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Opera al Circo Massimo. Una Bohème impressionista
Un nuovo allestimento per la Bohème in collaborazione con Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia, con regia, scene e luci a cura di Davide Livermore e la direzione dell'astro musicale Jordi Bernàcer. Dal 14 luglio fino al 6 agosto in programma al Circo Massimo: la musica di una delle opere più celebri di Puccini, direttore del Coro del Teatro dell'Opera di Roma, Roberto Gabbiani. Dal 30 luglio fino al 5 agosto al Circo Massimo.
Una lettura tutta composta da quadri impressionisti, quella voluta da Livermore per la musica di Puccini ed il libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa che si ispira al romanzo francese Scène de la vie de Bohème di Henri Murger. Nella stesura finale l’opera sarà in quattro atti e quattro quadri. La prima rappresentazione avvenne al Teatro Regio di Torino il 1° febbraio 1896, con la direzione di Arturo Toscanini.
La Parigi simbolica e suggestiva che dipingono i quadri impressionisti ma non solo, perché i touches de couleur delle proiezioni sembravano i quadri di Ippolito Caffi, hanno donato un effetto straordinariamente invernale alla serata. soprattutto nel terzo atto, che visivamente e scenicamente mi è parso il più coerente tra le pennellate di Pissarro ed il più affascinante, convertendo quella frescura che si attardava su Roma in intensità emotiva e sensibile sulla scena antica.
Il Primo atto si apre con un dialogo tra Marcello, il baritono Luca Micheletti e Rodolfo, il tenore Piero Pretti, che mette in evidenza l’antico conflitto tra arte e realtà. Rodolfo guarda dall’alto della soffitta Parigi e impreca contro il suo caminetto non funzionante, perché né la poesia, né la pittura potranno mai accenderlo. Ecco comparire all’improvviso cibo, legna, sigari: il musicista Schaunard – il bravo Simone Del Savio - è riuscito a trovare un po' di soldi.
È la vigilia di Natale e tutti hanno una gran voglia di festeggiare. L’arrivo del padrone di casa, Benoît, interpretato da Domenico Colaianni, che reclama i soldi dell’affitto, non distoglie Schaunard, Colline (Gabriele Sagona) e Marcello dall’andare fuori a festeggiare. Rodolfo resta in casa, perché deve terminare un lavoro. Bussano alla porta: è Mimì la dirimpettaia, che non sa accendere il lume che si è spento e che per un malore sviene. Rodolfo si preoccupa e, mentre le offre un po’ di vino, inizia a corteggiarla (l'aria famosa “Che gelida manina”), raccontandole la sua storia. Mimì, a sua volta, gli rivela di essere ricamatrice e povera (“Sì, mi chiamano Mimì”): insomma si innamorano e decidono di andare al Quartiere Latino da Momus per partecipare ai festeggiamenti.
I quadri impressionisti concepiti da Livermore vengono proiettati su uno schermo sul tavolo che poi li rmanda agli schermi rettangolari sul fondale: dai girasoli di Van Gogh – che sono anche i fiori che porta Mimì in mano la prima volta che incontra Rodolfo – fino alle varie scene di Parigi (Renoir) e di nuovo a Van Gogh con la Notte stellata, ci son parsi un pochino ovvi mentre, ripeto, il fondale sula neve, e tutte le altre proiezioni, erano l'esperimento meglio riuscito e suggestivo. Regia buona e la direzione di Bernàcer media, l'Orchestra ci è parsa un po' sottotono.
I personaggi principali sono già tutti in scena dal primo atto. La voce di Luca Micheletti (Marcello) si distingue per la potenza e per il timbro chiaro; quella di Piero Pretti, (Rodolfo), dall'innata musicalità, non delude le aspettative del pubblico quando canta “Che gelida manina”, ma non sempre sale ai vertici nei momenti di grande tensione. Sia Simone Del Savio (Schaunard), che Gabriele Sagona (Colline) e Domenico Colaianni (Benoît) si mostrano tutti interpreti all’altezza del loro ruolo. L'importante voce di Mimì trova sempre in forma Vittoria Yeo purtroppo. E, nel Secondo atto, quando viene introdotto l’altro importante personaggio, Musetta, Sara Blanch la presenta in maniera aggressiva, esibendo una forte presenza scenica e l’abilità di giocare con la voce. Musetta ha litigato con Marcello: siamo in presenza dell’altra coppia di La Bohème. Per suscitare la sua rabbia, danza con l’attuale cavalier servente e si comporta come una diva. Divertente quando lamenta un bruciore e al “dove?” degli astanti risponde, dopo una sapiente pausa, “al piè”, mostrando il piede con civetteria.
Il terzo atto preannunciato prima presenta una scena sofferente, per i due innamorati che vorrebbero lasciarsi sia per la gravità della malattia di lei, Mimì, sia per l'instabile precarietà del poeta Rodolfo che l'ama nonostante tutto, ricambiato. L'opera, si conclude con una riconciliazione tra i due, prima dell tragica morte di Mimì, nel quarto ed ultimo atto.Notevole l'apoteosi pittorica con il dipinto che ritrae una giovane sprofondata malinconicamente su un divano, che la nostra Mimì riprende per posizione e struggimento.
Grande successo di pubblico e buona direzione d'Orchestra di Bernàcer, con la quale è piuttosto affiatato da anni.