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Ravi Shankar con Symphony. Musica classica occidentale con sitar indiano
Ravi Shankar: Symphony. London Philharmonic Orchestra, diretta da David Murphy. Anouska Shankar, sitar. Disco LPO distribuito da Codaex. Questa recensione inizia in maniera molto essenziale con il titolo del CD preso in considerazione, non perché abbia provocato reazioni negative ma, al contrario, perché ha sorprendentemente stupito per la piacevolezza all'ascolto, rendendo necessario qualche minuto per raccogliere le idee. Non vogliamo essere fraintesi: non abbiamo nessuna prevenzione né ostilità nei riguardi dello strumento utilizzato: l'ascolto quindi è iniziato con sincera curiosità.
Una prima riflessione. È già accaduto nella storia della musica occidentale che i compositori del vecchio continente provassero attrazione verso timbri o stili che apparivano affascinanti per la loro diversità culturale. È avvenuto con le strumentazioni “alla turca” nel Settecento e inizio Ottocento, che peraltro ben poco avevano in comune con l'ambito culturale al quale volevano rifarsi; è avvenuto con lo sguardo verso la musica ed i ritmo dei paesi dell'Est a cavallo dei secoli XIX e XX; è avvenuto con gli orientalismi della musica del XX secolo.
L'operazione effettuata da Ravi Shankar con questa sinfonia è completamente diversa. Non si tratta di una composizione con caratteristiche ritmiche ma soprattutto armoniche tipiche della musica indiana, che ha una tradizione ben definita ed una connotazione assolutamente peculiare.
In questo caso il linguaggio musicale è senza dubbio occidentale, con affascinanti reminiscenze di tutto il patrimonio che la musica europea ha prodotto negli ultimi cento anni, senza apparire però stantia o semplicemente imitativa, ma sempre con una piacevole originalità. Ad integrazione di tutto ciò, la presenza del sitar con il suo suono che riporta immediatamente ad una civiltà musicale distante ma affascinante come il paese dal quale proviene. Del resto, Ravi Shankar aveva, già nel 1990, realizzato un'interessantissima collaborazione con Philip Glass, caposcuola del minimalismo americano, insieme al quale incise il disco Passages, dove i moduli espressivi minimalisti sono efficacemente integrati con le tonalità della musica indiana.
Come già detto, l'impressione è piacevolissima e mai ostentatamente “orientale”. Ancorché suddivisa in quattro movimenti, non esiste separazione fra l'uno e l'altro, in un continuum musicale ammaliante e sorprendente.
Anoushka Shankar, figlia di Ravi, conferma la riconosciuta padronanza nell'uso dello strumento, così come la London Philharmonic Orchestra, sotto la direzione di David Murphy, si integra con colore appropriato con l'inconsueto strumento solista evidenziando le caratteristiche della scrittura, in diverse occasioni particolarmente elaborata nel dialogo fra massa orchestrale e percussioni.
Registrazione live a Londra nel 2010 presso la Royal Festival Hall. Ulteriore elemento positivo nel giudizio per l'ottima esecuzione e la perfetta presa di suono.