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Ferrara. Kunde è Ernani, eroe romantico, impetuoso e passionale
Ferrara è stata la seconda tappa di Ernani di Giuseppe Verdi, uno spettacolo prodotto da tre teatri: il Teatro Municipale di Piacenza, dove è stato rappresentato nel dicembre scorso, il Teatro Comunale di Ferrara, dove il 4 febbraio scorso abbiamo assistito alla prima delle due rappresentazioni, e il Teatro Valli di Reggio Emilia che ospiterà le ultime due repliche. Ernani ha avuto come splendido protagonista Gregory Kunde incontrastato e acclamato dominatore dello spettacolo.
Ernani, quinta opera di Giuseppe Verdi, segna una svolta dopo i successi di Nabucco e de I Lombardi alla Prima Crociata, il musicista consapevole dei suoi mezzi e delle innumerevoli richieste ricevute per un’opera nuova, impose condizioni precise al marchese Nanni Mocenigo, presidente del Teatro La Fenice di Venezia. Oltre a questo iniziò la fruttuosa collaborazione con Francesco Maria Piave, che fu la più lunga e quella che permise al compositore di intervenire in maniera determinante sui libretti, assecondato da uno stimato ma spesso “strapazzato” poeta. Le condizioni riguardarono la scelta del soggetto e dei cantanti e il compenso. Ci siamo soffermati su questo aspetto perché Hernani, o L'Onore Castigliano (1830) di Victor Hugo (1802-1885) è un dramma romantico in cui personaggi, ossessionati dal senso dell’onore e dalle passioni, sono caratteri forti che si contrappongono violentemente. Il trentenne Verdi, lo scelse e lo impose proprio per queste caratteristiche, perché sentì che il testo così incandescente e travolgente era soggetto adatto alle sue esigenze.
La contrapposizione nell'opera diviene vocale tra il tenore, giovane e puro eroe romantico, ardente e disperato, il basso, vegliardo irremovibile e il baritono che ha un po’ dell’uno e un po’ dell’altro ma tutti sono all’assedio del soprano che tiene loro testa. Ernani andò in scena per la prima volta il 9 marzo 1844 al Teatro La Fenice di Venezia, ottenendo un grande successo, nonostante alcune défaillance dei cantanti e non solo per il coro pugnace “Si ridesti il Leon di Castiglia”, che il pubblico interpretò nella luce risorgimentale come il Leone di San Marco. Già nelle repliche Vienna o Milano (1844) comparve al primo atto dopo l’aria del basso “Infelice e tu credevi”, la bellicosa cabaletta “Infin che un brando vindice” che delinea bene l’ostinata difesa dell’onore di Silva, che ora è generalmente sempre presente.
In questa edizione alla fine del secondo atto Gregory Kunde ha cantato l’aria “Odi il voto, o grande Iddio” e la cabaletta con coro “Sprezzo la vita ne più m'alletta” questi due brani, che si ascoltano raramente, furono scritti da Verdi su richiesta di Gioachino Rossini per il tenore Nicola Ivanoff che la cantò a Parma sempre nel 1844. Non si pensi che Verdi sia stato solo acquiescente alla richiesta del grande collega, ma invece colse l’occasione per delineare con maggiore incisività Ernani un eroe romantico, innamorato più dell’onore che di Elvira, infatti nell’aria si rivolge al padre morto che vuole vendicare, avendo a disposizione un interprete all’altezza, quale non aveva avuto a Venezia. Ci siamo incuriositi e alla presentazione dello spettacolo “Prima della prima”, aperta al pubblico e con tutti protagonisti, abbiamo chiesto chi avesse avuto l’idea. Gregory Kunde ha detto che mentre preparava Ernani aveva ascoltato l’edizione del Metropolitan (1983) interpretata da Luciano Pavarotti. Ha pensato che fosse un brano magnifico per il suo personaggio e l’ha proposta, prima per l’edizione in forma di concerto a Lisbona, poi per quella scenica di Piacenza, Ferrara e Reggio Emilia.
