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Nymphomaniac vol. 2. Il Potere e l'Anello
La fucina del Nibelheim si ascolta nel frastuono della seconda parte di Nymphomaniac di Lars Von Trier: Wagner über Alles affermiamo, è questa la chiave di lettura non solo di Nymphomaniac ma anche di Melancholia, ed ora viene fuori il perché. Nulla è a caso nella genesi delle sue opere come in quelle di Wagner ed in quell'enclave cavernosa dei Nani della terra nibelungica si fabbrica l'Anello del Potere che rifuta l'Amore. Dall'Oro del Reno (Das Rheingold) Alberich forgia l'Anello della “maledizione dell'amore” (in quanto dovrà rinnegarlo per possederlo), come testimoniano le Figlie del Reno al quale lo ha rubato, consapevole delle conseguenze.
Von Trier pigia duro nella seconda parte di Nymphomaniac e spiega finalmente – sebbene tortuosamente, e a chi non conosce Wagner questo non dirà nulla – qual è l'obiettivo finale, al quale fanno capo anche gli altri scopi: potremmo parlare di “variazioni su tema”, oppure di linee parallele che giungono però allo stesso pianeta, quella Melancholia che ha annunciato come il patto tra religione, potere e “amore”, rappresentato dal matrimonio occidentale (cristiano in particolare), sia la vera Maledizione dell'Amore. Quell'anello che rappresenta il patto di consacramento dell'uomo alla donna e viceversa è lo stesso del Potere sugli altri esseri umani: quello che Alberich fa forgiare a Mime nella caverna del Nibelheim (Heim è regno: il regno dei Nibelunghi, nani che lavorano nelle viscere della terra): e la Verwandlungsmusik (dove si sentono netti i rumori dell'incudine mentre batte sull'oro), ovvero l'Interludio (detto anche musica della trasformazione) della terza scena di Das Rheingold di Wagner, è l'incipit di Von Trier dopo la “levitazione” di Joe dovuta alla “colpa” dell'orgasmo (con annesse visioni esplicative della Grande Meretrice di Babilonia dall'Apocalisse di San Giovanni; e di Messalina, nota in epoca romana come donna promiscua di liberi costumi sessuali).
La Caduta si ha quando si conosce la Colpa che in questo caso ad un certo punto Joe identifica con la propria sessualità: in realtà, la propria libera sessualità è in fondo diventata una dipendenza (come avevamo già scoperto nel primo volume del film) di cui si pentirà e vergognerà, come il commento sonoro scelto da Von Trier, con Lascia ch'io pianga dal Rinaldo (1711) di Georg Friedrich Händel, ben sottolinea:
Lascia ch'io pianga
Mia cruda sorte,
E che sospiri
La libertà.
Joe si sottoporrà a crudeli trattamenti: in senso sadomasochista, del tutto inutili. L'estirpazione stessa della sessualità da un essere umano non sradica di certo il sintomo, ovvero il desiderio, e nemmeno basta cancellare tutto ciò che lo evochi, visto che si tratta di qualcosa di indipendente dalle cose, ma non dalla nostra immaginazione. Sono sicura che questo film non è ancora finito, nel senso che manca qualcosa, nonostante la battuta di Seligman: “Se tutte queste cose che hai fatto tu, Joe, le avesse fatte un uomo, sarebbe stato del tutto normale!”, chiarisca come quello in cui viviamo sia un mondo del tutto sessuofobico e maschilista, e tutto ciò è asserito da un regista danese, ossia di un Paese dove l'apertura verso la libertà sessuale è creduta al massimo spettro.
La sessualità è generata dall'immaginazione: più immagini, più desideri. Ergo, chi si lancia su spericolati pendii è chi ne ha gnosi, e con essa li raggiunge, soprattutto quello dove si trova il fuoco, lo stesso che condanna Prometeo, condanna Brunilde. Sia per Brunilde, sia per Prometeo il desiderio è originato dal sentimento: dal voler condividere la conoscenza nel caso di Prometeo; nel salvare il frutto dell'amore per Brunilde (Sigfrido, frutto incestuoso dei fratelli Siegmund e Sieglinde, che si amarono senza sapere di esserlo). Da un desiderio di dare nasce l'amore e lo stesso desiderio, opposto al desiderio di avere di Alberich, dell'anello, del potere e del suo esercizio. Questo deve essere il cammino dell'Occidente, verso il rifiuto dell'Anello del Potere, verso la libertà del mistero e della conoscenza reciproche.