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Opéra de Lyon. L'Incantatrice alla sua prima francese
Il Festival di Lione, interno alla stagione ideata dal direttore artistico dell'Opéra di Lyon, Serge Dorny, che quest'anno ha come titolo Vies et Destins (vite e destini) è stato inaugurato il 15 marzo scorso da Čarodejka (L'Enchanteresse; L'Incantatrice), nell'originale russo di Pëtr Il'ič Čajkovskij, che è alla sua prima rappresentazione in Francia. Una produzione di grande impegno per l'Opéra de Lyon a causa della durata dello spettacolo di quasi quattro ore, del gran numero dei personaggi e dell'impegno che la scrittura musicale richiede al direttore, al coro, all'orchestra e agli interpreti.
Si tratta, infatti, di un'opera del 1887 che appartiene alla maturità dell'artista ed è basata su un dramma teatrale omonimo di Ippolit Vasilevič Špažinskij, a cui Čajkovskij affidò la stesura del libretto. Il dramma, che allora ebbe grande successo, è ora dimenticato, mentre l'opera è stata rappresentata solo in Russia e solo da poco all'estero, a noi risulta al São Carlos di Lisbona nella stagione 2002-2003 e al teatro San Carlo di Napoli in quella 2016 -2017. L'Incantatrice in questione è Nastassia, un'ostessa vedova, che i clienti chiamano Kuma (comare), una donna che esercita una potente attrazione sugli uomini, non solo per la sua bellezza, ma anche per la sua intelligenza ed il suo carattere autorevole. Per questo viene considerata una pericolosa strega , qui è il punto, Kuma è colpevole di essere quello che è, di essere sé stessa liberamente. È un'accusa che noi donne conosciamo molto bene, ma in cui si rispecchiò anche l'autore, che era omosessuale e che lasciò scritto che Kuma, di tutti i personaggi che aveva creato era quello che amava di più. Mamyrov, un prete, è il suo acerrimo nemico e per questo vuole che il Principe Nikita Kurljatev, che governa Nižnij Novgorod come vicario del Gran Principe, la veda per farla imprigionare e condannare. Sortirà, invece, l'effetto contrario, perché il principe sarà affascinato da Kuma, che però respingerà le sue offerte e il tentativo di stupro con decisione e coraggio. Questo farà sì che la Principessa Evpraksija Romanovna, sua sposa, aiutata da Mamyrov anche lui desideroso di vendetta per essere stato beffato e costretto a danzare alla taverna, vorrà vendicarsi di Kuma, di cui nel frattempo si è innamorato, questa volta ricambiato, il principe Jurij, figlio della coppia principesca. Prima che i due giovani possano fuggire, Kuma verrà avvelenata dalla Principessa, a cui lo stregone Kud'ma ha dato un potente veleno; il principe Jurij verrà ucciso dal padre che ha perso la ragione mentre la madre si dispera.
L'opera che precede la Dama di picche, appartiene alla maturità dell'artista e ha una scrittura musicale molto complessa per le armonie, i ritmi, le dinamiche e i timbri, che in alcune parti anticipano quelle del '900, una complessità che è aderente alla drammaturgia e potentemente coinvolgente e ammaliante. Si apre con la descrizione dei frequentatori dell'osteria con richiami al folklore russo che evocano la celebre scena del Boris Godunov (1874). La differenza profonda è che, a parte l'arioso di Kuma, gli altri non hanno arie ma brevi interventi diversi per musica e ritmo, sono come tanti pezzi di un caleindoscopio che tutti insieme concorrono a formare la scena. Il decimino a cappella alla fine del primo atto è un vero pezzo di bravura perché lungo, difficile per l'intonazione e il contrappunto, come ha evidenziato il M° Daniele Rustioni in un incontro con la stampa che ha preceduto la recita. Nei tre atti successivi i sentimenti passionali dei quattro personaggi principali si manifestano impetuosamente, se quelli di Kuma e Yuri sono quelli solari dell'amore corrisposto, quelli della coppia principesca sono tanto violenti quanto distruttivi perché scaturiscono da pulsioni sentimentali e sessuali incontrollate: gelosia, possesso, desiderio di dominio, orgoglio. Il compositore li rappresenta attraverso i duetti che sono le forme musicali dominanti, in cui queste passioni si confrontano e si scontrano. Nel secondo atto ci sono anche brevi ariosi della Principessa e del Principe in cui espongono dolorosamente il loro stato d'animo: amore tradito della prima, il rimorso e l'ossessione amorosa del secondo, che precedono lo scontro nel drammatico duetto. Due duetti dominano anche il terzo, quello violento in cui Kuma respinge coraggiosamente la passione del Principe che vorrebbe possederla con la forza e quello della stessa con Yuri. Il giovane principe, arrivato col proposito di ucciderla, che invece si innamora di lei, che già dal primo atto aveva manifestato il suo amore per lui.
