessa in un affresco manicheo. Resta comunque una pellicola ben realizzata e interpretata, capace di emozionare lo spettatore e di stimolare una riflessione sulla memoria e sul sacrificio.

Pubblicato in: 
GN18 Anno XVII 10 marzo 2025
Scheda
Titolo completo: 

Il Nibbio
Regista: Alessandro Tonda
Musiche a cura di Paolo Vivaldi
Interpreti: Claudio Santamaria, Sonia Bergamasco, Anna Ferzetti, Lorenzo Pozzan.
Drammatico, durata 109 minuti

Italia 2025 - Distribuzione: Notorious Pictures

Uscita al cinema 6 marzo 2025