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Maggio Musicale Fiorentino. Mehta dirige Jansen e la Chovanscina
Bellissimo programma al Teatro Comunale di Firenze con l'Orchestra del Maggio Musicale diretta da Zubin Mehta: un'immersione nella musica russa con il Preludio della Chovanscina di Musorgskij ed il concerto per violino di Čajkovskij, solista Janine Jansen, ma anche uno sguardo alla Mitteleuropa tardo-romantica con la Prima Sinfonia di Mahler “Titano”.
In una stagione prestigiosa come quella del Maggio Musicale e per di più sotto la direzione di un direttore come Zubin Mehta è inevitabile essere esigenti ed avere delle aspettative di alto livello, così nella scelta del repertorio come per i solisti.
Il concerto di sabato 13 aprile al Teatro Comunale ha avuto decisamente le caratteristiche del grande evento, proponendo un programma di estrema bellezza e piacevolezza, ottimamente diretto, come dubitare, da Mehta, e con la presenza ammaliante di Janine Jansen, straordinaria interprete di uno dei più bei concerti per violino del XIX secolo.
La serata è stata aperta con il Preludio della Chovanscina, opera incompiuta di Musorgskij, in vari modi e da vari autori (Rimsky Korsakov, Stravinskij, Ravel, Sostakovic) in qualche modo completata ed orchestrata in diverse versioni, a dimostrazione della riconosciuta validità della produzione musicale di questo sfortunato e tormentato autore. Il preludio è completamente originale e rappresenta un significativo esempio del gusto musicale e dell'inventiva tematica dell'autore. Zubin Mehta ha proposto una lettura perfetta di questo brano, breve, ma di grande suggestione, esaltando la raffinata orchestrazione e l'atmosfera inconfondibilmente russa.
Dopo questa breve escursione solo strumentale la presenza sul palcoscenico di Janine Jansen ha catalizzato ed ipnotizzato l'attenzione del pubblico con l'esecuzione del celeberrimo concerto per violino di Čajkovskij. Già l'attacco con il celebre tema ha svelato la bellezza del suono dello Stradivari della solista. L'esecuzione di questo concerto comporta sempre il rischio di indulgere negli effetti dinamici eccessivi o esagerare nell'enfasi dei fraseggi per appagare ulteriormente l'uditorio.
La Jansen non ha avuto certo bisogno di ricorrere a questi espedienti proponendo un'esecuzione che ha esaltato certamente le caratteristiche virtuosistiche della composizione ma sempre conservando uno stile ed una sobria raffinatezza tipica solo dei grandi interpreti, risolvendo con disinvoltura ed apparente facilità anche i passaggi più impegnativi, e regalando al pubblico momenti di altissima poesia nelle sezioni liriche del primo movimento e nel sognante secondo movimento. Già al termine del primo movimento l'entusiasmo del pubblico si è manifestato con un incontenibile e lungo applauso, in deroga alla norma non scritta che impedirebbe queste interruzioni, ma in questo caso assolutamente trasgredibile. L'ultimo movimento, travolgente ed inarrestabile, ha scatenato alla conclusione una meritata ovazione ed entusiastici applausi, del pubblico, dell'orchestra tutta, con ripetute chiamate in scena, sotto lo sguardo affettuoso ed ammirato del M° Mehta, quasi in disparte per non sottrarre attenzione alla solista. L'affetto e l'euforia scatenati dall'esecuzione sono stati ricambiati con la concessione, come bis, di un rarefatto brano di Bach per violino solo, impeccabile e commovente.
Seconda parte del concerto dedicata alla Prima Sinfonia di Mahler, prima grande prova di un autore con una forma, la sinfonia appunto, che grazie al suo genio produrrà le ultime e più significative composizioni per orchestra sinfonica a cavallo dei secoli XIX e XX.
A differenza da quanto generalmente ci si attende da un autore da opere cosiddette “giovanili” o all'inizio della produzione strumentale, nella “Prima” di Mahler, compaiono già, in una sorta di sintesi e prefigurazione di quanto apparirà nelle sinfonie successive, molte delle caratteristiche dell'inconfondibile linguaggio mahleriano e della sua straordinaria capacità come orchestratore ed utilizzatore di tutta la gamma timbrica della grande orchestra sinfonica.
Zubin Mehta, perfettamente assecondato dall'Orchestra del Maggio, ha evidenziato ogni particolare della scrittura, ora sognante, ora ironica, con citazioni di temi popolari, fanfare e quadri bucolici, con cambi ritmici di umore inaspettati ed una inesauribile inventiva melodica.
Straordinario il terzo movimento, la celebre versione in tonalità minore del “banale” canone popolare “Fra Martino”, nel quale Mehta ha creato una cupa atmosfera decadente e pessimistica, assecondando l'intenzione di Mahler di dare voce ad un secolo che si stava concludendo ed affacciandosi su nuovo e sconosciuto scenario politico, sociale ed economico, in un clima di cambiamento sociale e culturale mai così percepito come in quel momento.
Tensione caricata e scatenata nel tumultuoso ultimo movimento nel quale è emersa la bellezza e duttilità della sezione dei fiati e degli ottoni dell'orchestra, sino alla celebre e trionfale “cavalcata” finale.
Anche in questo caso approvazione entusiastica del pubblico, ripetute chiamate in scena per il grande Mehta, che ha doverosamente ringraziato, sezione per sezione, i fiati, gli ottoni, i corni, gli archi tutti, protagonisti ed indispensabili elementi di una costruzione musicale articolata che in ogni occasione travolge e coinvolge l'uditorio.
In occasione dell'ennesima chiamata in scena, il M° Mehta ha manifestato l'intenzione di dire qualcosa e, nel silenzio più assoluto, ha semplicemente detto, per poi uscire senza altro aggiungere: ”Non lasciateci morire”, amara e drammatica denuncia della situazione che sta vivendo la cultura e produzione musicale in Italia in generale ed a Firenze in particolare. Affermazione che, per quello che può servire, ma ancor più dopo essere stati spettatori di un concerto del genere, facciamo nostra ed amplifichiamo attraverso queste righe.