Il Messiah di Dublino diretto da Fabio Biondi a Santa Cecilia

Articolo di: 
Daniela Puggioni
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La stagione di musica sinfonica dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il 17 dicembre 2011 (repliche il 19 e 20) ha offerto, come ultimo concerto di dicembre, il Messiah di Händel, nella versione di Dublino, diretto da Fabio Biondi.

L'invito del luogotenente d'Irlanda, il duca di Devonshire, a nome di tre associazioni benefiche a recarsi a Dublino, nel 1741, giunse in un momento assai opportuno. Arrivò, infatti, dopo che Händel si vide costretto ad abbandonare l'attività di impresario  e compositore d'opera a causa degli insuccessi e dei conseguenti disastrosi rovesci finanziari; anche i primi oratori inglesi non ebbero l'accoglienza sperata.

Il Messiah fu quindi composto per Dublino, in ventiquattro giorni, ed è l'unico oratorio inglese il cui argomento è tratto dal Nuovo Testamento. Il testo di Jennens, autore anche del libretto del Saul, fu tratto dalle Sacre Scritture, Antico( Salmi) e Nuovo Testamento, Lettere degli apostoli e Apocalisse. Non è un oratorio drammatico, non ha personaggi ma ruoli vocali e il testo è una meditazione su l'Avvento, la Passione e la Redenzione, le tre parti in cui è diviso l'oratorio.

In Irlanda Händel non ebbe problemi con il testo, in quanto l'intento filantropico e il diverso atteggiamento del pubblico dublinese  gli risparmiarono quelle accuse di blasfemia dell'ambiente londinese, che non accettava la rappresentazione di soggetti sacri a teatro. A Londra, infatti l'oratorio fu presentato come Nuovo oratorio Sacro omettendo il nome e non ebbe il successo di Dublino, fino al 1750 quando si cominciò a proporlo annualmente a scopo benefico.

Il Messiah fu eseguito la prima volta il 13 aprile 1742 ottenendo un grande successo per cui ebbe ulteriori repliche. La parte musicale del Messiah per arie e recitativi è nello stile dell'opera e delle cantate di tradizione italiana e alcuni brani poi sono parafrasi di brani profani che Händel aveva scritto in precedenza. La parte corale è nel solco della tradizione tedesca delle Passioni e dei solenni anthems inglesi, inni sacri anglicani. Un esempio celeberrimo è l'Alleluja che formalmente è scritto come un anthem dell'incoronazione e non è un caso che ci sia la consolidata tradizione britannica di alzarsi in piedi durante la sua esecuzione.

La grandezza di Händel nella composizione di questo capolavoro è di aver fuso queste diverse tradizioni in modo mirabile creando uno stile originale in cui trova posto anche la splendida Ouverture di stile francese. A Dublino il musicista trovò l'organico molto esiguo del complesso di Stato di Dublino, per cui non poté adottare la scrittura per concerto grosso, in cui gli archi sono divisi tra concertino, solisti, e tutti, concerto grosso. Ai pochi archi  aggiunse due trombe e i timpani. Händel aumentò l'organico nelle successive esecuzioni londinesi al Foundlin Hospital aggiungendo, oltre agli archi che raggiunsero il numero di venti per avere un sostanzioso concerto grosso, quattro oboi, quattro fagotti, corni trombe e timpani.

Per il coro ricorse ai cori delle due chiese principali di Dublino avendo anche problemi, per l'opposizione  del decano del St. Patrick, Jonathan Swift, l'autore de I viaggi di Gulliver, che odiava la musica e che concesse ai coristi di partecipare solo dopo un lungo braccio di ferro. I cantanti furono nove: due soprano tre contralti due tenori e due bassi, scelti tra i coristi oltre a questi ci fu la brava soprano Maria Cristina Avoglio e tra i contralti Susanna Cibber, celebre attrice che recitò a lungo con Garrick, dalla voce esile ma molto espressiva.

L'interpretazione che abbiamo ascoltato il 19 dicembre è stata musicalmente molto convincente; il coro, che ha una parte preponderante e molto impegnativa, è stato ben preparato da Ciro Visco  e l'orchestra che ha usato gli strumenti usuali è stata ben diretta da Fabio Biondi che ha diretto molti dei brani suonando magistralmente il violino. Il cast è stato di buon livello, Romina Basso, contralto, è stata un' interprete, efficace sia nelle arie che nei recitativi più drammatici; bene anche Carolyn Sampson.

Il problema è stata la scelta di eseguire questa versione del Messiah in una sala così grande, trascurando il fatto che anche all'epoca l'organico era commisurato all'ampiezza della sala, che in quella occasione fu di settecento posti e per questo il Messiah non ha avuto l'impatto sonoro grandioso e solenne concepito dal suo creatore.

Pubblicato in: 
GN8 Anno IV 2 gennaio 2012
Scheda
Titolo completo: 

Auditorium Parco della Musica
Sala Santa Cecilia 17/ 19/ 20 dicembre 2011

Orchestra e Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Fabio Biondi direttore

Carolyn Sampson, soprano
Romina Basso, contralto
Jeremy Ovenden, tenore
Vito Priante, basso