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Editoriale. Orwell e la Negazione della Parola
Piano B, una casa editrice molto indipendente e scevra da compromessi, ha pubblicato una raccolta di saggi di George Orwell (nato Erich Arthur Blair, 1903-1950) in traduzione, con un approfondito e lungo saggio introduttivo a cura di Diana Thermes, professoressa di Storia delle Dottrine Politiche Europee all'Università di Roma Tre. Il titolo del libro, che raccoglie i saggi, si intitola Il potere e la parola, e comprende dagli scritti sulla propaganda fino a quelli sulla coniazione del Newspeak, il nuovo linguaggio del totalitario mondo di 1984 (edito nel 1949).
Che cos'è il Potere e perchè tende a sottomettere la Parola?
Potere significa, dalla Treccani: “Capacità, possibilità oggettiva di agire, di fare qualcosa: noi ... scorgiamo ... il colmo della nostra esistenza nelle tre sole facoltà del potere, del conoscere, del volere (Terenzio Mamiani).” Il potere è quindi alla base della libertà, seguendo il significato profondo del suo etimo, ed esso cerca di sottomettere. Una delle pratiche cui spingono i regimi totalitari per combattere e sopprimere la libertà è la censura, ed ancor più fortemente l'“autocensura”, ancora più subdola e potente. Orwell, nel saggio The Freedom of the Press (La libertà di stampa, 1945), originariamente nato come premessa ad Animal Farm (La fattoria degli animali, 1945; p. 79), sentenzia: “Se libertà significa qualcosa, significa il diritto di dire alle persone ciò che non vogliono sentirsi dire” (p. 13). Citando Milton, mi riferisco a tutte quelle persone, non individui, che si nascondono tra la folla per crogiolarsi di illusioni, come specifica il poeta del Paradiso Perduto nel suo sonetto 12 “I did but prompt the age to quit their clogs” (È giunto il momento di andarsene, 1673), in merito all'ipocrisia di chi predica una falsa libertà:
But this is got by casting pearl to hogs,
That bawl for freedom in their senseless mood,
And still revolt when truth would set them free.
Licence they mean when they cry liberty.
(Questo però è fatto regalando perle ai porci, che gridano per la libertà in un modo privo di senso, e si rivoltano ancora quando la verità li renderebbe liberi, il permesso loro intendono quando gridano libertà. Trad. mia)
La parola quindi, per Orwell, deve essere prima di tutto messaggio di libertà e di verità: come ben introduce Diana Thermes, è “la filosofia, non la politica che mira alla verità” (p. 6), e riprendendo il massimo scritto di Milton in difesa della libertà di stampa, l'Areopagitica (1644), Thermes cita il poeta: “è quasi uguale uccidere un uomo che uccidere un buon libro perchè contengono in sé una potenza di vita” (p. 11).
Orwell parte dalla guerra civile spagnola, alla quale ha partecipato in prima persona nelle file del POUM, il Partido Obrero de Unificación Marxista (Partito Operaio di Unificazione Marxista), dal 26 dicembre 1936 a Barcellona, fino al 23 giugno 1937, quando il POUM fu dichiarato fuorilegge e tacciato di trotskismo dalla propaganda comunista (Spilling the Spanish Beans, Svelare il segreto spagnolo, 1937, p. 207 e sgg.). Orwell, in questo saggio, ma anche altrove come nel famoso Homage to Catalonia (Omaggio alla Catalogna, 1938 ed. orig., it. 1948), spiega come una delle massime frodi sia stato il racconto della guerra civile spagnola. La guerra che si presentava all'inizio come una guerra dei lavoratori, del popolo, per ottenere maggiori diritti e benessere, fu manipolata a tal punto che i borghesi si allearono a Franco; inoltre, i russi in realtà non mandarono che poche armi e uomini, al punto che favorirono la contro-rivoluzione, come qualsiasi altro regime totalitario. Ascoltiamo le parole di Orwell: “In Spagna non ci fu mai un esercito russo (….) poche centinaia al massimo, ma un esercito mai” (p. 229).
L'unico vero partito rivoluzionario era infatti il POUM, che “fu denunciato come trotskista, poi è stato soppresso (…) e ogni suo membro è stato messo in prigione” (Orwell, p. 216): lo scrittore è stato avvertito dalla moglie ed è scappato. Questo fu possibile, come spiega Orwell in Looking Back on the Spanish War (Visioni di un futuro totalitario, 1942, p. 227), per il seguente motivo: “La borghesia spagnola scoprì l'occasione di schiacciare il movimento dei lavoratori e non se lo lasciò sfuggire, aiutata dai nazisti e dalle forze reazionarie di tutto il mondo”. E continua: “la storia fu scritta non sulla base di quello che era accaduto, ma di ciò che sarebbe dovuto accadere, secondo la propaganda dei vari partiti.” p.228). Andiamo alla pagina seguente e spieghiamo come si può riscrivere la storia: “Si dovrà pur scrivere una storia che, dopo la morte di quelli che ricordano personalmente la guerra, verà universalmente accettata. Così, ai fini pratici, la menzogna diventa verità” (p.231).
