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Paul. Gli scanzonati alieni di Greg Mottola
Dimenticate le suggestioni di Incontri ravvicinati del terzo tipo (Close Encounters of the Third Kind, 1977) e la commovente vicenda dell’omino verde di Steven Spielberg, Paul, diretto da Greg Mottola, è una commediola brillante e dissacrante allo stesso tempo, tesa a sfatare tutti i luoghi comuni su U.F.O. & Co, ma senza troppe pretese. I protagonisti, Nick Frost e Simon Pegg, già insieme per altri progetti in passato, ne hanno scritto la sceneggiatura.
Interpretano rispettivamente Clive Gollings e Graham Willy, due "ragazzi" quarantenni appassionati di fumetti e fantascienza che, dall’Inghilterra, volano negli Stati Uniti per visitare il Comic Con: la più grande convention mondiale, appunto, del fumetto, della fantascienza e del fantasy. Lo scopo principale è quello di una tranquilla vacanza all'insegna di stereotipi americani e di donne Ewok, nella migliore tradizione 'trekkiana'.
I loro piani saranno però sconvolti dall'incontro-scontro con Paul, venuto da un altro pianeta ma con tutti i vizi del nostro. Irriverente, noncurante, cinico e sboccato, l'alienino dovrà fare i conti con lo shock iniziale e la diffidenza di Clive, ma alla fine riuscirà a catturare, non senza qualche esilarante difficoltà, la fiducia di entrambi fino a trascinarli in una rocambolesca, e a tratti pericolosa, fuga attraverso l'America per poter tornare a casa sua.
Dalla mitica Black Mailbox (si tratta di una cassetta delle lettere, dove, secondo una leggenda metropolitana, sarebbero custoditi i dossier segreti relativi agli extraterrestri) a pochi passi dall'Area 51, nel bel mezzo del deserto del Nevada, fino al Wyoming a bordo di un camper preso a noleggio, l'improbabile terzetto sarà braccato da federali senza scrupoli, decisi a riavere la loro miniera di cellule staminali.
Tra salsicce, birre, risse scatenate in autogrill, equivoci trash, rapimenti accidentali di fanciulle bigotte e successivi inseguimenti di un padre furioso, munito di pick up e fucile, il film fa sorridere e ridere tirando in ballo l'amicizia, il cameratismo maschilista ma non troppo, e l'atmosfera a tratti un po' ingenua da gita scolastica, in cui ogni cosa è un'esperienza e fa 'crescere'. Persino la foto di Bush padre, benedicente dal cruscotto, diventa il simbolo di quanto possa rivelarsi condizionante fermarsi alle apparenze. Nei titoli di coda si legge: "…come va a finire"!
A completare la pellicola, il cast femminile tra cui troviamo Kristen Wiig alias Ruth Buggs, credente bigotta plagiata dal padre, che ritroverà la 'vista' e la libertà; Blythe Danner nei panni di Tara Walton, che conosce il segreto del nome terrestre di Paul e ne rivela il lato sentimentale; infine Sigourney Weaver, che tutti ricordano come uno dei principali personaggi nei film della serie Alien, è "La Voce" (in originale The Big Guy), il pezzo grosso, il grande capo spietato e pronto a tutto pur di non farsi scappare una seconda volta il suo "esperimento". Da segnalare una colonna sonora divertente e indovinata. Spiccano tra gli altri "Got to give it up" di Marvin Gaye e "Hello it's me" di Todd Rundgren, già utilizzata per Il giardino delle vergini suicide di Sofia Coppola. Piccola curiosità: la voce italiana di Paul è il cantante Elio... poteva andare meglio.