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Massimo Recalcati racconta l'esperienza del lutto e della perdita
In questo libro, intitolato La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia, edito dalla casa editrice Feltrinelli, Massimo Recalcati affronta il dolore che segue ad ogni perdita. Nota, acutamente, che in ogni istante della nostra vita c’è qualcosa che si spegne, si stacca da noi, si separa dal nostro destino e scompare per sempre. È notevole, in riferimento all'esperienza dolorosa e traumatica della perdita, la sottile distinzione proposta nel libro tra sparizione e separazione. Quando mancano le parole per descrivere il troppo dolore, quanto ogni cosa è perduta e compromessa, quando si è alla fine delle proprie forze e muore in modo definitivo qualcosa in cui abbiamo creduto, in questi casi la separazione assume le forme gelide e tremende della sparizione.
Roland Barthes, nei Frammenti di un discorso amoroso, ha definito la separazione con l’immagine letteraria di due navicelle che si allontanano nello spazio, sicché non sono più in grado di intercettare i messaggi l’una dell’altra. Sovente la vita di ciascuno di noi pare segnata dalle perdite e dalle ferite che l’hanno attraversata, come dai fantasmi dei nostri morti, da cui siamo stati separati per sempre. La separazione non divide il soggetto dall’oggetto perduto, ma lo divide da una parte di sé stesso. Questo spiega lo sguardo smarrito e angosciato di chi sta vivendo il lutto dovuto alla perdita e alla separazione dall’oggetto amato. La condizione del lutto comporta il riconoscimento che l’oggetto perduto è ancora presente nella nostra vita. In questo caso si assiste alla fine di un mondo condiviso, quello degli amanti. Non vi è in questi casi solo il dolore legato alla perdita della persona amata, ma la sensazione di avere perso una parte significativa della propria vita, oramai irrecuperabile.
Tra i libri più belli scritti sul tema della perdita, Recalcati cita il Diario di un dolore (A Grief Observed) scritto dallo studioso di storia medievale, C. S. Lewis, professore a Cambridge, il quale stabilisce un confronto molto pregnante da credente tra l’assenza dell’oggetto amato e l’assenza di Dio. In questo caso il senso della perdita è acuito dalla legge dolorosa del silenzio e della desolazione che lo accompagna. Recalcati osserva che, come la condizione umana è segnata dal suo destino mortale, a cui non può sottrarsi, allo stesso modo ogni legame implica e comporta la possibilità della sua dissoluzione. Lacan a questo proposito notava nei suoi studi che il desiderio della persona umana è tale da coincidere con il desiderio altrui. Infatti, senza la presenza dell’altro la vita non si umanizza e resta votata alla insensatezza e alla mancanza di senso. Per questo l’uomo non è solo un animale sociale, come notava Aristotele, ma è un animale che prega, che attraverso la preghiera invoca una risposta dall’altro: puoi perdermi? Mi ascolti? Per questo motivo la perdita che segue la fine di una storia d’amore non comporta solo la scomparsa della persona amata, quella che Freud chiamava la perdita di un oggetto narcisisticamente significativo, ma la perdita incolmabile del mondo intero formato dalla coppia. In questi casi si ha la esperienza dolorosa per cui chi mi ha respinto e rifiutato non avverte più la mia assenza e mancanza.
L’attesa è quanto trasfigura quest'assenza in una promessa della presenza. La figura di Penelope scolpita nell'Odissea è da questo punto di vista molto significativa, visto che attende il ritorno di Ulisse e il passare degli anni non scalfisce, non sopprime, non indebolisce la sua attesa che sfida il tempo e le sofferenze legate alle privazioni. Il trauma della perdita appare ancora più doloroso se si tiene presente che non c’è più l’altro ad attendermi. Nella morte la sparizione assume le forme reali della sparizione della persona a cui si era legati. Il morto, non facendo più parte del mondo dei vivi, abita un luogo invisibile. Per Lacan il rito funebre definisce l’origine ed il principio dell'umanizzazione. Il lutto è l’esperienza dolorosa che deve sperimentare chi resta in vita, essendo chiamato a misurarsi con la sua impotenza al cospetto della forza sovrumana e distruttrice della morte. L’esperienza del lutto è una conseguenza della perdita. Questo avviene quando scompare una persona amata, quando giunge alla fine una storia d’amore, quando si spezza un legame di amicizia, oppure qualsiasi relazione che abbia avuto un'importanza notevole nella vita di una persona.
