L'umiliazione di Philip Roth. Il talento svanito dell'attore

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Philip Roth

Fra i più grandi scrittori del nostro tempo Philip Roth occupa una posizione di primo piano, poiché è l’autore di libri indimenticabili e bellissimi come Pastorale americana (American Pastoral) e La macchia umana (The Human Stain). Nei suoi ultimi libri, come Everyman e Il fantasma esce di scena (Exit Ghost), ha saputo con inarrivabile bravura e profondità descrivere la decadenza fisica di ogni individuo e la provvisorietà della condizione umana. Appartiene a questa categoria di opere letterarie e a questa ispirazione estetica il suo ultimo romanzo intitolato L’umiliazione (The Humbling), pubblicato in Italia dalla Einaudi con l'ottima traduzione di Vincenzo Mantovani.

In questo romanzo, le cui immagini poetiche si fissano e depositano nella mente e nella coscienza del lettore per la loro capacità di rappresentare la vicenda di un attore in crisi con uno sguardo penetrante e acuto, l’indagine viene sviluppata intorno alla perdita del talento artistico: il libro, infatti, racconta in modo straordinario la crisi di un attore di successo, Simon Axler, che dopo avere interpretato i ruoli principali nei drammi del teatro classico e moderno (soprattutto William Shakespeare), improvvisamente al cospetto del pubblico si accorge di avere smarrito il proprio talento, che gli consentiva di declamare le parole dei grandi autori con naturalezza e spontaneità, e che sembra svanito nell'«aria sottile» (thin air) come gli incantesimi di Prospero nella Tempesta. Non riuscendo più a far vivere i personaggi sul palcoscenico, come era in grado di fare in passato (gli accade con Falstaff e Peer Gynt, con Vanja e Macbeth), Simon perde fiducia in sé stesso, precipita nell’abisso della depressione e della sofferenza, e scopre in preda alla disperazione di non riuscire a vivere la sua  vita in armonia con gli altri ed il mondo esterno. Per questo motivo, essendosi chiuso in un silenzio carico di angoscia e dolore, assiste impotente alla fine della convivenza con la donna da lui amata.

Nel libro sono commoventi e indimenticabili per la loro forza descrittiva le pagine in cui Simon medita sulla natura e l’essenza del mestiere di attore, il quale deve essere capace di ascoltare ed udire le parole per poterle pronunciare sul palcoscenico con chiarezza e forza possente. Per superare la crisi interiore, da cui si sente devastato e privato della forza vitale, decide di recarsi in una clinica psichiatrica, nella quale inizia una terapia analitica per capire le origini e le cause del suo disagio umano ed esistenziale. In particolare è sorprendente la capacità di Philip Roth di mettere a confronto i pazienti della clinica, alcuni dei quali hanno tentato il suicidio, per rappresentare in modo chiaro e convincente le forme diverse che può assumere la malattia mentale, la cui comprensione appare misteriosa e sfuggente.

Dopo la cura nella clinica, avendo ritrovato la serenità interiore, Simon ritorna a vivere nella sua casa da solo. Riceve alcune offerte di lavoro, che non accetta, poiché non si sente in grado di ritornare a recitare. Proprio in questo momento, quando medita di affidarsi ad un esperto per farsi aiutare a ritrovare la fiducia in sé stesso, Simon incontra una donna più giovane, che peraltro aveva conosciuto da bambina. Peegen, questo è il suo nome, è la figlia di due attori, con cui Simon ha avuto in passato frequenti rapporti di collaborazione ed amicizia. Oltre al divario di età fra Simon e la giovane donna, l’anomalia di questa relazione sentimentale è data dalla circostanza che Peegen, essendo lesbica, ha sempre amato persone del suo stesso sesso. In ogni caso, durante il suo rapporto con Simon, l’attore di successo in crisi, in Peegen avviene una stupefacente trasformazione, sicché scopre di essere innamorata per la prima volta di un uomo. Peegen modifica il proprio aspetto esteriore, mettendo in risalto la sua personalità e la sua femminilità latente.

Anche se la loro storia d’amore è contrastata dai genitori di Pegeen, Simon, illudendosi, immagina di aver superato la crisi e vagheggia la nascita di un bambino ed una vita in comune con la donna. In questa parte del libro Philip Roth descrive il modo in cui si formano le illusioni nella mente umana, sicché il mondo dei sogni viene scambiato sovente con la dura realtà della vita degli uomini. Presto, deluso e disincantato, Simon, dopo essere stato abbandonato da Pegeen, si accorge di essere condannato alla solitudine e vede svanire i sogni, che con eccessivo ottimismo aveva coltivato e inseguito. Oramai solo, nelle soffitta della sua casa di campagna, riflette sul rapporto tra reale ed immaginario, e, pensando di trovarsi dinanzi al suo pubblico su di un palcoscenico teatrale, si identifica con il personaggio di un famoso testo di Anton Čechov intitolato Il gabbiano, quasi a voler dire che noi tutti nella vita siamo chiamati a interpretare una parte, poiché è impossibile mostrare senza la maschera la nostra vera identità.

Pubblicato in: 
GN23 Anno II 18 ottobre 2010
Scheda
Autore: 
Philip Roth
Titolo completo: 

L'umiliazione, traduzione italiana di Vincenzo Mantovani, Torino, Einaudi, 2010, pp. 113.

Titolo originale: The Humbling, Boston, Houghton Mifflin Harcourt, 2009.

Anno: 
2010
Voto: 
9