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Napoléon. Lo stratega secondo Ridley Scott
Se un regista versatile e poliedrico come Ridley Scott decide di realizzare quello che potremmo chiamare un colossal biopic su Napoleone Bonaparte, le aspettative saranno elevate e disporranno gli spettatori ad attendersi un film degno del suo estro creativo.
Non dimentichiamo che Scott è il regista di capolavori di vario genere, che vanno dalla fantascienza di Alien, Blade Runner e Sopravvissuto - The Martian, fino a colossal storici come I duellanti, 1492 - La conquista del paradiso, Il gladiatore, Le crociate - Kingdom of Heaven, Robin Hood, e The Last Duel, per non parlare del mafiamovie American Gangster, o del road movie Thelma & Louise. Del resto, l'età napoleonica era stata da lui affrontata ne I duellanti (The Duellists), del 1977, suo film d'esordio. Sicché non è da stupire che in età avanzata sia voluto ritornare a quello che potremmo definire un vecchio amore, osando per giunta il cimento in un'opera che aveva tentato finora solo Abel Gance, in un capolavoro del cinema muto (Napoléon, 1927). Il Napoleon di Ridley Scott è naturalmente un altro "prodotto", ma in qualche modo cerca di recuperare lo spirito del suo lontano "antenato" di quasi cent'anni fa.
Nel valutare il film, bisogna astenersi, a mio parere, da due "tentazioni": quella di fargli le pulci relativamente alla fedeltà storica nei minimi particolari; e quella di evidenziare le "lacune" nel continuum narrativo rispetto ad alcuni cosiddetti grandi eventi. Per il primo caso, perché quella del regista, e dell'attore principale, è chiaramente un'interpretazione originale dell'epopea napoleonica, rispettosa quanto basta della cosiddetta verità storica, ma anche desiderosa di tratteggiare un personaggio in un'ottica parziale ed ermeneuticamente interessata. Per il secondo caso, bisogna considerare che il film presente nelle sale è ridotto rispetto alla cosiddetta director's cut originale: due ore e mezza contro oltre quattro ore, nelle quali probabilmente hanno trovato spazio anche la campagna d'Italia e la battaglia di Lipsia, assenti nella versione cimematografica corrente.
Non dimentichiamo comunque che il lungometraggio di Ridley Scott non è, né vuole essere, un documentario fedele al 100% ai particolari storici, ma un prodotto artistico creativo. Come tale, ad esso si possono applicare le parole di Alessandro Manzoni nella lettera al Marchese Taparelli D'Azeglio, allorché disse che "il vero tanto lodato e tanto raccomandato nelle opere d’immaginazione non ha mai avuto un significato preciso. Il suo ovvio e comune [significato] non può essere applicato a queste, perché di consenso universale, vi debbe essere dell’inventato, cioè del falso"; o quelle del grande scrittore romantico Walter Scott, omonimo del regista, quando sottolinea, nell'introduzione al romanzo Ivanhoe, di aver omesso i motivi di contrasto fra Sassoni e Normanni in fatto di costumi e di sentimenti, facendo subire alla storia "delle ovvie forzature presentando i Sassoni ancora esistenti come una schiatta di nobili, marziale e di grande ingegno" (He does not recollect that there was any attempt to contrast the two races in their habits and sentiments; and indeed it was obvious that history was violated by introducing the Saxons still existing as a high-minded and martial race of nobles).
Del resto, Napoleon si configura come un'epopea d'azione ricca di spettacoli che racconta la travagliata ascesa di Napoleone Bonaparte, interpretato dal premio Oscar Joaquin Phoenix: il film cattura l'inarrestabile viaggio di Bonaparte verso il potere attraverso il prisma della sua relazione dipendente e volatile con il suo unico vero amore, Giuseppina di Beauharnais (una più che adeguata Vanessa Kirby, sicura di sé ed ironica al tempo stesso), mostrando le sue visionarie tattiche militari e politiche con alcune dinamiche sequenze di battaglie. Sicché le omissioni, aggiunte e deformazioni (qui un breve elenco: Napoleone, almeno nelle ultime battaglie, non combatteva alla testa del suo esercito; nella battaglia di Austerlitz non era presente un gigantesco lago ghiacciato; Napoleone e Arthur Wellesley, il Duca di Wellington – ottimamente interpretato da Rupert Everett –, non si sono mai incontrati; l’esercito di Napoleone non ha mai cannoneggiato le piramidi d’Egitto; il giovane Bonaparte non era presente all'esecuzione capitale di Maria Antonietta, con cui si apre il film) vanno comprese all'interno dell'economia generale della pellicola.