La scomparsa dell’oggetto amato comporta un cataclisma psichico per il soggetto che subisce l’effetto della perdita. Recalcati spiega in che senso i tempi della sparizione e quelli della separazione sono disgiunti. La perdita dell’oggetto amato comporta una separazione di fatto. Tuttavia è fondamentale che la separazione sia simbolizzata dal soggetto, perché venga psichicamente digerita ed elaborata. Proprio perché l’altro non c’è più, continua ad esserci nella forma del ricordo, del rimpianto, della nostalgia. Citando il testo di Freud su Lutto e melanconia (Trauer und Melancholie,1917), Recalcati osserva che l’angoscia melanconica si distingue dall'angoscia più comune, poiché scaturisce e trae origine dall'impossibilità della separazione, in quanto il soggetto mantiene un'adesione pervicace verso l’oggetto perduto in modo definitivo.
La bizzarra angoscia melanconica secondo Freud deriva dall'inspiegabile fissazione della libido del soggetto sull’oggetto perduto. Chi agisce in tal senso viene meno inspiegabilmente al rispetto del principio di piacere che guida i comportamenti umani, sicché è normale ricercare la gioia della vita ed evitare il dolore ed il dispiacere. In questi casi emerge la dimensione persecutoria della memoria melanconica, in quanto l’assenza dell’oggetto perduto tormenta ed assedia il soggetto. In questi casi, per Recalcati, la sparizione dell’oggetto d’amore non coincide con la sua separazione, poiché, anche se l’oggetto non c’è più, è come se fosse stato incorporato e fatto proprio secondo un'introiezione immaginaria dal soggetto, che non riesce a registrare psichicamente la sua perdita definitiva.
In quali casi il lutto è rigettato? Si ha il rifiuto dell'elaborazione del lutto, quando l’oggetto perduto viene idealizzato mediante un'allucinazione che lo rende eternamente presente malgrado vi stata la sua perdita definitiva. L’allucinazione concepita in questi termini rappresenta l’alternativa al lavoro del lutto. I due rifiuti radicali del lavoro del lutto consistono nella melanconia e nella mania. Nella melanconia ciò avviene prolungando in modo indefinito la condizione luttuosa, con il rifiuto della separazione simbolica dall’oggetto perduto. Nella mania, il lutto viene sistematicamente negato dal soggetto che con baldanza pensa di poterlo sostituire, senza vivere l'esperienza dolorosa della separazione. Per evitare questa doppia deriva, occorre riconoscere che l’esperienza del lutto è dolorosa ma necessaria, poiché può dare luogo a un lavoro di elaborazione psichica capace di condurre il soggetto alla separazione simbolica dall’oggetto perduto.
Il lavoro del lutto è un lavoro simbolico attorno alla perdita dell’oggetto amato, che è capace di evitare il rischio che il soggetto sprofondi nell’abisso della nostalgia melanconica e che si erga contro l’oggetto perduto pensando in modo maniacale di poterlo sostituire con un altro oggetto. Si tratta – e l’esperienza di Recalcati nel libro appare suffragare la tesi che sostiene – di favorire un lento e atroce lavoro psichico. Perché abbia un esito felice, è necessario che la libido ritorni ad investire sé stessa su nuovi oggetti, che abbandoni la fissazione melanconica sull’oggetto perduto, come riteneva necessario fare Sigmund Freud. La nostalgia melanconica secondo Freud discende dalla sopravvalutazione dell’oggetto d’amore, legata al fenomeno immaginario dell’innamoramento quale forma di idealizzazione. Pertanto memoria, dolore e tempo sono le tre fasi che accompagnano il lavoro del lutto. Belle le pagine finali di questo straordinario libro sulle tre forme di memoria: la memoria archivio, la memoria spettrale, e la memoria avvenire. Un libro di notevole valore culturale e filosofico.