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The Hours. Le insostenibili onde del destino
The hours (Le ore) era il titolo originario di Mrs Dalloway (1925), il capolavoro di Virginia Woolf, la cui lettura ha talmente colpito lo scrittore statunitense contemporaneo Michael Cunningham da fargli scegliere quel titolo per il suo romanzo omonimo The Hours, che ne 1999 gli valse il Premio Pultzer e la fama mondiale. Di qui, il fortunato film del 2002 di Stephen Daldry con Nicole Kidman, Meryl Streep, Julianne Moore ed Ed Harris.
Tre episodi, tre personaggi femminili legati alla signora Dalloway creata dalla penna della Woolf. La scrittrice inglese è il fulcro narrativo ed emotivo delle tre storie ed interprete principale della prima di esse, ruolo rivestito dalla Kidman così bene da meritarle il Premio Oscar 2003 come migliore attrice protagonista.
Il film inizia con il suicidio di Virginia Woolf nel fiume Oise, una scrittrice famosa ed una donna circondata d'amore, ma prigioniera di un malessere interiore. Così le successive parti incentrate su di lei sono flashback rispetto a questo momento, ma quello che appare un omaggio diventa un percorso metanarrativo. Perché Cunningham fa dell'intertestualità una delle fondamenta del suo romanzo, i cui escamotage sono ben sfruttati sul piano filmico da Daldry.
Se nel primo episodio muore veramente Virginia (secondo la quale, come autrice, "deve morire il poeta, il visionario", ovvero in Mrs Dalloway il personaggio del giovane Septimus); nel terzo episodio muore Richard (Ed Harris), il protagonista maschile di libro e film, omosessuale malato di AIDS, il cui suicidio arriva improvviso e tardivo al contempo (come quello di Septimus), dopo aver egli stesso scritto un libro, premiato, nel quale fa morire la propria madre.
Infatti, Richard è il figlio di Laura Brown (Julianne Moore), la quale da giovane mamma aveva una copia di Mrs Dalloway sul comodino. Di lei tratta il secondo episodio che la descrive come una moglie perfetta ma infelice, che per poco non si è suicidata, ma che poi ha abbandonato il proprio bambino. Non a caso prima di farlo, si era allontanata da casa in preda ad un senso di estraneità successivo al bacio dato, davanti al piccolo, ad una vicina di casa (chiaro omaggio al bacio tra Sally e Clarissa nel testo di Virginia Woolf). Il bacio è il simbolo dell'ambiguità dell'identità sessuale e del desiderio, anticipato dal romanzo della Woolf e confermato dal romanzo di Cunningham e dal film di Daldry, ambiguità accompagnata dal rifiuto della condizione sociale di appartenenza, fra i personaggi, soprattutto da parte di Laura, una donna della Los Angeles degli anni '50.
Ed è proprio la contrapposizione tra il dovere essere, la "serenità fittizia", e il voler essere dei personaggi a rendere infelice la loro autenticità. E' Laura quel "mostro" di cui parla alla propria figlia, l'amica di Richard adulto, Clarissa Vaughn (Meryl Streep), una donna generosa che vive felicemente nella New York di oggi la sua storia d'amore con un'altra donna. Anche questa Clarissa prepara una festa, quella in onore del premio al suo amico che non si farà, per la morte di lui davanti ai suoi occhi. Lei quindi ha un torto: non esser riuscita ad impedire il suicidio di Richard, come la moglie di Septimus non riesce con quello del marito, nella finzione letteraria di Mrs Dalloway; e come a sua volta, nella vita reale, non riesce a Leonard Woolf di impedire alla moglie Virginia di sottrarsi alla sua protezione e di annegarsi in solitudine. Nessuno riesce a cambiare quello che sembra un destino scritto: nella finzione e nella realtà.
Se è vero che Cunningham scrive: "romanzi sull'atto della lettura e della scrittura, in un costante parallelo tra la creazione artistica e la costruzione dell'io" (Alessandro Clericuzio, in Verso il Millennio. Letteratura statunitense del secondo Novecento, a cura di De Angelis e Ricciardi); è altrettanto vero che i temi della lettura e della scrittura contano molto per il regista Stephen Daldry, che ha diretto nel 2008 il film The reader-A voce alta (2008), tratto dal romanzo di Bernhard Schlink, dove il protagonista Michael (David Kross e Ralph Fiennes) legge i romanzi all'amata Hanna (Kate Winslet, Premio Oscar 2009, per questo film, anch'essa come migliore attrice) e finirà con lo scriverne la loro storia, un'infelice, indimenticabile storia d'amore.
E di amore e di infelicità parla in fondo The hours: l'amore che troppe volte non riesce a cambiare il destino, perché il destino, secondo la Woolf, l'autrice referente di romanzo e film, è il destino di un'onda nello scorrere delle ore. Le ore che Richard non vuole più vivere, le ore che fanno la vita di ognuno; ma ciascuno di noi, oltre ad essere una persona unica che vuole essere se stessa, diventandolo, è anche inseparabile dagli altri esseri umani, con cui si relaziona ed interagisce in tutte quelle "ore":