Alla base di tutto questo però c'è sempre la parola, il linguaggio: dire una parola ha una potenza inverosimile e la verità ha la potenza massima. Per questo, la prima opera di un regime totalitario è la “negazione” della verità: bisogna capovolgere la prima struttura, le basi della realtà per modificarla. Ecco perchè nel suo massimo romanzo sul totalitarismo, 1984, Orwell ha dedicato l'ultimo capitolo al nuovo linguaggio, il Newspeak (The Principles of Newspeak, appendice al romanzo, tradotto nel libro in “I principi della neolingua”, p.177 e sgg.). Creare un nuovo linguaggio prima di tutto significa “asservimento” delle parole agli scopi della schiavizzazione dell'individuo, massimo nemico di qualsiasi totalitarismo; il cambiamento del senso delle parole; la cancellazione delle parole “ostili” all'asservimento, prima di tutto la parola “libero” e succedanei; la riformulazione dei concetti base delle uniche parole permesse in modo che non abbiano né un significato filosofico, né politico od economico, un'epurazione totale del frangente spirituale ed umano per un solo senso, quello materico. Facciamo un esempio: “La parola pensiero non esisteva in neolingua. La sostituiva pensare, che fungeva sia da verbo che da nome.” (p. 180). Alla base stessa del cosiddetto “bipensiero” (Doublethink in orig.), anche alla base della neolingua c'è l'incoerenza: la nullificazione dello strato “spesso” delle parole, in modo che possano anche annullarsi a vicenda, in modo che sia la “menzogna” stessa, o l'incongruenza, a regnare sovrane.
Le stesse opere letterarie feconde di psicocrimini, ovvero di essere foriere di un pensiero indipendente, sarebbero state ritradotte in Newspeak per poi cancellare gli originali: in particolare le opere dei grandi maestri della letteratura, più pericolosi di tutti, come “Shakespeare, Milton, Swift, Byron, Dickens (…) e l'adozione integrale della neolingua sarebbe stata fissata per il 2050” (p. 194).
I regimi totalitari non solo detestano la libertà, ma anche l'istruzione, perchè devono costruire un pensiero unico, cosa impossibile per una persona che pensa: alla base della speculazione vi è il dissenso oltreché il dubbio, ed entrambi scatenano la ricerca. Questo spiega anche perché, il 30 ottobre 1938, mentre Orson Welles legge The War of the Worlds (La guerra dei mondi, romanzo di fantascienza del 1898 di H.G. Wells) alla radio della CBS, tutti credono ad un vero sbarco alieno sulla terra e scendono in strada nel panico, credendo di essere attaccati dai marziani. Nell'articolo di commento di Orwell, titolato Orson Welles e l'invasione di Marte (orig. la recensione del libro The Invasion from Mars. A Study in the Psychology of Panic. With the Complete Script of the Famous Orson Welles Broadcast di Hadley Cantril, 1949; p. 89), lo scrittore spiega come “oltre un milione di americani sia stato in varia misura colto dal panico” (Ibid) e che “pochissimi ascoltatori provarono a verificare in qualche modo la notizia (…) più di un terzo (…) avesse accettato acriticamente la notizia” (p.91), supportato anche dalla formula del notiziario (che era quella in uso nel romanzo letto da Welles). Il sondaggio che fecero poi sul tipo di persone che era caduto nella trappola non voluta di Welles diede come esito soprattutto, come riassume Orwell: “i più poveri, i meno istruiti e, soprattutto, le persone economicamente insicure o con una vita privata insoddisfacente” (p. 92).
Diego Fusaro, in un lungo approfondimento di Nexus New Times (il n. 145, ottobre-novembre 2020; pp. 42-49; ed. Nexus) riassume così questa genìa preda della propaganda: “Una società in cui molti sono schiavi e tutti sono alienati”.
Chioso prima con le parole dell'autore di 1984, quelle che scrisse come monito per le società del futuro: “Qualcosa di simile a 1984 potrebbe accadere (…) Non permettete che questo accada. Dipende da voi.” (15 giugno 1945; p. 62).
Un ultimo grido per la libertà proviene da Lord George Gordon Byron dal Sonetto a Chillon (Sonett on Chillon, 1816):
Eternal Spirit of the chainless Mind!
Brightest in dungeons, Liberty! thou art,
For there thy habitation is the heart
(Eterno spirito dalla mente indomabile! Più brilli nei pericoli, Libertà! Sei tu, perchè lì si trova il cuore. Trad. mia.)