Il melodramma è teatro e vive sul palcoscenico, non nei saggi degli studiosi, Kunde grande artista e vero “animale da palcoscenico” ne ha perfettamente intuito la potenzialità teatrale e interpretativa e la risposta del pubblico è stata inequivocabile: un successo. La scrittura vocale di Ernani è nel solco del "Belcanto", una tecnica ardua e rigorosa che Kunde domina magistralmente, controllando perfettamente l’emissione vocale dal piano al fortissimo. La sua splendida interpretazione è stata contraddistinta dall’incisività e dall’espressività del legato e del fraseggio, che gli consentono di passare efficacemente dall’abbandono lirico dell’innamorato all’aspra invettiva con acuti luminosi e squillanti. È stata una prestazione in crescendo in cui canto è stato sì elegante ma anche vigoroso e irruento come richiesto da Verdi, e in cui si è imposto anche per la presenza scenica puntuale da eroe romantico, irruento e passionale.
Ernesto Petti, Don Carlo, ha una bella voce di baritono pastosa e morbida ma che all’occorrenza diviene anche assertiva, si è calato bene nella parte dove si fondono l’imperiosità, la passione e la consapevolezza del ruolo regale che emerge al terzo atto, sia vocalmente che teatralmente, ma deve affinare i recitativi e anche porre maggiore attenzione al controllo vocale nel porgere il canto che a volte è un po’ grezzo, è giovane e ha le doti necessarie per affermarsi. Giovanni Battista Parodi ha sostituito l’indisposto Evgeni Stavinsky nella parte di Silva, ha una voce scura di basso, si è disimpegnato agevolmente nel ruolo anche scenicamente, ma vocalmente ci è parso un po' in difficoltà nelle note acute. Francesca Dotto è una giovane soprano dotata di una voce espressiva, luminosa e vellutata, che al bisogno sa usare impetuosamente negli scontri con le voci virili, ha una buona tecnica che le permette di superare le insidie del “Belcanto” e una efficace presenza scenica, ma forse è troppo presto per il ruolo di Elvira, dalla tessitura vocale ampia che necessita delle note gravi piene, che probabilmente verranno con la maturazione della voce, se saprà aspettare.
L’acceso vigore che caratterizza la musica di Ernani non è stato messo adeguatamente in luce dal direttore Alvise Casellati, la direzione ci è parsa un po’ opaca riversandosi sulla prova dell’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini e sul Coro del Teatro Municipale di Piacenza. Gianmaria Aliverta aveva dichiarato all’incontro con il pubblico che, nella realizzazione della sua regia, aveva tenuto conto delle restrizioni per il coro e dell’esigenza di Marcello Corvino, Direttore artistico del Teatro Comunale di Ferrara, di uno spettacolo rispettoso della tradizione, sottolineando come non fosse d’accordo. L’esigenza della direzione artistica è dettata anche dalla volontà di Marcello Corvino di coinvolgere il pubblico molto giovane anche delle scuole, una necessità impellente per evitare che i teatri si svuotino con il passare degli anni. Ernani è un’opera romantica con situazioni estreme e anche razionalmente astruse, ma non è poi così lontana dalla sensibilità del vasto pubblico giovanile che si è appassionato per una serie come Game of thrones (il trono di spade) nella cui trama di cose strane e cruente ce ne sono anche troppe.
Tornando alla regia ha adottato proiezioni scure che vorrebbero evocare un ambiente da “romanzo gotico”, il terzo atto è stato quello più strano perché non si capisce cosa evochino le proiezioni. Il regista ci parso anche afflitto dall’horror vacui nei movimenti incessanti e spesso gratuiti delle comparse. I piacevoli i costumi di Sara Marcucci hanno inserito i pochi colori nell’allestimento. A scena aperta e alla fine degli atti ci sono stati gli applausi calorosi del non folto pubblico presente; è un problema di questi tempi non solo a Ferrara ma anche in città più popolose.