Supporta Gothic Network
Quartetto di Bergamo. Il Trio Raffaello in delicato equilibrio
Appuntamento accattivante, quello di lunedì 25 febbraio 2013 all'Auditorium di piazza della Libertà a Bergamo, per il programma sfaccettato che permette di conoscere una pagina poco eseguita di Mozart accanto ad una giovanile, ma ben delineata, composizione cameristica di Claude Debussy, per concludersi in un crescendo emotivo con il trio in mi minore di Dmitrij Šostakovič.
Quello del compositore russo è senz’altro il brano più conosciuto, anche per le celebri incisioni ad opera di artisti quali Sviatoslav Richter, Mstislav Rostropovic, Emil Gilels, David Oistrakh e lo stesso Šostakovič al pianoforte. Sperimentale, come la maggior parte della musica da camera, il trio in mi minore si apre con incursioni virtuosistiche negli armonici del violoncello subito emulato dal violino.
Il pianoforte svolge funzione di equilibrio, pur se in alcuni momenti abbandona il melodismo cromatico per divagazioni percussive alle quali era maggiormente aduso il pianismo di Prokofiev e più ampiamente primo-novecentesco. Sottili rimandi, sia a livello di ispirazione tematica che di armonizzazione percorrono tutti i quattro movimenti, lasciando emergere (e il ricordo dell’amico Sollertinskij si fa così prepotente) citazioni da musiche di tradizione ebraica che tanto ispireranno anche i momenti più alti della produzione sinfonica. Era il moto sotterraneo di ribellione che Šostakovič utilizzava per discutere, con i mezzi della propria arte intellettuale, le decisioni politiche e umane alle quali assisteva quasi impotente. Il Trio Raffaello, trascinato dal violino di Marco Fiorini, ne dà una lettura equilibratissima e meditata, creando notevole tensione interna ai singoli movimenti, senza disperdere quel discorso unitario che li riunisce intimamente.
Divertimento giovanile, quello di Mozart, che ad un primo ascolto, soprattutto dell’Allegro assai introduttivo, potrebbe lasciare l’impressione di un lavoro d’alta fattura ma non percorso dal brivido geniale che il musicista salisburghese ha quasi sempre sparso sulla propria produzione. Ma la ricerca armonica, il variare la frase con impercettibili modifiche spiazzanti l’ascolto e un Adagio degno delle sue pagine più alte, non permettono di liquidare il trio in si b maggiore come pagina minore.
Così come il successivo trio in sol maggiore, composto nel periodo di residenza italiana di Claude Debussy, non si può definire pagina giovanile d’arieggiare salottiero. C’è, pur in un linguaggio non ancora del tutto maturo e proprio, il modo di condurre la frase musicale che sarà distintivo di ogni sua opera: temi brevi, franti, che si accostano per giustapposizioni ritmiche e armoniche, inserimenti di pause riflessive accanto a concitati rincorrersi di note, il tutto sorretto da quel ammaliante fluttuare ritmico, passionale e coinvolgente che sarà caratteristica di tutta la sua produzione pianistica e orchestrale.
Anche nella prima parte del concerto il Trio Raffaello ha saputo eseguire i due brani con intelligenti equilibri, attenzione timbrica e necessaria partecipazione emotiva. Caratteristiche ben riconosciute dal pubblico presente, applaudente con calore al termine di ogni brano. La serata è terminata con un bis brahmsiano delicato e struggente.