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Palaexpo Espressionismo Live. Der Golem, Lulù e lo spirito dela carne
Due capolavori dell’Espressionismo tedesco al Palaexpo per una rassegna iniziata il 5 aprile 2011 con Il Gabinetto del Dottor Caligari di Robert Wiene (1920) ed è finita con il Faust di Friedrich Wilhelm Murnau del 1926 il 17 aprile. I due film che abbiamo seguito sono stati il 10 aprile Lulù – Il vaso di Pandora di Georg Wilhelm Pabst del 1928, ed il 13 aprile Il Golem. Come venne al mondo di Paul Wegener e Carl Boese del 1920.
In questo caso le selezioni musicali sono state prescelte da alcuni scrittori che hanno collaborato con dei dj per assemblarle poi alle particolari sequenze cinematografiche. Del primo film Lulù, si occupa Letizia Muratori (1972) il cui ultimo libro è Sole senza nessuno (2010) pubblicato per Adelphi dopo Il giorno dell’indipendenza (2009): ha esordito nella raccolta Einaudi Ragazze che dovresti conoscere nel 2005 con Saro e Sara. Le musiche per il film sono state sonorizzate dal vivo dal dj DandywOlly.
Nasce sul modello della femme fatale la Lulù terminata nel 1904 da Frank Wedekind (1864-1918) a cui diede seguito il film di Pabst. Il dramma cui Wedekind lavorò dal 1892 al 1913 fa parte di un ciclo che parte da Lo spirito della terra (Erdgeist, 1896) e termina con Lulù (Il vado di Pandora, Die Büchse der Pandora): uniti da Alban Berg nell’opera Lulù, iniziata nel 1928, e rimasta incompiuta, viene rappresentata col terzo atto completato da Friedrich Cerha dopo che Schönberg, Zemlinksy e Webern si rifiutarono, adducendo come motivo l’ardua complessità delll’opera.
Lulù, nel panorama borghese dell’epoca, denunciava l’intrinseca contraddittorietà del perbenismo di facciata che, come leggiamo in una raccolta di racconti sull’erotismo a firma di Wedekind, appena pubblicati da Iacobelli (a cura di Claudio Maria Messina), ovvero Fuochi d’artificio:
“Nella natura non esistono fatti indecenti, ma solo utili o nocivi, razionali o irrazionali.( …) Da sempre le persone più rozze hanno tratto profitti dalla timidezza diffusa che esiste di fronte all’erotismo. (…) E’ nata così la barzelletta oscena. (…) E’ uno svilire, un degradare, un insultare la sessualità. Amatissima da quelli che sono ciechi schiavi dei loro istinti.(…) Proprio le persone più rozze e sguaiate sono, fra noi, le nemiche più implacabili e più dure di un serio, rispettoso approfondimento delle questioni sessuali.” (op.cit. pp.8 e 12-13).
Quello che Wedekind nel prologo ai racconti ha scritto “A proposito dell’erotismo” professa un principio: “La carne ha un suo proprio spirito” (Ibid, p.7), nonostante i suoi detrattori. Questo viene comprovato anche da uno studio molto approfondito, di stampo filosofico-continentale, su Lulù pubblicato da Liguori: Teoria di Lulù di Rino Genovese (L’immagine femminile e la scena intersoggettiva, Napoli, 1983), dove troviamo analizzato l’assioma sovracitato: “Lulù non è solo spirito della terra (dal primo capitolo dell’opera di Wedekind, N.d.T.), potenza ctonia, ma appunto spirito della carne, trasparenza dell’oscuro. (…) Nella naturalizzazione di Lulù, rovesciata vive la sua immagine culturale come immagine di una liberazione dall’oscurità. (…) Il sociale è raggiunto proprio in quanto è sorpassato in vista dell’elemento naturale” (op.cit. pp.69-70).
