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IUC. Arciuli suona l'aurora della notte
Sabato 23 gennaio 2016 l’Aula Magna della Sapienza per la stagione della IUC - Istituzione Universitaria dei Concerti, Università di Roma, ha visto un’esibizione inconsueta, quella del pianista Emanuele Arciuli che ha presentato una sequenza di brani per pianoforte sotto il segno dell’oscurità, e a cui non a caso ha dato il titolo anglofono Five versions of darkness: sono brani tardo-romantici e contemporanei, raramente eseguiti (tranne uno) nei repertori concertistici usuali.
Arciuli è un artista poliedrico, capace di cimentarsi con Bach come con le avanguardie e il jazz, fino al punto di convincere alcuni compositori, americani ed europei (come John Adams e Frederic Anthony Rzewski), a collaborare con lui scrivendo appositamente brani vicini alla sua sensibilità.
Arciuli apre il suo concerto con i Gesänge der Frühe op.133 di Robert Schumann. Si tratta di una delle ultime composizioni del grande artista tedesco, datate 1853, ossia di poco precedenti la malattia mentale che l’avrebbe condotto ad un tentativo di suicidio e alla morte. Benché il titolo alluda al levarsi del sole all’aurora, in questi Gesänge assistiamo non tanto a un viaggio dalla notte alla luce, quanto a uno sprofondare sempre più drammatico nelle tenebre della follia. Come scriveva un poeta di simile sensibilità, Novalis:
Pure, io mi volgo altrove:
verso la santa inesprimibile
misteriosa Notte.
[…]
Come infantile e grama,
ora, mi appar la Luce!
Come consolatore e benedetto,
l’addio del Giorno!
Abwärts wend ich mich/zu der heiligen, unaussprechlichen,/geheimnisvollen Nacht./Wie arm und kindisch/
dünkt mir das Licht nun;/wie erfreulich und gesegnet/des Tages Abschied!
[Die erste Hymne an die Nacht/Il primo inno alla notte, tr. it. di Vincenzo Errante]
E similmente Edward Young:
Notte, dea del lutto! Dal suo trono d'ebano,
Nella sua maestà senza raggi, ora protende in avanti
Il suo scettro di piombo al di sopra di un mondo che s’addormenta.
Silenzio, come sembra morto! E l’oscurità, come appare profonda!
Né occhio, né orecchio che ascolta, un oggetto trova;
La Creazione dorme. Questo è come se l’impulso generale
Della vita si fosse fermato ancora, e la natura avesse fatto una pausa;
Una pausa terribile! Profetica della sua fine.
E lasciò che la sua profezia presto si adempisse;
Il fato! Cali il sipario. Io non posso perdere più.
Silenzio e oscurità: sorelle solenni! Gemelli
Dall'antica Notte, che alimentano il tenero pensiero
Con la ragione, e sulla ragione costruiscono la risolutezza
(Quella colonna della vera maestà nell'uomo),
Assistetemi: vi ringrazierò nella tomba.
[The Complaint or Night Thoughts/Il lamento o pensieri notturni]
Night, sable goddess! from her ebon throne,/In rayless majesty, now stretches forth/Her leaden sceptre o’er a slumbering world./Silence, how dead! and darkness, how profound!/Nor eye, nor listening ear, an object finds;/Creation sleeps. ’Tis as the general pulse/Of life stood still, and nature made a pause;/An awful pause! prophetic of her end./And let her prophecy be soon fulfill’d;/Fate! drop the curtain; I can lose no more./Silence and darkness: solemn sisters! twins/From ancient Night, who nurse the tender thought/To reason, and on reason build resolve/(That column of true majesty in man),/Assist me: I will thank you in the grave. (Trad.mia).
