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Ambizioso progetto della casa editrice Edizioni XII, che presenta su carta lo spettacolo dell'attore Giulio Cavalli e del giornalista Fabrizio Tummolillo, Linate 8 ottobre 2001: la strage, in memoria del più grande incidente aereo della storia italiana.

8 ottobre 2001, aeroporto di Linate, Milano. Ore 08.10, il velivolo Boeing MD-87 (con a bordo due piloti, quattro assistenti di volo e centoquattro passeggeri) va ad impattare l'aeromobile Cesna 525-A (due piloti e due passeggeri) che sbagliando manovra ne aveva invaso la corsia. Come viene spiegato nelle 210 pagine di questo libro, tutto accade a causa della complicità della nebbia, ma soprattutto grazie a gravi errori umani. Il Boeing travolge il Cesna e continua la sua corsa fino a schiantarsi contro una costruzione aeroportuale adibita a deposito bagagli. Le persone che perdono la vita sono centodiciotto.

Il libro è diviso in due parti, la prima è una fiaba ambientata in una Bengodi immaginaria, surreale,  abitata e amministrata da personaggi particolari, raccontata dallo stile originale di Cavalli. La seconda dà spazio all'analisi della catena di errori, mancanze e leggerezze che hanno dato vita al terribile scontro tra i due aerei.

E' proprio per questo che il racconto narrativo si trasforma in un'inchiesta. Vengono analizzati documenti della commissione d'inchiesta e le sentenze di primo e secondo grado, fino alle condanne tutt'altro che soddisfacenti per i familiari delle vittime. Sono presenti anche una serie di link per proseguire online l'adattamento dallo spettacolo al testo, forse unica pecca (assieme al trovarsi di fronte il linguaggio colorito di Cavalli, senza poter sentire la sua espressiva voce), in quanto non sempre chi legge un libro ha una connessione a portata di mano.

La sensazione, arrivati alla quarta di copertina, è la medesima, come sempre. Conoscere a fondo i dettagli di Ustica, della tragedia del Cermis, della strage di piazza Bologna, dell'omicidio Matteotti, dell'incendio della Moby Lines e chissà quanto altro dimentico al momento, e parlare sempre dello stesso e identico Paese, dove tutto sembra accadere e niente risolversi mai, lascia sempre l'amaro in bocca.