Un ruolo impegnativo è anche quello del coro soprattutto quello maschile perché oltre alla parte folkorica e di contorno, quella femminile all'inizio del secondo atto, sono ardui la conclusione del primo atto con il decimino, la scena della rivolta nel secondo, l'inizio del quarto e in particolare l'ammaliante lamento funebre che chiude l'opera. Questo coro deve essere eseguito con le peculiarità delle litanie ortodosse, con le note lievemente “sporcate”, un aspetto di non trascurabile difficoltà, è un coro scritto a parti late, con la predominanza dei bassi, erano venti, mentre i tenori, dodici, per dare quel tipico colore cupo delle litanie ortodosse. Il coro dell'Opéra di Lyon si è disimpegnato egregiamente in questo difficile compito e così l'orchestra sotto la direzione magistrale di Daniele Rustioni, che può essere a giusto titolo orgoglioso della sua riuscita. Ci rincresce che il coro, nascosto per esigenze di regia, non sia stato chiamato alla ribalta per il meritato applauso. Il numeroso cast era ben assortito, ci ha particolarmente colpito Elena Guseva, soprano, nella parte di Kuma: ha una voce vellutata, precisa, ricca di sfumature e una presenza scenica che si impone anche vocalmente; ha interpretato con sicurezza la parte che è molto lunga e ardua non solo vocalmente ma anche drammaticamente. Migran Agadzhanyan, tenore, è stato il giovane principe Yuri, che possiede uno strumento vocale limpido e morbido e ha reso con sicurezza la parte che è vocalmente impervia, bene anche nella parte scenica.
Andriy Zholdak, regista soprattutto teatrale, ha una visione onirica del teatro e ama molto il cinema di Fellini, Bergman e Tarkovski. La sua regia ha affrontato i repentini cambi di scena richiesti dall'opera con quattro unità mobili che rappresentavano l'osteria, una chiesa, il palazzo del governatore e uno spazio che ci è parso esprimesse dimensioni oniriche e dell'inconscio. I costumi e i luoghi erano immersi in una indefinita e onirica modernità con proiezioni e l'uso delle telecamere nascoste e portatili simbolo del potere che controlla e reprime, impersonato da Mamyrov, prete e ministro spione. I vari abiti che indossa Kuma sembrano una antologia del fascino femminile visto da un occhio maschile, casual, semplice, sexy e anche come appare “Vassilisa, la bella” nelle illustrazioni tradizionali delle fiabe russe, come quelle di Ivan Jakovlevič Bilibin (1876-1942). Zholdak ha inoltre dato indicazione alla soprano di deformare l'espressione così da sembrare una “fiera divoratrice”, in particolare durante l'arioso del Principe Nikita, ossessionato dall'immagine di Kuma. Anche nella prima breve apparizione, il giovane principe di ritorno dalla caccia è vestito come un principe delle fiabe, perché così appare a Kuma che se ne innamora. Ci sono anche ripetute scene di contorno all'azione con esplicite allusioni sessuali, che non riguardano i protagonisti, ma le comparse insieme ai personaggi secondari.
Nell'insieme è una regia che ha spunti interessanti, ma ha talmente sovraffollato la scena di oggetti e movimenti scenici allusivi che, non solo hanno escluso la presenza del coro in scena, ma troppo spesso distraggono dallo svolgimento musicale, in un vorticoso sovrapporsi di immagini, tanto che in alcuni momenti abbiamo sentito la necessità di chiudere gli occhi per concentrarci sulla splendida musica di Čajkovskij. Fragorosi applausi e meritatissimi alla fine per tutti gli interpreti e una vera acclamazione per la protagonista e per il direttore con qualche vigorosa contestazione per la regia.