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Cometa Off. American Buffalo. Mamet e la poetica dei losers
La poetica di David Mamet, tanto al cinema che in teatro, ha il dono di riconfigurare temi, situazioni e personaggi tipici di determinati generi, facendone emergere il lato più spigoloso, magari amaro, ma sempre profondamente umano. Il ritratto dell’America contemporanea che ne consegue è veritiero e sanguigno. Tra il 22 gennaio e il 3 febbraio 2013 quest’America pulsante di contraddizioni e vita vera ha fatto capolino a Testaccio: merito di American Buffalo, la pièce di Mamet messa in scena con successo al Teatro Cometa Off, per la regia di Mario Sgueglia e Gianluca Soli. Costoro sono anche, insieme ad Alessandro Procoli, i protagonisti dello spettacolo.
Sedie rovesciate. Carte da gioco buttate lì su un panno verde. Racchette da tennis in legno che affiorano da una cesta stracolma di roba. Oggettistica vintage depositata a tappeto lungo tutto il locale, fino a riempire tavolini, mensole e qualsiasi altro spazio a disposizione. Cose vecchie, usate, senza un gran valore, accanto a cose che un valore potrebbero anche avercelo, almeno per i collezionisti. La scena che al Cometa Off accoglie lo spettatore è un caos creativo di oggetti e mobilio da cui si respira subito, grazie all’impegno riversato nell’allestirla, la peculiare atmosfera del negozietto di Don, un’atmosfera che sa di giornate pigre e di notti brave trascorse al tavolo da gioco. L’occhio si perde volentieri, nel perlustrare i vari angoli del curatissimo impianto scenografico. Ed è così che, all’ingresso dei diversi personaggi, ci si sente già parte del contesto.
Don, interpretato da Alessandro Procoli, gestisce quel negozio di rigattiere, che è anche l’epicentro di piccoli traffici poco puliti. Nel corso di una giornata che pare dilatarsi all’infinito riceve più volte la visita di Bob e Walter, detto “Teach”, impersonati rispettivamente da Gianluca Soli e Mario Sgueglia. Il primo è un giovane tossico, dall’aria mite, che alterna sprazzi di lucidità ad assenze, ritardi e momenti in cui si rivela tutta la sua fragilità caratteriale. L’altro, Teach, ha modi da sociopatico ed è solito puntare, con la sua logorrea, chiunque possa regalare qualche opportunità a un balordo come lui, perennemente a corto di grana. Strada facendo si scopre che Don ha adocchiato un tipo, probabilmente un collezionista, rispetto al quale ha già ideato un piano dai contorni improbabili, con cui mettere a segno quel colpo che fa gola, in diversa misura, a tutti i componenti dello sgangherato terzetto. Il MacGuffin che alimenta le loro speranze è proprio l’American Buffalo del titolo, ovvero la moneta con raffigurato un bufalo che si presume essere particolarmente rara e preziosa. Ma non tutto, ovviamente, andrà come sperato…
La “poetica dei losers” cara a Mamet è qui incarnata da tre personaggi, più altri solamente nominati nel corso dello spettacolo, che compongono un bel ritratto collettivo improntato a humour dolente e acutezza d’osservazione. I tre attori protagonisti sono davvero bravi a creare un’escalation drammatica ricca di sfumature, tenendo peraltro la scena con grande sicurezza per la durata non certo agevole della rappresentazione. E il pubblico finisce per affezionarsi presto alle modeste peripezie di tali personaggi. Con una punta di preferenza, sotto il profilo attoriale, per Mario Sgueglia alias Teach, bravissimo a esprimere con piglio energico ma senza mai eccedere le piccole psicosi e i modi ruvidi, nervosi, di un soggetto dichiaratamente borderline.