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Piene di grazia. Sgarbi tra arte e letteratura
Dopo avere completato la lettura del libro di Vittorio Sgarbi Piene di grazia, edito dalla Bompiani e dedicato alle figure femminili che nel corso dei secoli hanno ispirato i grandi pittori e gli scrittori, è riaffiorata nella mia mente una immagine letteraria contenuta nel libro di Thomas Bernhard Antichi Maestri.
In questo libro viene raccontata la storia di un uomo, che ogni mattina si reca al Kunsthistorisches Museum di Vienna per contemplare, in preda all’estasi, il ritratto dell’uomo con la barba bianca, dipinto dal grande Tintoretto, per penetrare nel mistero che si cela dietro la creazione artistica. Alla stessa maniera Vittorio Sgarbi, studioso di storia dell’arte e raffinato scrittore, in questo suo pregevole ed elegante libro, con un metodo storico e critico assai efficace per capacità di analisi e sintesi, descrive, prendendo in esame un lungo percorso storico, il modo con il quale i grandi pittori ed artisti hanno effigiato la figura femminile, simbolo di desiderio e speranza nell’immaginario maschile.
Nella prima parte del saggio, vi è una lunga analisi del celebre affresco di Cimabue che si trova ad Assisi e che ritrae La madonna con il Bambino tra gli angeli e S. Francesco. In questo affresco vi è la mirabile coesistenza sul piano figurativo della Madonna e del bambino raffigurati in un’aura mistica e sacra, e San Francesco, posto di lato, che viene rappresentato con grande realismo.
Sgarbi indica in che modo, dopo l’avvento della civiltà rinascimentale, cambiò la concezione dello spazio e della luce nella pittura quattrocentesca, in seguito alla riscoperta della civiltà antica. Infatti, per meglio chiarire quale importanza ebbe l’invenzione della prospettiva, merito che deve essere riconosciuto alla pittura fiamminga, nel libro traccia e delinea un confronto molto bello tra Masaccio e Van Eyck.
Se nella Cacciata dal paradiso di Adamo ed Eva Masaccio, nel polittico situato nella cappella Brancacci a Firenze, riesce a dare una descrizione efficace del dramma vissuto dai due personaggi ritratti, Von Eyck nel polittico, che si trova nella cattedrale di San Bavone a Gand, nello stesso periodo storico ritrae la medesima scena in modo diverso, con distacco e con misura. In ogni caso in Masaccio, influenzato da Masolino, vi è un senso della realtà e dello spazio mentale che ne definisce la poetica. Molto belle sono nel volume le pagine dedicate alla Madonna del parto di Piero della Francesca, affresco che è stato spostato dal luogo in cui venne dipinto in origine, nelle quali Sgarbi mostra l’atteggiamento distaccato ed imperturbabile con cui la Madonna è stata raffigurata.
L’aspetto essenziale di questo saggio, che colpisce il lettore per la bellezza ed eleganza della scrittura, è dato dai confronti che lo studioso stabilisce tra i grandi artisti, esaminati e valutati per enuclearne la poetica e lo stile. In particolare, fra le cose più belle, vi è il confronto tra la Dama con L’Ermellino di Leonardo da Vinci e L’Annunciata di Antonello da Messina.
Nella Dama con L’Ermellino è lo sguardo diretto verso l’uomo che ama, Ludovico il Moro, a sorprendere l’osservatore, visto che il volto è rivolto di lato e elude gli occhi degli estranei. L’atteggiamento della Dama è dovuto al fatto che il suo uomo è penetrato nella sua coscienza ed nella sua interiorità e le appartiene completamente.
Allo stesso modo, nell’Annunciata di Antonello da Messina, l’Angelo non compare; tuttavia, la Madonna solleva una mano, lasciando intendere di avere dentro di lei la presenza del divino. Su Leonardo da Vinci, Sgarbi, facendo riferimento e richiamando le sue celebri opere, mostra come nella sua poetica vi sia un legame profondo tra arte e scienza e filosofia, sicchè l’equilibrio presente nella natura si riflette e si specchia in modo sublime e mirabile in tutta la sua pittura.
