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LXXXII° Maggio Musicale Fiorentino. Il bel disegno di Zoni per La Straniera
Il Festival del Maggio Musicale anche quest’anno non si smentisce nelle sue scelte poco commerciali e molto attraenti che lo contraddistinguono. Cosicché, nel programma dell’82° edizione, ad accompagnare un già acclamato Re Lear di Aribert Reimann, compare la rara occasione di assistere, non in forma di concerto, al titolo La Straniera di Vincenzo Bellini per le tre date del 14, 16 e 19 maggio.
La storia, bisogna dire, è alquanto complessa, presentando anche dei punti oscuri. Ispirata al romanzo di Charles-Victor Prévot, visconte di Arlincourt L’étrangère (1825), viene affidata nel libretto a Felice Romani il quale delega importanti chiarimenti ai recitativi, che Bellini però non ha musicato perché estranei allo svolgimento della vicenda.
La Straniera riscosse un successo clamoroso quando fu rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala il 14 febbraio del 1829. Il compositore catanese dunque, reduce del gran esito del Pirata, opera alla quale spesso viene associata, perfeziona qui il suo linguaggio musicale, privilegiando nettamente i pezzi d’insieme piuttosto che i brani solistici, tanto che il tenore protagonista Arturo è totalmente privo di arie e canta solo pezzi d’insieme.
Non esistono molti riferimenti di ascolto a parte un cd che si trova facilmente sul mercato, una registrazione dal vivo dalla Fenice con la Scotto e Prior, quindi il nostro consiglio è di ascoltare la versione in forma di concerto dell'Orchestra della Radio dei Paesi Bassi NPO Radio 4,
impressionante per la splendida esecuzione dell’orchestra e la qualità dei cantanti tra cui spicca l’Arturo del tenore italo americano Leonardo Capalbo.
Un’opera rara e un giovane regista cinematografico, Mateo Zoni, recentemente assunto al mondo dell’opera con il suo raffinato lungometraggio Il Club dei 27, documentario che narra di un giovanissimo melomane, Giacomo, che vuol caparbiamente far parte di un gruppo nel quale ogni membro porta il nome di un’opera di Verdi.
Giudicare un regista al suo primo approccio a un’opera è sempre stimolante… Considerare, ponderare nuove energie e punti di vista più attuali sulla tradizione, un compito arduo e affascinante per qualsiasi critico, ma anche per qualsiasi melomane. Se però l’opera in questione è anche una rarità, la visione che possiamo definire giocosamente “fresca” perde la sua forza, poiché non si ha grande memoria storica e molti pochi punti fermi per cui si entra in un campo del tutto lecito.
Il nostro regista, ha dunque approfittato di questo suo vantaggio e osato molto in alcuni momenti cruciali, quali ad esempio la cattura della regina, complice in questo caso, il quanto mai ecclettico e giovanissimo costumista Stefano Ciammitti, di cui aspettiamo con ansia l’operato per il nuovo film di Garrone Pinocchio; ma Zoni ha saputo ben stemperare i picchi di cui sopra, mettendosi al riparo con scene armoniose e oserei dire pittoriche, come la vestizione per le sperate nozze di Isoletta o la scena finale, degna di un grande Maestro e che ci fa presagire un suo auspicabile e speranzoso seguito nella carriera operistica.
Un’altra forza indiscussa di questa produzione è stata la direzione del M° Fabio Luisi, che ha tratto il meglio dell’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, accompagnata da cantanti d’eccezione che hanno dimostrato un profondo studio di una parte che, forse difficilmente, avranno occasione di ripetere. In particolar modo il soprano georgiano Salome Jicia, nell’aria finale, concepita in stile drammatico, intona un recitativo fortemente teso, segue il largo maestoso della preghiera “Ciel pietoso”, una melodia purissima, di un genere nel quale Bellini era maestro e, dopo il suicidio di Arturo, Alaide «nell’estrema disperazione» attacca l’Allegro moderato “Or sei pago o ciel tremendo”; la cabaletta presenta numerosi acuti da prendere di slancio, con salite alquanto impervie, che la Jicia ci ha regalato con la sua splendida esecuzione accompagnata da un disegno di scena coerente e ben congegnato.