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Jon Fosse. L’altro nome. Settologia prima e seconda parte
Per il lettore italiano sarà affascinante ed emozionante leggere la prima parte di un vasto affresco narrativo di cui è autore lo scrittore norvegese Jon Fosse, edito dalla casa editrice La Nave di Teseo. In questo libro del grande scrittore (L'altro nome. Settologia I-II), a cui quest'anno è stato assegnato il premio Nobel per la letteratura, il lettore rimarrà colpito dal protagonista della narrazione, il pittore di successo Asle, che si ferma a contemplare il dipinto che ha realizzato, e nel quale due linee, una viola ed una marrone, si intersecano al centro e formano una croce di Sant’Andrea.
Osservando il quadro che ha dipinto, Asle nota che vi è una luce morbida ed invisibile, sicché comprende che si tratta di un quadro che non venderà. Asle, che vive da solo dopo che sua moglie Ales è morta improvvisamente, abita a Dylgja, piccolo villaggio della Norvegia occidentale, ubicato lungo il Sognesjøen, vicino alla foce del Sognefjorden. Con dolore e rimpianto, mentre è solo nella sua casa dalla cui finestra si vede il mare del fiordo di colore blu, pensa a sua sorella Alida, morta all’improvviso quando era ancora bambina. Ammette di essersi liberato dalla dipendenza dall’alcol, grazie alla preghiera e alla fede in Dio, anche se in alcuni casi, con l’animo sopraffatto dall'angoscia, vorrebbe uscire, scendere al mare, entrare in acqua e scomparire tra i flutti.
Pensando al suo dolore personale, Asle medita sulla circostanza che vi sono persone che sono abituate a proferire la parola Dio, mentre altre sono così sagge da evitare di pronunciarla. Da pittore, che ha dipinto molti quadri, è consapevole che la religione e l’arte procedono insieme. Infatti sia la Bibbia sia la liturgia sono finzione, come la pittura, la poesia e la letteratura. Il fardello della solitudine, acuito dalla nostalgia di sua moglie Ales, fa sorgere nel suo animo il desiderio di andare a trovare il suo amico Asle. Presto il lettore comprende che questo personaggio nella narrazione è un doppio del protagonista, visto che anche lui è un pittore, vive da solo, ed abita a Bjorgvin. Passando con l’automobile di fronte alla casa del suo collega pittore, Asle non si è voluto fermare, illudendosi che stando lontano da lui fosse possibile aiutarlo a liberarsi dall'angoscia e dal dolore, da cui il suo animo è oppresso. Asle, osservando una coppia di giovani che si tengono per mano in un parco giochi, ha la sensazione che si tratti di una delle tante immagini, da cui sono assediate in modo perenne la sua anima e la sua mente. È diventato pittore per ritrarre queste immagini inscritte nella sua vita interiore e farle scomparire per sempre.
La preghiera, con la ripetizione della parole, evita che l’animo di Asle sia colmato e attraversato dal dolore, dalla disperazione, dal terrore e dalla paura improvvisa che in più occasioni lo ha travolto. Con la preghiera Asle cerca la quiete e la calma, il silenzio e l’unità, per riuscire a dipingere i suoi quadri. Infatti i quadri, sempre che siano validi, riescono a mostrare tutto ciò che non si può dire con il linguaggio e le parole. Asle dipinge soltanto quando è sobrio, e, se è riuscito a liberarsi dalla dipendenza dall’alcol, il merito è di sua moglie Ales, morta improvvisamente. Pensando all'assenza della moglie, che adesso riposa in pace nel regno di Dio, Asle ammette che riesce a parlare ancora con lei, poiché non esiste nessuna differenza tra la vita e la morte, tra i vivi e i morti, per quanto il distacco possa sembrare insormontabile. Asle deve il suo successo personale come pittore al gallerista Beyer, che ogni anno durante l’avvento, prima di Natale, a Biorgvin espone i suoi quadri e lo aiuta a venderli agli appassionati di arte.
L’unico amico che frequenta la sua casa di Dylgja è il pescatore Asleik. Asleik, pur essendo un pescatore, possiede una capacità singolare che gli consente di capire che Asle nei suoi quadri ha sempre raffigurato e ritratto le ombre, il buio in tutta la luce presente nei suoi dipinti, la vera luce che proviene da un'entità invisibile. Infatti, anche se la passione e la vocazione per la pittura si sono manifestate fin dai primi anni di vita, con lo sguardo dell’artista maturo e consapevole, Asle riconosce che i suoi primi dipinti erano privi di valore artistico e intrisi di menzogna per l’assenza della luce che rischiara le tenebre da cui, come persone umane, siamo circondati. Asleik, l’amico di Asle, anche se è soltanto un semplice pescatore, sa ed è consapevole che tutto è unito da un legame insostituibile. Tutto ciò che esiste fa parte di un unico contesto, poiché ogni cosa è connessa all’atra. Asleik, tuttavia, fa notare a Asle che lui non crede in Dio. Al che Asle replica che non è possibile dire nulla su Dio, e per questo non ha senso affermare che si crede in Dio, visto che Dio è la sostanza di tutte le cose che esistono.
