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La cagnetta di Edoardo Carboni. Laika o del respiro dell'universo
Il giorno 26 febbraio 2015 presso il Teatro Elettra di Roma è andato in scena "La Cagиetta", uno spettacolo teatrale scritto da Edoardo Carboni, ispirato alla celebre storia di Laika, il primo animale che i sovietici spedirono nello spazio, il 3 novembre 1957, a bordo della capsula spaziale Sputnik 2 (anche se il suo vero nome era Kudrjavka, "ricciolina").
Il regista è Michele Galasso, mentre come attori sono saliti sul palco Simone Caporossi, Alice Di Carlo e Danilo Turnaturi. Le musiche sono state affidate alla sapiente mano della compositrice Elisa Corpolongo.
Carboni si ispira da un lato al romanzo breve omonimo di Vasilij Grossman, e dall’altro usa un repertorio narrativo che attinge dai romanzi americani e italiani degli ultimi 50 anni, mentre la scrittura teatrale si riallaccia a varie suggestioni, da Bertolt Brecht a Jon Fosse. La storia di Laika viene raccontata dalle origini fino alle soglie della vicenda che la rese famosa.
Vediamo quindi una Laika randagia nei vicoli di Mosca e una cagnetta sottomessa al volere umano nei laboratori di Aleksiej Gazenko, lo scienziato arrogante e spregiudicato che su incarico del Cremlino addestrò la piccola quadrupede per il volo spaziale, fino quasi a invaghirsi di essa (di lei?), non vista più come una cavia, ma come una creatura paraumana dotata di sentimenti, al punto tale che lo scienziato vive una sorta di relazione erotico-virtuale. E i sentimenti umani di Laika lo colpiranno come una una sorta di meteora, scuotendolo dall'interno in modo devastante.
Nelle note di regia, Galasso osserva come “in due mondi stretti nelle precise regole del potere e del risultato, il regime e la strada, come un dono, si aggirano senza saperlo due diamanti allo stato grezzo, nascosti sotto un cumulo di inutili affanni, tra macerie di disillusioni, sconfitte, rancori e rivalse”: in realtà i personaggi sono tre, Laika, la cagnetta, intensamente interpretata da Alice Di Carlo, Aleksiej Georgievič Gazenko, capo dell’Istituto di esobiologia, che Simone Caporossi riesce a rendere con ironia e distacco, e Vasilij Sergeevič Krylov, giovane assistente di Aleksiej, che è un po’ il trait d’union tra gli altri due, impersonato da Danilo Turnaturi.
La paradossale e quasi eroica (nel senso di Giordano Bruno, oserei dire, dove eros ed eroismo si coniugano in una fusione quasi impossibile) storia d’amore si sublima fino a diventare storia del bene universale, in cui la dimensione animale della cagnetta viene trascesa fino a diventare storia dell’umanità, ricordando in questo senso gli animali così frequenti nei racconti di Franz Kafka (si pensi, per restare in tema, a Indagini di un cane - Forschungen eines Hundes, 1922).
Del resto, lo scrittore russo a cui Carboni si ispira, Vasilij Grossman, arriva, con un tono apparentemente blasfemo, a paragonare il comportamento della cagnetta Pestruska a quello del Cristo, «che rispondeva al male con il bene». Proprio come San Francesco, che tanto amava gli animali, nel canto XI del Paradiso di Dante, dove viene delineato come figura Christi, rappresentazione luminosa e allegorica del Salvatore sulla Terra.
Peraltro, la cagnetta è una piccola randagia che unisce un aspetto deforme (zampe storte) con un’intelligenza fuori del comune. Quando la sorprendono nel sonno, catturandola e trasportandola in un misterioso Istituto, dove la sottopongono ad esami e prove di ogni genere che somigliano a delle torture, il suo destino è segnato e sarà ben superiore a quello della Laika "storica", perché la navicella spaziale, in questo caso, lascerà l'orbita circolare.
E allorché gli apparecchi registreranno il suo straziante ululato dopo essere stata proiettata da sola nel cosmo e dopo che la capsula sarà ritornata a terra, Aleksej non avrà la forza di guardare gli occhi indifesi dell’animale, che "avevano accolto in sé l'universo".
Nel testo di Carboni è il suo assistente, Vasilij, a parlare per lui: “Fu allora che io la vidi: la più piccola e sola delle creature che decise di affrontare da sola l’immensità dell’universo, spinta dalla lealtà verso la sua terra e il partito! Quante ne hanno dette su di lei! Ma io so come andò realmente. Si fece rinchiudere in una capsula primitiva, protetta soltanto da una tuta di gomma solo per fedeltà e amore di chi l'amava. Era un randagio e tale restò, perché solo al cuore di un randagio le vie del Cosmo sono aperte”.