Questi echi poetici erano sicuramente presenti in Schumann, insieme a molti altri, assimilati quando nella sua giovinezza frequentava le lezioni di filosofia all'Università di Lipsia, e leggeva avidamente Jean Paul ed Ernst Theodor Amadeus Hoffmann: dal primo il musicista mutuò l’idea del linguaggio universale della musica e della stretta simbiosi che essa intrattiene con la vita umana. Non a caso dal romanzo Flegeljahre (Anni di scapigliatura) Schumann trasse l’ispirazione per dar vita a una sorta di duo esistenziale, l'appassionato Florestano e il sognatore Eusebio, che vengono descritti nella serie di composizioni nota come Davidsbündler, la Lega dei compagni di David; da Hoffmann Schumann trasse spunto per la Kreisleriana, ispirata al maestro Johann Kreisler, ben dipinto dal “Poe di Königsberg”.
I Gesänge der Frühe sono cinque brani accomunati dal lirismo naturalistico e dal tentativo di esprimere musicalmente l’alternanza tra luce e ombra: i primi due in re maggiore sono strutturati come un pianissimo meditativo con dissonanze finali e come un movimento animato ma senza accelerazioni.
Gli altri movimenti, in la maggiore, fa diesis minore e in re maggiore, si proiettano verso una sorta di risveglio vitalistico che coinciderà con l’alba fino a terminare con un ritorno ciclico del tema iniziale, che però non approderà mai a un’autentica conclusione, come se la notte non avesse ancora ceduto il passo alla luce: cosa che ha fatto parlare alcuni critici di “false dawn” (falsa aurora).
Arciuli esegue il miniciclo schumanniano con tocco delicato e calibrando sapientemente le pause e i passaggi più delicati.
I successivi Notturni nn. 1 e 3 del 1998 di Salvatore Sciarrino, il compositore italiano contemporaneo più eseguito nel mondo, appartengono al ciclo Perduto in una città d’acque, concepito durante una visita a Venezia dall’amico Luigi Nono. Si tratta di una composizione che alterna momenti di ineffabile silenzio a momenti in cui irrompono fremiti armonici, dove la presenza di suoni rarefatti si alterna con l’assenza di qualsiasi suono, quasi a raggiungere una mistica del silenzio. Del resto, nella musica si concretizza quella soglia tra essere e non essere di cui parlava già Platone nel Parmenide.
Più “usuale” e celebre è il successivo brano di Franz Liszt, Après une lecture de Dante. Fantasia quasi sonata, del 1856. Il compositore ungherese interpreta i temi della Divina Commedia con un approccio enfaticamente romantico. L’Inferno è qui rappresentato da un tema in cui appare ripetutamente la quinta diminuita, il cosiddetto tritono o “diabolus in musica” (usato anche nella musica progressive, dai King Crimson e dai Tuxedomoon), mentre il Paradiso assume le sembianze di un corale mistico. Arciuli esegue la composizione con sovrana padronanza dello strumento e con un pathos contenuto.
La seconda parte del concerto è più sperimentale. Si apre con Eine kleine Mitternacht Musik dello statunitense Georg Crumb, uno dei massimi compositori american viventi, di cui Arciuli è considerato uno dei maggiori interpreti. Questo lavoro del 2001 ha un titolo che allude chiaramente ad una famosa composizione di Mozart, ma in realtà si ispira al celebre standard jazz “Round Midnight” di Thelonious Monk, che Arciuli esegue prima di cimentarsi con le variazioni di Crumb, eseguite usando in parte la tecnica consistente nel pizzicare direttamente le corde senza usare la tastiera.
Il concerto si è concluso con Im Freien. Sz 81 (“All’aperto"; 1926), del compositore ungherese Béla Bartók. Si passa dai tratti percussivi del primo brano, così tipicamente bartokiano, ai temi meditativi del quarto – dedicato alla moglie del compositore e intitolato “Musica della notte” –, con un afflato panico che porta all’immedesimazione con la natura, fino al finale quasi martellante e demoniaco, che suggella la composizione con aperture quasi inconsapevoli verso il jazz sperimentale.
Due bis chiudono il concerto: il Preludio in re bemolle maggiore di Fryderyk Chopin (op. 28) e un brano jazz di Bill Evans, apparentemente giocoso ma in realtà malinconico, soffuso e crepuscolare.