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La resistibile ascesa di Arturo Ui. Ovvero il lavoro rende cavoli
Dal 29 marzo al 29 aprile 2011, al Teatro Argentina di Roma, La resistibile ascesa di Arturo Ui di Bertolt Brecht per la regia di Claudio Longhi; uno spettacolo degno di nota per svariati motivi.
Rappresentare un libretto brechtiano non è mai un’impresa facile. Si considerino, in primis, tutti gli studi che si devono affrontare al fine di rendere al meglio la poetica dell’autore; si decida, quindi, come attuarlo e, soprattutto, il perché; infine, si vedano quali registi o attori possano essere in grado di attuare un progetto di tale portata fin dai suoi presupposti.
Vedere la realizzazione di quanto appena esposto è possibile attraverso lo spettacolo La resistibile ascesa di Arturo Ui, libretto brechtiano del 1941 (scritto durante l’esilio in Finlandia), per la regia di Claudio Longhi.
La pièce teatrale (raramente rappresentata in Italia), avvalendosi di un preciso intento sociale anti-nazista e di un parallelismo storico con l’epoca hitleriana, si attua nella Chicago del proibizionismo (Berlino), dove il potere è gestito da gangster/commercianti avidi e senza scrupoli come ad esempio Giuseppe Givola ovvero Joseph Goebbels, ministro della Propaganda nel Terzo Reich (interpretato da Luca Micheletti; attore e dramaturg della messa in scena). Tra questi emergerà Arturo Ui/Adolf Hitler (Umberto Orsini), con il suo luogotenente Ernesto Roma/Ernst Röhm (Lino Guanciale), il primo inizierà la sua scalata al potere appoggiando un trust del commercio dei cavoli. Da lì diventerà sempre più forte fino a trasformarsi nel Führer.
Lo spettacolo, dedicato alla memoria di Edoardo Sanguineti (il quale, prima di morire, avrebbe dovuto lavorare alla traduzione del libretto sotto suggerimento di Claudio e Lino), è degno di nota per svariati motivi: in primis, la bravura degli attori. In tal senso, però, è doveroso fare un piccola premessa esplicativa in merito al teatro brechtiano. La ‘farsa tragica’ in questione - come la definì Brecht: il suo essere commedia attuata su personaggi tragici/storici ai quali bisogna sottrarre il rispetto, posto dal popolo, per i delitti da loro commessi; non a caso il riferimento, nel prologo dello spettacolo, va al Riccardo III di Shakespeare - introduce l’elemento didattico parabolico della commedia poiché descrive, attraverso la modalità dell’allegoria, ciò che regge la società odierna e passata. Ciò, citando il libretto, «[insegna] che occorre vedere e non guardare in aria; [che] occorre agire, non parlare [...] il grembo da cui nacque [Arturo Ui] è ancora fecondo». Una morale esplicita e diretta che non si potrebbe attuare senza il supporto dell’effetto di straniamento (recitare con la consapevolezza di ciò che si sta facendo) mediato dagli attori sulla scena. In tal senso tutti i membri del cast hanno saputo mantenere una sorta di dialettica con il pubblico al fine d’interrogarci tutti su cosa volesse dirci l’opera di Brecht.
Mi si permetta, in tale sezione, di elogiare il talento di Luca Micheletti e Lino Guanciale poiché entrambi, come spiegava Brecht nei suoi Scritti Teatrali, non solo riescono a plasmare con dovuta efficacia il loro personaggio in scena, ma ne evidenziano l’aspetto più intimo (ad esempio: Roma la sua fedeltà omosessuale ad Arturo; Givola, invece, il suo essere ‘sporco’ nello spirito) facendolo risaltare come elemento caratterizzante e costituente. Nulla da dire in merito alla performance di Umberto Orsini il quale, ancora una volta, sorprende la platea mostrandosi all’altezza di un ruolo, quello di Arturo, per lui inedito.
Sussistono altri due motivi per cui lo spettacolo è da considerare con estremo interesse: l’apporto scenografico e musicale. Nel primo elemento, supervisionato da Antal Csaba, ri-subentra il concetto di ‘didattico’ in cui la scenografia viene intesa come essenzialista al fine di ricordare allo spettatore che sta assistendo ad una finzione. Antal, infatti, con una scena unica edifica la Chicago underground (dietro la quale c’è soltanto lo spazio ‘dietro le quinte’) costruita attraverso le casse dei cavoli, simbolo del potere, poste l’una sopra all’altra; un’ovvia figurazione dei ‘sotterranei’ inganni dei protagonisti nell’organizzare l’ascesa al potere di Arturo attraverso la corruzione del trust dei cavoli e la menzogna (in riferimento alla scena dell’incendio ai magazzini di verdure, allegoria del Reichstag, la cui colpa viene attribuita a Fish; quest’ultimo interpretato da Nicola Bortolotti).
L’aspetto musicale, invece, oltre a conservare la sua funzione originaria di frammentazione delle scene (sempre in merito all’effetto dello straniamento) presenta un aspetto decisamente cabarettistico. Alcuni brani, infatti, provengono proprio da quel mondo al fine di dare al pubblico non solo una visione effettiva di quell’epoca, ma anche un’ottica ulteriormente parodistica che mantenga, però, l’atmosfera di terrore (in riferimento alla scena dell’apparizione del fantasma di Roma in abiti burlesque). Molte canzoni, invece, sono state prese da altre messe in scena brechtiane (Jenny dei pirati da L’opera da tre soldi, 1928) riformulandole secondo un’ottica critico-parodica nei confronti del nazismo. Il perché di tale scelta ‘artistica’ è molto semplice: nonostante l’opera sia incompleta e priva di molte indicazioni sceniche e musicali (a eccezione de La canzone della calce di Hans-Dieter Hosalla, eseguita durante l’intervallo nel foyer del teatro; l’unico brano realmente scritto per questa edizione), pare che Brecht, in funzione all’epoca in cui si trovava, avesse riformulato alcuni suoi brani per inserirli nelle repliche di alcuni spettacoli. In tal senso subentra il lavoro ‘musicale’ di Micheletti, Longhi e Olimpia Greco (fisarmonica e arrangiamenti): la scelta di varie canzoni brechtiane (appartenenti a vari compositori/collaboratori di Brecht; Kurt Weill su tutti) che ben si ‘sposassero’ con le didascalie del libretto. L’apporto di Micheletti e Greco, unito a quello di Guanciale, non ha riguardato solo la ricerca dei brani, ma anche l’esecuzione degli stessi, in scena, con sassofono, fisarmonica e banjo.
In conclusione: La resistibile ascesa di Arturo Ui diretta da Claudio Longhi è uno spettacolo che dimostra di essere all’altezza di qualsiasi aspettativa.