Dal punto di vista sia artistico che letterario, è indimenticabile l’analisi del grande dipinto di Vittore Carpaccio Il Sogno di Sant’Orsola. In questo dipinto, oltre allo spazio esatto e geometrico riprodotto sul piano del linguaggio figurativo, colpisce ed incanta l’osservatore il confronto silenzioso tra l’Angelo, che appare nella stanza da letto, e Sant’Orsola che dorme, immersa nei suoi sogni illuminati dalla grazia divina.
Storicamente è fondamentale analizzare le due pale di Raffaello, lo Sposalizio della Vergine, che si trova a Milano presso l’Accademia di Brera, e la Pala di Santa Cecilia, che invece è situata nella pinacoteca di Bologna. Nella prima opera, Raffaello ritrae l’unione tra Giuseppe e la Madonna, collocando in fondo l’immagine della chiesa, che sorgerà in seguito alla celebrazione delle nozze. In questa pala, come Sgarbi nota ed osserva, vi è sia il senso dello spazio sia la sovrapposizione tra due vicende che, pur essendo dissimili fra loro, sono intimamente collegate: il matrimonio della Vergine e la nascita della chiesa cattolica.
Diversamente, nella Pala di Santa Cecilia, avviene una rivoluzione, tanto che sembra che la pala sia stata concepita da un altro pittore. Infatti scompare il riferimento al paesaggio e campeggiano accanto alla Santa altre figure effigiate in modo da conferire loro un alone di sacralità. Parmigianino, che secondo Sgarbi supera la pittura di Raffaello, subì una ingiusta stroncatura da Jacob Burckhard, il celebre autore del libro La civiltà del Rinascimento in Italia, per il quale la pittura di questo artista era inficiata da un eccesso di artificio.
In realtà, il Parmigianino ebbe una attitudine intellettuale a dipingere il vero ed il reale, come emerge da alcune sue opere indimenticabili: la Schiava Turca e la Madonna con il Collo Lungo. Nel capitolo dedicato a Tiziano, Sgarbi ricorda che il colore nella sua pittura, come si può notare nella Annunciazione di San Salvatore, deborda ed ha una forza espressiva traboccante, poiché la pittura non si sostituisce alla vita, ma, diversamente la prolunga.
Inoltre, a questo proposito, lo studioso ricorda che vi fu storicamente una contrapposizione tra il colore veneziano ed il disegno toscano. Nel libro, nella parte finale di questo importante studio, il lettore troverà un confronto tra due grandi artisti del seicento: Caravaggio e Annibale Carracci. Sgarbi analizza i dipinti che si trovano a Roma nella chiesa di Santa Maria del Popolo. Questi due artisti, diversi per stile cultura e sensibilità, oltre che per la concezione poetica, sono stati visti dalla critica come due avversari e collocati agli antipodi.
In realtà Carpacci, ebbe una visione colta della pittura, secondo la quale occorreva dipingere allo stesso modo con cui si scriveva la poesia. Infatti questo pittore predilesse l’idea che bisognava rappresentare temi religiosi, storici e mitologici. La pittura di Caravaggio, fondata sul contrasto tra il chiaro scuro e su di uno stile improntato al naturalismo ed al realismo, fu antiaccademica e cambiò la storia dell’arte Europea ed Occidentale.
Nei suoi due quadri, che si trovano nella chiesa di Santa Maria del Popolo, il Martirio di San Pietro e la Conversione di San Paolo, a sorprendere è la collocazione temporale degli eventi rappresentati. Infatti, nel martirio di san Pietro, il tempo è anticipato e il fatto deve ancora accadere, mentre nella conversione di Saul, è posticipato, poiché l’evento a cui ci si riferisce è già avvenuto. Vittorio Sgarbi da grande e rigoroso studioso, nel suo pregevole libro cita sempre e fa riferimento al magistero dei grandi maestri della critica d’Arte come Cesare Brandi, Roberto Longhi e Bernard Berenson.