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Appaloosa. Il western dell'uomo dominante
Un quartetto di attori per un western tipico: Ed Harris, regista e primo attore, fa coppia con Viggo Mortensen, Renée Zellweger e Jeremy Irons, in un film che già dal nome è riconoscibile nel suo genere.
Appaloosa, la cittadina americana che accoglie il nuovo sceriffo Virgil Cole (Ed Harris) insieme al suo vice Everett Itch, è quasi uno stigma per quelle pianure rocciose che la circondano e presentano un paesaggio in cui pistoleri ed indiani la fanno da padrone. Qui gli indiani sono finalmente dipinti come piuttosto pacifici e ragionevoli, soprattutto non traditori come piuttosto non si può dire dei bianchi coloni americani.
Dal principio si respira il clima polveroso del West, di quell’occidente mitizzato che ha inventato la libera circolazione delle armi e con essa la possibilità di difendere se stessi e la proprietà privata con il loro uso. Il clima fumoso dei saloon e delle strade non è che un’altra metafora dello strano interludio di comportamenti tra la bella Allison French (francese come può essere l’allusione alla pratica del piano o la seduzione per antonomasia) e Virgil, lo sceriffo integerrimo e naïf della piccola città.
L’altro è Viggo Mortensen, il vicesceriffo e leale amico di Virgil Cole. Affascinante, quanto poco pronto a sfruttare situazioni o ad agire ipocritamente come Randall Bragg (Jeremy Irons), potente ranchero che ha un’intera squadra di uomini al suo servizio per atti criminali o meno. Cole e Itch, la cui correttezza e amicizia non si discute, non entreranno in conflitto ma si comprende subito quale sia il più forte dal lato sentimentale, e quanto possa valere l’esperienza con donne diverse ed una certa alquanto sana coerenza interna.
In un mondo in cui sono gli uomini a potersi permettere di pensare all’amore mentre le donne devono, per sopravvivere, necessariamente occuparsi prima di tutto del loro sostentamento, è chiaro che Allison French parteggi per l’uomo dominante, chiunque sia in quel momento. Non gli darei torto: come si potrebbe decidere altrimenti se in cambio ci fosse la propria vita? Dopotutto si vive Nella società degli uomini (In the Company of Men, di Neil LaBute, Usa, 1997) dove si perpetrano crimini verso tutti senza pensarci poi tanto, soprattutto se le vittime sono donne. Difatti l’unico motivo per salvare la vita ad una donna si rivela (come al solito) un amore esclusivo verso di lei, e no di certo un senso di giustizia, che tutti nel film, tranne i nostri due protagonisti e gli altri rappresentanti della legge, sembrano latitare.
Del fatto che la giustizia nel West sia poi così lontana dal nostro primo Novecento non sono poi sicura, essendo in uso pressoché totale il mantenimento, e quasi una rivoluzione il desiderio di un lavoro e di una professionalizzazione che vede ancora le donne ricevere oggi paghe più basse del 30% ed una percentuale di disoccupazione maggiore del 10% rispetto agli uomini. Forse il Far West dei diritti femminili è un pò lontano dalla realtà, ma le regole sono solo sulla carta ed i magnifici paesaggi di Dean Semler (direttore della fotografia) ci stanno a ricordare le loro cime impervie da scalare.