Scott non vuole indulgere a quell'oleografia di maniera che vede in Napoleone uno dei più grandi condottieri militari di tutti i tempi, che ha suscitato critiche e ammirazione da parte di studiosi, politici e dei suoi stessi sudditi. Come è noto,sia
la sua ascesa al potere sia le sue dure e strategiche campagne militari sono famose e hanno influenzato le generazioni successive, da Winston Churchill a Friedrich Nietzsche. E l'immagine oleografica lo vede come un generale spietato in guerra e come un imperatore tiranno nel suo Paese, ma anche come un liberatore, figlio della rivoluzione francese, che veniva dal nulla e che fu uno dei primi nella storia a dimostrare che il talento di comando poteva provenire da qualsiasi classe sociale. Ecco perché il successo di Napoleone sul campo di battaglia è passato alla leggenda. La sua genialità tattica e la sua fama spietata erano tali che il mondo ha avuto bisogno di sette diverse coalizioni di potenze europee per sconfiggerlo. Ma fuori dal campo di battaglia, la sua ossessione per Giuseppina - la sua amante, la sua moglie, la sua imperatrice - avrebbe definito la sua vita tanto quanto qualsiasi battaglia.
Del resto, il regista ha voluto tratteggiare, delle vicende napoleoniche, soprattutto l'ascesa fulminante di un genio militare, la possibilità di mostrarne la dualità e la psicologia su scala epica come pochi altri registi potrebbero tentare. "Ho una predilezione per i drammi storici, perché la storia è così interessante", ha dichiarato. "La storia napoleonica è l'inizio della storia moderna. Ha cambiato il mondo, ha riscritto le regole”. Come avrebbe detto Hegel (che vedendo Napoleone a Jena si riferisce a lui chiamandolo "quest'anima del mondo che esce a cavallo dalla città, in ricognizione, che spazia sul mondo e lo domina" - Den Kaiser – diese Weltseele – sah ich durch die Stadt zum Rekognoszieren hinausreiten; – es ist in der Tat eine wunderbare Empfindung, ein solches Individuum zu sehen, das hier auf einen Punkt konzentriert, auf einem Pferde sitzend, über die Welt übergreift und sie beherrscht), l'imperatore francese incarna il prototipo dell'individuo cosmico-storico (weltgeschichtlicher Mensch).
Per Scott, Napoleone risultò troppe volte prigioniero del proprio cuore e delle proprie emozioni, ingrediente fondamentale per renderlo un ottimo personaggio per un film. In lui si combinavano le qualità del grande stratega, del politico visionario e del militare intuitivo e spietato. Scott rimase affascinato dal fatto che un uomo del genere, che stava per conquistare Mosca, potesse essere ossessionato da quello che faceva sua moglie a Parigi nel segreto dell'alcova.
Il produttore Mark Huffam, che ha lavorato a molti progetti di Scott nel corso degli anni (tra cui film come House of Gucci, The Martian e Prometheus), ha affermato che Napoleon è un film che solo le grandi visioni, la tenacia, l'abilità e l'esperienza di Ridley Scott avrebbero potuto realizzare, unitamente a una dose di coraggio che giustifica anche la trasformazione in epica di momenti e gesti quotidiani, grazie alle capacità mimetiche di Joaquin Phoenix.
Del resto, il soggetto è tale da aver intimidito alcuni dei più grandi registi della storia, come lo stesso Stanley Kubrick, il cui famoso progetto su Napoleone non venne mai realizzato. Come regista, Scott sa per esperienza diretta di avere una responsabilità sia nei confronti della storia sia dell'arte cinematografica, creando impressioni sui soggetti che permettono loro di prendere vita per il pubblico (come accadde con Il gladiatore: al di là delle deformazioni filologiche, per molti quel film aveva fatro rivivere l'Impero Romano e reso gli suoi studenti entusiasti della materia). Scott paragona la realizzazione di un film storico a "un'equazione matematica: potrebbe essere successo questo o quello; viene dalla ricerca e si fa una scelta".
Scott afferma di essere stato altrettanto attratto tanto dall'idea di esplorare la psicologia del personaggio di Napoleone quanto dal filmare lo spettacolo delle sue epiche battaglie. "Penso che uno dei motivi per cui le persone sono ancora affascinate da Napoleone sia perché aveva un carattere così complicato", sostiene. E gli fa da controcanto il co-produttore Huffam, per il quale nella vita di Napoleone ci sono stati conflitti e dualità, a cominciare dalla sua eredità di generale e imperatore. Senza dubbio, infatti, Napoleone realizzò grandi imprese per la politica e per l'uomo comune (e forse un cenno al Codice civile non avrebbe guastato, nel film), facendo in modo che chiunque potesse diventare un generale o un politico, anziché solo i membri dell'aristocrazia. "Ma, naturalmente, era un dittatore e il sangue sulle sue mani è orrendo. Questo equilibrio è qualcosa che volevamo esplorare durante la realizzazione di questo film".