Per questo motivo è necessario riconoscere che senza Dio non esisterebbe nulla, giacché anche se Dio è nulla, è separato dalla creazione. Durante questi dialoghi filosofici che avvengono tra Asle e Asleik, emerge il legame evidente tra l’opera d’arte e la ricerca del divino. Infatti Asle confessa che i quadri che dipinge assomigliano all'immagine che è inscritta dentro il suo animo. Asle nota che, se vuole che nei suoi quadri vi sia la luce che li rende degni di attenzione, deve penetrare nella parte più profonda del suo Io. E mostra a Asleik le due linee di colore diverso che si intersecano al centro e compongono una croce di Sant’Andrea, un simbolo che ha valore metafisico. Asle ha dato in dono al suo amico pescatore molti suoi quadri, di formato ridotto, che adesso adornano le pareti del salotto della casa di sua sorella Guro, rimasta sola, dopo che è stata costretta a cacciare di casa il violinista, suo compagno per molti anni, perché sovente ubriaco. Osservando i quadri dipinti dal suo amico pittore, Asleik ha l'impressione di entrare in una dimensione metafisica, che lo conduce a distaccarsi dal mondo e che è fatta di pace, di quiete, di luce, di bellezza e serenità.
Nel libro i personaggi che il lettore incontra vivono da soli e sono alle prese con i demoni dell'angoscia e dell'inquietudine, acuite dalla loro solitudine esistenziale. Asle ama i quadri dipinti da Elin Pedersen, per la presenza della luce che da essi promana. In preda all’ansia, spinto da un presentimento che si rivelerà fondato, Asle decide di ritornare di sera mentre la neve cade copiosa e ricopre di bianco la superficie di ogni cosa a Bjorgvin. Appena arriva in città, lascia la sua automobile vicino alla galleria Beyer dove tiene le sue mostre personali. Va alla ricerca di Asle, il suo doppio, perché sa ed è consapevole che non sta bene. Ed infatti, nei pressi del Pab, che entrambi frequentano, lo trova privo di sensi, adagiato sull’uscio di un'abitazione e con il corpo esanime ricoperto dalla neve. Asle aiuta l’amico a rimettersi in piedi e vorrebbe condurlo al pronto soccorso. L’altro Asle oppone un netto rifiuto e chiede di bere qualcosa di forte per superare il tremore che gli scuote tutto il corpo in modo doloroso e perenne. Mentre sono seduti al Pab, tra i due pittori avviene una conversazione memorabile e molto profonda. Asle chiede al suo amico perché continui a bere, malgrado abbia enormi problemi di salute. Il suo doppio, che porta il suo stesso nome, confessa che beve per essere normale, per essere come gli altri e per impedire all’angoscia di soffocargli l’anima tormentata dal dolore irredimibile. Asle, gli risponde che lui è riuscito a liberarsi dalla dipendenza dall’alcol grazie alle preghiere che rivolge a Dio, la cui luce sacra e metafisica cerca di ritrarre nei suoi dipinti, mostando ciò che non si può esprimere con le parole.
Asle, dopo che il suo doppio in preda a un tremore perenne è crollato a terra in più di un'occasione, decide di portarlo al pronto soccorso, dove i medici constatano che le sue condizioni di salute sono molto gravi. Asle si recherà nell’appartamento del suo doppio, per non lasciare da solo il cane Brage, che viveva con il pittore alcolizzato. A Biorgvin Asle incontra una donna, Guro, che aveva conosciuto in passato, che vive da sola e si guadagna da vivere ricamando tovaglie e vestiti tradizionali. Anche Guro è una donna sola e malinconica. Rientrato nella sua casa nel villaggio di Dylgjn, Asle pensa che lui è abituato da tempo a fissare il vuoto ed il nulla, nel tentativo di percepire la presenza della luce divina che si sforza di ritrarre e rappresentare nei suoi dipinti. In tal modo il buio diventa, grazie alle immagini dipinte, un buio luminoso. Ed in questi momenti, mentre fissa il vuoto ed il nulla, ha la sensazione di rivedere nella nebbia il volto disperato di Ales, rigato di pianto, anche se ha la convinzione, Asle, che in tutto quel dolore e in tutta quella sofferenza vi è la presenza della luce che evoca la sostanza divina che è all’origine della creazione. Un libro, questo del premio Nobel Jon Fosse, in cui i temi del dolore umano, del divino e del mistero della creazione artistica sono trattati in modo magistrale. Imperdibile.