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Fortapàsc. La solitudine degli onesti
Nel 1985 un giovane giornalista di 26 anni viene assassinato dalla camorra a Napoli, sotto casa sua. Da poco diventato giornalista effettivo a Il Mattino di Napoli, indaga sugli allacci tra camorra e istituzioni.
Libero De Rienzo interpreta Giancarlo Siani, l’unico giornalista ucciso dalla camorra a cui è stata resa giustizia soltanto 12 anni dopo, con l’aiuto di tre pentiti. Diretto da Marco Risi (Mery per sempre, 1989, Il muro di gomma, 1991) in un film che prima di tutto è uscito a Napoli, il 20 marzo, e poi sarà presentato in tutta Italia, il 27 marzo, De Rienzo interpreta un giornalista ragazzino che ricorda da vicino Il giudice ragazzino di Alessandro Di Robilant del 1994, incentrato sull’omicidio mafioso del giudice Rosario Livatino.
Quello che come al solito colpisce è la solitudine di questi “inquirenti”, del giornalista come del Capitano Sensales dei Carabinieri che, impotenti, non dovrebbero nemmeno raccontare la tragedia che si compie sotto i loro occhi. Una frase rimane impressa di Sensales interpretato da Daniele Pecci: ”Perché dobbiamo arrivare sempre dopo (la guerra fra le bande dei Gionta e dei Nuvoletta fa in un solo giorno 8 morti più altri feriti, N.d.A.)? Perché il Pretore (Rosone, interpretato da Federico Imparato, N.d.A.) non ci ha fatto intervenire prima?”
Domande che rimangono nell’aria e ci rimandano all’inchiesta sulle candelore di Catania su Report: che tutta l’Italia, a parte qualche isola felice, sia un fortino. Ovvero un Fortapàsc, come recita il titolo di un film che riecheggia un assedio di cui tutti parlano ma che in pochi combattono. Le parole di Tancredi in Il gattopardo risuonano come pietre rotolanti nella melma di un paese che non premia gli eroi.
Solo una nota: forse dal regista di Ragazzi fuori ci si sarebbe aspettato di più in termini di incisività e drammaticità, una spinta sull'acceleratore della storia per ulteriori e concrete connessioni di stampo politico che, purtroppo, rimangono del tutto sommerse.