Eppure battono alla porta. Macchie di luce rossastra

Articolo di: 
Livia Bidoli
Eppure battono alla porta

Con un mix di racconti di Dino Buzzati – a 70 anni dalla sua prima pubblicazione – la compagnia Pegaso mette in scena Eppure battono alla porta al Teatro Agorà 80 di Roma. La regia è di Gennaro Paraggio coadiuvato da Mario Fazio mentre la drammaturgia è di Andrea Stopponi. Entriamo in questo parterre antiquario che sembra appartenere al dopoguerra italico dove una coppia matura e amareggiata parla davanti ad un focolare.

Maria Gron (Giuliana Meli) e suo marito Stefano (Francesco Nannarelli) discutono di una strana esperienza di lui: sembra aver parlato con uno spirito qualche giorno prima. Lei nega lapidariamente, lui concilia. Presto arrivano gli ospiti, tutti bagnati da un temporale che non accenna minimamente a mitigarsi: il paese è stato sfollato. Dentro la casa nobiliare tutto è intatto e, nonostante gli appelli di Rosa la cameriera (Laura Branchini) ad abbandonare la vecchia villa, Maria Gron assicura che nulla toccherà la casa che ha duecento anni. Le carte di Sofia (la brava e nella parte Maura Bonelli) dicono diversamente e annunciano un cambiamento (la torre) al profilarsi di uno straniero: il maestro elementare Massigher (il convincente Stefano Dalla Vedova). Da qui inizia il racconto di Buzzati ci spiega l’autore della drammaturgia Andrea Stopponi, che ha inserito una pre-narrazione infarcita di altri racconti come Valzer, annunciato dal Dottor Martora (bravo e “accentato con la erre moscia” Mario Fazio). In particolare Stopponi va lodato per un’idea raffinatamente estetica oltreché concettuale: l’idea che la bellezza, di una rosa in questo caso, venga avvicinata all’idea della trasmigrazione delle anime – ovvero la metempsicosimutando mutandis il soggetto che va occupando altri corpi (la bellezza al posto dell'anima), rimanendo così avulsa dalla morte e autoproteggendosi. La bellezza si trasferisce non appena il contenitore precedente non è più in grado di mostrarla.

Un altro evento che colpisce dello spettacolo è l’annuncio della perdita dei due leoni di pietra posti all’entrata della villa, ai due lati del cancello: simbolicamente protettori della casa, il loro allontanamento predice la tragedia e chiarisce quanto la stessa Maria Gron, che li ha consegnati – senza chiederlo al marito - a quelli che lei chiama “bifolchi” ovvero i contadini, sia l’essenza stessa di quella nobiltà decaduta, avvolta in un fumo che solo le carte di Sofia tentano, inutilmente, di far virare altrove. Tre carte: il messaggero, la torre e la luna, una sola profezia che martella col terrore gli abitanti e gli ospiti della casa. Non daremo soluzioni, né diremo come quelle macchie di luce rossastra nella penombra avvolgeranno di requie e reminescenze sovrannaturali una rappresentazione che Todorov chiamerebbe étrange-fantastique – tra strano, l’inquietante presentarsi di circostanze piuttosto desuete ed il propriamente fantastico –: staremo ad attendere ciò che accade, qualsiasi cosa sia.

Pubblicato in: 
GN12 Anno II 18 aprile 2010
Scheda
Titolo completo: 

Eppure battono alla porta
di Dino Buzzati

Associazione artistico-culturale Pegaso
elaborazione drammaturgica di Andrea Stopponi
Regia di Gennaro Paraggio e Mario Fazio

Con: Guido Alcantarini, Maura Bonelli, Laura Branchini, Stefano Dalla Vedova,
Mario Fazio, Giuliana Meli, Francesco Nannarelli

Dal 13 al 18 Aprile 2010 - Spoettacolo del 13 aprile 2010

Teatro Agorà 80