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Gidon Kremer alla IUC. Le asperità sublimi del Piano Trio n.2 di Shostakovich
Lo scorso 13 dicembre 2011 si è svolto un concerto nell'Aula Magna della IUC con un trio d'eccezione tra lettone e lituano con Gidon Kremer (nato a Riga in Lettonia nel 1947) a capitanarlo al violino: al piano Andrius Zlabys e la violoncellista Giedre Dirvanauskaite. Il programma è tutto dedicato a musicisti del ex blocco sovietico con il russo Dimitrij Shostakovich (1906-1975) in testa, a seguire Valentin Silvestrov (Kiev, Ucraina, 1937) e Sofija Gubajdulina (Čistopol', 1931).
Il programma inzia con il sentito Hommage a J.S.B. da parte di Silvestrov che espone immediatamente la vicinanza non solo a Bach, il cui spirito più sacro aleggia in ogni singola nota del violino solo mentre il paino di Andrius Zlabys si trasforma quasi in reminescenza, ma allo spirito russo che contempla in particolar modo Dimitrij Shostakovich che echeggia nell'aere dell'Aula Magna quasi in sordina soprattutto nelle composizioni di Sofija Gubajdulina che tanto deve lui a in termini di incoraggiamento compositivo.
La Ciaccona BWV 1004 di Bach per violino solo è un brano di intensità lirica conosciuta, che però mantiene le due caratteristiche di etereità e fuggevolezza proprio nel gioco dell'arco mentre rincorre sé stesso nelle note: la salita spirituale dell'emozione musicale spinge ad un virtuosismo continuo, in una lettura che Kremer traduce con estrema levità e scorrevolezza, minimale nel suo percorso tanto da adombrare una spontaneità che è sincero studio e talento originale.
La sonata per violino e violoncello Rejoice (1981) di Sofija Gubajdulina, incisa nel 1989 proprio da Gidon Kremer e Yo-Yo Ma portandola a larga diffusione, è ispirata ai pensieri del mistico ucraino Skovoroda (1722-1794), componendosi di cinque movimenti, ognuno riconoscibile da da un titolo significativo e riassuntivo di ciascun mood. Il primo movimento Your joy no one will take away from you è tutto basato sugli acuti degli archi, quasi a mimare un intervallo tra “scale” da gravi ad acute e viceversa. Nel secondo episodio il violoncello passa attraverso vari timbri mentre nel terzo movimento Rejoice Ravvi, la parte per violino è sferzante rispetto al violoncello che sta in sottofondo, fino a mutare in dialogo serrato e irato. Seguono sibili acutissimi e cabalistici, un inno a quel simbolismo di cui è intrisa l'opera della Gubajdulina, anche improntata alla serie di numeri di Fibonacci: il tutto lascia il posto ad una quasi “nenia” incorporea e diafana che prende i caratteri dell'inno immateriale. Heed thyself chiosa più ritmicamente, alternando a pizzicati un suono dalla cifra enigmatica che fa venire in mente in particolare la finlandese Kaija Saariaho (1952) che ha presentato in prima italiana alla IUC Cinq reflets de l'amour del loin (2000).
La Fantasia e Fuga in la minore BWV 904 di J. S. Bach con solo al piano Andrius Zlabys, presenta compiutamente un pianista che da anni collabora con Gidon Kremer e la Kremerata Baltica ed ha all'attivo incisioni come il Quintetto per pianoforte di Enescu. In particolare qui svetta soprattutto sulla Fuga ma il brano più difficoltoso e gravido di asperità sublimi per l'ascoltatore, è certamente il Piano Trio n.2 in mi minore op. 67 di Dimitrij Shostakovich. Il Trio per piano fu scritto da Šostakovič nel 1944 e dedicato alla memoria dell'amico e critico Ivan Sollertinsky, perduto quando quest'ultimo aveva 41 anni. Sollertinsky era il direttore della Filarmonica di Leningrado e difese l'amico compositore dagli attacchi del regime per la sua Ottava Sinfonia. Portò la conoscenza di Mahler in Russia e fu uomo di raffinata e poliedrica cultura.
Il Piano Trio n.2 è opera composita e di fine granatura: l'Andante del primo movimento è quasi un'orazione funebre innalzata acutamente dal violoncello che va poi moderandosi su un passaggio ritmato a tre. Le note acute trasformano lentamente l'atsmofera in elegiaca per trasportarci nel contrappunto del piano nell'Allegro con brio, i cui primi passaggi folclorici in danza fanno subito distinguere la cifra del russo. Il Largo è un idillio desolato col violino in entrata: tutto su note acute e subliminali.
L'Allegretto-Adagio del quarto movimento è ripreso nel leggendario Quartetto n.8 (1960), ed è fra i più famosi componimenti di Shostakovich, la cui melodia ebraica è stata impiegata da John Neumeier nel balletto "The Seagull" (Il gabbiano, Hamburg, 2002) e nella coreografia di Immobile Paziente nei Giardini della Filarmonica la scorsa estate. Il ritmo è scandito dal piano più grave in accordo con gli archi: il tutto cadenzato su un accordo di mi maggiore che acquista in ritmo per poi stemperarsi quasi inudibile nel richiamo del finale. Gli echi klezmer, ben evidenti nel Piano Trio n.2, sono un omaggio alle origini di Sollertisnky e chiudono un concerto la cui eccellenza riluce in ognuno dei maestri dello strumento e che concedono un bis da Josef Suk, l'Elegia op.23.