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Milano La Scala. Il sogno d'amore dei Maestri Cantori
Uno dei più lunghi, poderosi, portentosi per musica e libretto, titoli di Richard Wagner torna al Teatro alla Scala di Milano dopo 27 anni: Die Meistersinger von Nürnberg, secondo la produzione dell'Opernhaus di Zurigo e la regia di Harry Kupfer che l'ha allestito lì nel 2012 insieme a Hans Schavernoch per le scene; costumi di Yan Tax; alle luci Jürgen Hoffmann. La coreografia è firmata da Derek Gimpel, che alla Scala riprende anche la regia di Kupfer, mentre ai video c'è Thomas Reimer. Sul podio, Daniele Gatti, che ha inaugurato la stagione a Roma con un altro titolo wagneriano, Tristan und Isolde.
Al contrario di quanto dichiarato da molti – e sicuramente si è trattato di una "pomeridiana" fortunata, una delle recite di ScalaAperta (con posti per tutti alla metà di un prezzo forse ormai troppo esoso anche per la ricca Milano che ha trovato il teatro piuttosto vuoto in platea, poi riempito da tutti coloro che sono giustamente scesi) –, il tenore Erin Caves (americano di stanza a Stoccarda, è stato già Tristan, ed Erik invece in Der Fliegende Holländer), che è stato lo stigma difficile di questa serie wagneriana dedicata all'Opera ed alla Lirica Tedesca per antonomasia, "culla dei miti della civiltà teutonica", anche se non dotato di una voce possente come richiesto dalla parte del provetto cantore Walther Von Stolzing, ha degnamente retto fino alla fine e nei due momenti più commoventi, ovvero la costruzione della sua aria – che nel libretto è un "Bar" – per partecipare alla gara e vincere la sua bella Eva (mai nome più topico sarebbe adatto per detta gara) nell'atto terzo e nel meraviglioso quintetto "estatico" – che rimanda quasi alla trasfigurazione finale di Isolde nel Tristan – con Eva, Hans, David e Magdalene, che fa struggere ogni cuore nel calore delle poetiche parole e nella musica che Gatti riesce perfettamente a calibrare con il canto.
Vero protagonista assoluto insieme a Gatti, che ha reso un'apoteosi di raccordo musicale senza soluzione di continuità questi Maestri Cantori, è stato lo straordinario Hans Sachs di Michael Volle: tedesco del Baden-Württemberg, proveniente dal rinomato Nationaltheater di Monaco di Baviera, dove nel 1868 c'è stata la prima assoluta dei Meistersinger (allora chiamato Teatro Reale di Corte come ci avvertono le note del Maestro Quirino Principe) - sotto la direzione di Hans von Bülow, alla presenza di Wagner e del re Ludwig II di Baviera, mecenate del compositore - ed ha partecipato a festival notoriamente lussuosi dal punto di vista musicale, come quello di Baden-Baden con Rattle ed i suoi Berliner, ovviamente Bayreuth e farà Der Fiegende Holländer e Tosca al Metropolitan di New York quest'anno. Volle ha sostenuto con brillantezza una parte che ha anche un carattere di riflessione metafisica nel suo soliloquio (atto secondo, scena prima): quando pensa al profumo di lillà e a come riconoscere e produrre arte poetica è incomprensibile ed "incommensurabile" (unermeßlich in tedesco). La grande visione di Hans Sachs, effettivamente vissuto e quindi ricalcato sul maestro calzolaio - come lo stupido Beckmesser (perfettamente calibrato Markus Werba nella parte) rispecchia il feroce e infido critico Eduard Hanslick, odioso a Wagner - si rivela in queste parole: "chi nasce cantore trova tra i maestri la peggiore accoglienza", riferendosi al povero Walther che all'inizio spicca passettini molto vacillanti in un mondo chiuso come quello della lirica medievale (come la voce di Caves purtroppo, come dicevamo). Estremamente ricco di armonia vocale il duetto tra Eva ed Hans che avviene prima della sua riflessione metafisica: lei, interpretata da Jaquelyn Wagner (immaginiamo fiabescamente parente alla lontana anche se americana, e di stanza alla Deutsche Oper per la sua carriera da qualche anno) si è dimostrata all'altezza della parte, soprattutto nei canti a più voci.
Eccellenti tutti i Maestri Cantori, in particolare il Kothner di Detlef Roth ed il padre di Eva, Veit Pogner di Albert Dohmen, da cui parte tutta la gara, visto che si è deciso, in termini maschilisti, di "donare" Eva come sposa a chi vincerà la gara tra i Maestri Cantori, indipendentemente dai suoi gusti e dalle possibili e catacombali (s)fortune canore.
Le scene, curate da Hans Schavernoch, erano suggestive al'inizio con la bella chiesa gotica e diroccata di San Lorenzo a Norimberga dopo la sconfitta nazista – però a lungo andare mostravano soprattutto le impalcature senza grandi novità da un atto all'altro, financo l'ultimo, in cui è stata allestita una sorta di pedana per i Maestri Cantori sulla destra.
Il "punto Callas", leggermente sulla sinistra rispetto al centro, è stato sfruttato da tutti, primari e comprimari e di Volle ne abbiamo gustato la resa plurima nel suo cantato più completo, per un personaggio di per sé amabile e rispettabile, oltreché rispettoso di quell'arte tedesca che non significa per forza andare a scavare nei retrovia nazisti, piuttosto la voce della cultura di una terra che affonda le sue radici nei Minnesänger di pregiata fattura medievale. I "Cantori d'amore", che Walther con Hans Sachs rappresentano in pieno e cui Wagner ha dato splendida voce – cito la melanconica e romantica seconda strofa di Walther che vincerà con l'intero Bar il giudizio dei Maestri Cantori e verrà accolto tra di loro:
"Nel crepuscolo della sera mi chiudeva la notte;
su ripido sentiero
m'ero accostato
bene ad una fonte
di limpida onda,
che ridendo m'allettava:
colà, sotto un albero d'alloro,
tutta irradiata di stelle
io scorsi nel mio vigile sogno di poeta,
con santo dolce aspetto
irrorantemi della nobile onda
la più sublime delle donne:
la Musa di Parnaso!"
Ecco, il sogno di Wagner, come nel Tristan und Isolde, è svelato da un filtro d'amore che si traduce in sogno d'amore (Liebestraum); qui si trasla nella fattura poetica del sogno che chiama ancora l'amore di una coppia: Eva e Walther, e qui è Sachs, con la sua arte, che spinge Walther a tradurre il sogno nella poesia – sempre il sogno è il vero filtro d'amore che duplica e rende la percezione d'amore reale per la coppia – che avvincerà i Cantori vincendo la gara.
Bravi i componenti dell'altra coppia, quella semplice e felice: David, impersonato da Peter Sonn e Magdalene da Anna Lapkovskaja. Sincronico ai cantanti ed alla direzione d'Orchestra il Coro diretto magistralmente da Bruno Casoni, seguendo il mirabile flusso del Maestro Gatti. La brillantezza d'insieme che ha saputo assicurare il Maestro ha condotto un alito della prima Bayreuth accanto al Duomo. Struggente nei passaggi più poetici, le arie di Sachs e Walther, ha incatenato note e parole in un inebriante flusso di grazia nell'incanto suggestivo della distanza.
Ripetuti applausi negli intervalli e scroscio finale meritatissimo per tutti. Al prossimo Liebestraum wagneriano.