Tra le suggestioni da cabaret di Ich bin ein Vamp con la voce di Ute Lemper, fino a Life’s a Bitch dei Tiger Lillies, seguiamo Lulù nella sua avanscoperta del suo quoziente di seduzione sugli uomini: dal dott. Peter Schön (Fritz Kortner) al figlio di Schön, Alwa (Franz Lederer), fino alla contessa Geschwitz, in un rimando continuo alla naturale seduzione di Louise Brooks (1906-1985), splendidamente fasciata da abiti svolazzanti e da un vivace caschetto en noir.
Il film, introdotto da uno spumeggiante Tuca Tuca di Raffaella Carrà in versione rivisitata da Pink Martini, termina in un Heaven is of Honey della band industriale (ora più rockeggiante) Einstürzende Neubauten, che quasi ne parodizza la morte, sebbene sia seguita quasi da un “Gloria” con la voce di Lizz Wright con Amazing Grace. Da notare due band storiche del punk: Joy Division con la capitale She’s lost control e Siouxsie (senza i Banshees ma ancora gotica) con Sea of Tranquillity dal nuovo album Mantaray uscito nel 2007.
Il secondo film è un capolavoro dell’espressionismo gotico: Il Golem. Come venne al mondo di Paul Wegener e Carl Boese (Der Golem.Wie in die Welt kam, Germania, 1920) con la selezione musicale di Nicola Lagioia dj set di Max Passante. Nicola Lagioia (1973) ha pubblicato il suo primo romanzo con Minimum Fax nel 2001: Tre sistemi per liberarsi di Tolstoj e poi Occidente per principianti nel 2004 per Einaudi, su cui campeggia l’eburneo Wolverine di Adrian Tranquilli in copertina. Oltre a svariate partecipazioni a raccolte di racconti e progetti, il suo romanzo Riportando tutto a casa, uscito per Einaudi nel 2009, ha ricevuto il Premio Viareggio Repaci.
La leggenda del mostro d’argilla, il Golem da animare su cui Paola Capriolo ha scritto Una luce nerissima (Mondadori, 2005) traducendo con scrittura levigata il mito, ha un’origine romantica: la figura storica di rabbi Löw, influente capo della comunità ebraica di Praga ai tempi di Rodolfo II, i nel 1592 viene ricevuto in udienza dal sovrano per discutere dei problemi della sua comunità, da questo spunto storico, e dalla passione di Rodolfo II per le arti esoteriche, nasce la leggenda del mostro animato grazie ad un pentacolo su cui compare la parola “Aemet” (emet in ebraico verità).
I suoni misterici e tenebrosamente ambigui di Gullath (Gunnlaug Thorvaldsdottir) con I do end music e Various Voices, accolgono in un film dalle sfumature architettonicamente simili alle costruzioni spagnole di Gaudì. Aphex Twin e prima Amon Tobin con Keep your Distance, raffreddano ossimoricamente l’atmosfera con brani che perfettamente riflettono gli interni a pinnacolo di tutte le stanze del magnifico edificio dove abita rabbi Löw insieme alla figlia Miriam. Qui si materializzerà Astaroth sotto la forma di una maschera, che sarà anche la copertina del libro di Paola Capriolo sovracitato. Gli unici brani – e giustamente – meno disturbanti sono quelli di Yann Tiersen dalla colonna sonora di Amélie e Why Don't You Do Right di Benny Goodman; mentre il trip evocato dalla Peace Orchestra con Who am I si staglia perfettamente sulle immagini di una pellicola catturante per raffinatezza visiva e ammasso filmico di citazioni faustiane. Apprezziamo nondimeno il sound più asciutto degli Einstürzende Neubauten di Stella Maris (soulwax remix) e di The Garden (da Ende Neu, 1996), che accarezzano le guglie a punta del villaggio ebraico ricolmo di maghi e testi cabalistici, dove Astaroth evocato appare per dare la vita al Golem d’argilla.